L’art. 873 del codice civile stabilisce la distanza che deve intercorrere tra due costruzioni (allo stesso modo interviene anche l’art. 907 del c.c. per le vedute).
In particolare, l’art. 873 del c.c. stabilisce che le costruzioni su fondi contermini se non sono unite o aderenti, devono essere tenute ad una distanza non inferiore di 3 metri o ad una distanza maggiore eventualmente stabilita dai regolamenti locali.
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Tale norma ha come scopo principale la necessità di salvaguardare l’igiene e la salubrità degli abitati evitando che gli edifici siano privati di aria, di luce o vi sia ristagno di acque putride tra essi; in tal modo, si sono vietate le intercapedini dannose mediante l’imposizione di una c.d. “zona di rispetto”, operando secondo il principio ed il criterio della prevenzione.
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Ma chi edifica per primo quale distanza è tenuto a rispettare? Analizziamo il tema in questo articolo, estratto dal volume Il regime delle distanze in edilizia di Romolo Balasso e Pierfrancesco Zen, edito da Maggioli Editore.
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Quale distanza rispettare?
In altre parole, chi edifica per primo non è obbligato dalla legge a rispettare alcuna distanza dal confine stesso ove sul fondo finitimo non sia presente alcuna costruzione; ciò avviene in quanto il limite di cui all’art. 873 non è ancora operante dal momento che la stessa norma presuppone l’esistenza di una costruzione.
Chi edifica per primo su un fondo contiguo ad un altro ha sostanzialmente una triplice facoltà, facoltà ciascuna alternativa all’altra:
- chi costruisce per primo può costruire sul confine; conseguentemente il vicino potrà costruire in appoggio o in aderenza;
- chi costruisce per primo può costruire con distacco dal confine; potrà costruire alla distanza minima di 1,5 metri dallo stesso o a quella maggiore stabilita dai regolamenti locali; in questa ipotesi il vicino sarà costretto a costruire alla distanza stabilita dal codice civile o dagli stessi strumenti urbanistici locali;
- chi costruisce per primo può costruire con distacco dal confine ad una distanza inferiore alla metà di quella totale prescritta per le costruzioni su fondi contigui salvo il diritto per il vicino, il quale dovesse costruire successivamente, di avanzare il proprio fabbricato fino a quella preesistente (in tale ipotesi dovrà pagare la metà del valore del muro del vicino che diventerà, pertanto, comune ed il valore del suolo occupato per effetto dell’avanzamento della fabbrica) posta nel fondo confinante ad una distanza illegale o, ove non si intenda avvalersi di tale facoltà, di chiedere l’arretramento della predetta costruzione (ex multis Cass. 25 marzo 1995, n. 3536, cfr. Corte Costituzionale 18 aprile 1996, n. 120).
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Il preveniente può, inoltre, costruire con rientranze orizzontali rispetto al confine, realizzando una costruzione lungo una linea spezzata e costringendo il prevenuto che voglia costruire sul confine, in aderenza o in appoggio, ad arretrare in corrispondenza delle rientranze fino a rispettare le distanze minime prescritte non potendo questi pretendere che il preveniente elimini le rientranze per consentirgli di costruire lungo il confine e in linea retta (in tal senso, Cass. 13 maggio 1998, n. 4819).
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Cosa può fare il vicino che costruisce in un secondo momento?
Le norme sulle distanze nelle costruzioni, come sopra accennato, tendono a contemperare il diritto del proprietario di utilizzare la cosa propria in tutta la sua estensione, con la necessità, a tutela dei rapporti di vicinato, di limitarla in determinate ipotesi al fine di evitare che tra le costruzioni su fondi contigui si creino delle nocive intercapedini.
Per il principio della prevenzione, regolato come sopra detto dagli artt. 873, 875 e 877 del codice civile, si potrebbe sostenere che colui che costruisce per primo “impone la propria legge” a chi edifica successivamente. Quest’ultimo dovrà necessariamente adeguarsi a quello che ha realizzato precedentemente il proprietario confinante.
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Se, infatti, il primo costruttore ha elevato il proprio immobile sul confine, il secondo, a sua volta, avrà l’alternativa di edificare sul confine o di arretrare dell’intero distacco previsto dalla legge o dal regolamento locale mentre, invece, se il primo costruttore ha lasciato un distacco almeno pari alla metà di quello totale prescritto il secondo non ha alcuna alternativa perché deve necessariamente edificare con un distacco sufficiente arretrando dal confine almeno per l’altra metà della distanza prescritta dalla normativa.
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Soltanto nel caso che il primo costruttore, non soltanto non abbia elevato il proprio fabbricato sul confine ma si sia tenuto a distanza da questo inferiore alla metà di quella totale prescritta, al vicino è data un’altra opzione, vale a dire quella di arretrarsi dalla preesistente costruzione in modo da lasciare il distacco prescritto ovvero di avanzare la propria costruzione fino a quella preesistente pagando la metà del valore del muro del vicino che diventerà comune ed il valore del suolo occupato per effetto dell’avanzamento del fabbricato.
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Così si è espressa da sempre la giurisprudenza anche della Suprema Corte (ex pluribus Cass. 15 ottobre 1992, n. 11284; Cass. civ., sez. II, 20 luglio 1999, n. 7762 e 28 aprile 2004, n. 8125), quest’ultima ritiene che la scelta del preveniente sia definitiva; ciò significa che essa condizionerà non solo l’attività edilizia del vicino ma lo stesso preveniente.
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