Come ogni martedì, ecco le sentenze pubblicate la scorsa settimana. Che titolo edilizio è necessario per un manufatto in legno stagionale di generi alimentari o per un gazebo ancorato alla parete? E per la copertura di una scala in ferro preesistente? Diniego di accesso a un titolo edilizio fondato solo sull’irreperibilità dei documenti. Rilascio certificato di abitabilità e difformità edilizie successive.
Manufatto in legno per vendita stagionale di generi alimentari
Che titolo edilizio è necessario?
TAR Abruzzo, L’Aquila, sez. I, sent. 27 maggio 2019 n. 273
Serve il permesso di costruire per un manufatto in legno utilizzato, ogni anno, per la vendita stagionale di generi alimentari
Un manufatto in legno, di superficie pari a nove metri quadrati e altezza di metri 2.50, utilizzato per la vendita stagionale di generi alimentari, ancorché amovibile, è un’opera destinata ad un uso non già provvisorio né connesso ad esigenze contingenti, ma destinato a rinnovarsi annualmente.
In proposito va osservato che la giurisprudenza è concorde nel ritenere che il carattere stagionale dell’uso del manufatto non implica la provvisorietà dell’attività, né di per sé la precarietà del manufatto ove si svolge, anzi il rinnovarsi dell’attività con frequenza stagionale è indicativo della stabilità dell’attività e dell’opera a ciò necessaria (Consiglio di stato, sez. 6, 21 febbraio 2017, n. 795; Consiglio di Stato, sez. VI, 3 giugno 2014, n. 2842; TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 13 marzo 2017 n. 409; Cass. pen. sez. III, 30 giugno 2016 n. 36107).
Ne consegue che il manufatto in questione, quand’anche strutturalmente amovibile, deve essere considerato, ai sensi dell’art. 3 lettera e) del d.P.R. n. 380/2001, un intervento di nuova costruzione che ai sensi dell’art. 10 dello stesso decreto necessita di permesso di costruire e, di converso, se realizzato in assenza del permesso di costruire, se ne deve ordinare la demolizione ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.
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TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 28 maggio 2019 n. 1063
Serve il permesso di costruire per il gazebo di 18 mq. stabilmente ancorato alle parti murarie di un edificio
Secondo giurisprudenza costante, per rientrare nella fattispecie di edilizia libera, un gazebo deve avere natura ornamentale ed essere realizzato in struttura leggera di legno o altro materiale di minimo peso, facilmente amovibile in quanto privo di stabile ancoraggio al suolo (Cons. Stato Sez. VI, 15/04/2019, n. 2438 e 25 gennaio 2017 n. 306).
Di conseguenza, non è sufficiente una comunicazione inizio lavori asseverata (CILA) ma serve il permesso di costruire per un gazebo, avente una superficie di circa 18 mq, che non costituisce affatto una struttura amovibile, in quanto stabilmente ancorato alle parti murarie, sì da presentarsi come costruzione solida e robusta, idonea ad una permanenza prolungata nel tempo.
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Accesso a un titolo edilizio e irreperibilità del documento
TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 31 maggio 2019 n. 1255
È illegittimo il diniego di accesso ad un titolo edilizio fondato unicamente sulla mera dichiarazione di irreperibilità dei documenti cui faceva riferimento la richiesta ostensiva, senza dare puntuale conto delle modalità di conservazione degli atti invocati in visione, delle ragioni del loro smarrimento e delle ricerche in concreto compiute
Per costante giurisprudenza, alla stregua del principio ad impossibilia nemo tenetur, anche nei procedimenti di accesso ai documenti amministrativi l’esercizio del relativo diritto non può che riguardare, per evidenti motivi di buon senso e ragionevolezza, i documenti esistenti e non anche quelli distrutti o comunque irreperibili (v. tra le altre, TAR Campania, Napoli, Sez. V, 3 luglio 2018 n. 4411), non essendo tuttavia sufficiente – al fine di dimostrare l’oggettiva impossibilità di consentire il diritto di accesso e quindi di sottrarsi agli obblighi tipicamente incombenti sull’amministrazione in base alla normativa primaria in tema di accesso – la mera e indimostrata affermazione in ordine all’indisponibilità degli atti quale mera conseguenza del tempo trascorso e delle modifiche organizzative medio tempore succedutesi, in quanto spetta all’Amministrazione destinataria dell’istanza di accesso l’indicazione, sotto la propria responsabilità, degli atti inesistenti o indisponibili che non è in grado di esibire, con l’obbligo di dare dettagliato conto delle ragioni concrete di tale impossibilità (v. Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 13 febbraio 2013, n. 892).
Occupandosi di un caso di dichiarata irreperibilità dei documenti oggetto di istanza di accesso, la giurisprudenza ha già avuto modo di rilevare che in simili situazioni l’Amministrazione è tenuta ad eseguire con la massima accuratezza e diligenza sollecite ricerche per rinvenire i documenti chiesti in visione – destinando all’uopo idonee risorse in termini di personale e tempo –, e qualora, ciò nonostante, la documentazione non venisse reperita, deve estendere le relative indagini, anche con le opportune segnalazioni e denunce all’Autorità giudiziaria, presso altre Amministrazioni che fossero in possesso di copia della documentazione richiesta, per poi – in caso di ulteriore esito negativo delle ricerche – dare conto al privato delle ragioni dell’impossibilità di ricostruire gli atti mancanti, delle eventuali responsabilità connesse a tale mancanza (smarrimento, sottrazione, ecc.) e dell’adozione degli atti di natura archivistica che accertino lo smarrimento/irreperibilità in via definitiva dei documenti medesimi (v. TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. n. 2587 del 15 novembre 2018).
Conseguentemente, è illegittimo il diniego di accesso a un titolo edilizio fondato unicamente sulla mera dichiarazione di irreperibilità dei documenti cui faceva riferimento la richiesta ostensiva, senza dare puntuale conto delle modalità di conservazione degli atti invocati in visione, delle ragioni del loro smarrimento e delle ricerche in concreto compiute.
Copertura di una scala in ferro: che titolo abilitativo?
TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 27 maggio 2019 n. 862
La mera copertura di una preesistente scala in ferro posta all’esterno di un fabbricato non richiede un titolo abilitativo
La mera copertura di una preesistente scala in ferro posta all’esterno di un fabbricato non richiede un titolo abilitativo: trattasi, infatti, dal punto di vista squisitamente urbanistico-edilizio, di un’opera priva di autonoma e distinta utilizzazione, oltre che di valore di mercato, rispetto all’unità abitativa cui accede e rispetto alla quale svolge una funzione meramente servente, consentendone un accesso più agevole a copertura della preesistente scala esterna al fabbricato.
Quanto sopra trova conferma in quel consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l’individuazione della nozione di volume tecnico ovvero di “pertinenza”, escluso dal calcolo della volumetria necessitante del preventivo rilascio di un titolo abilitativo, “bisogna fare riferimento a tre ordini di parametri: il primo, positivo, di tipo funzionale, dovendo esso avere un rapporto di strumentalità necessaria con l’utilizzo della costruzione; il secondo ed il terzo, negativi, ossia ricollegati, rispettivamente, all’impossibilità di soluzioni progettuali diverse e ad un rapporto di necessaria proporzionalità che deve sussistere fra le esigenze edilizie e il volume realizzato.
Quest’ultimo deve essere completamente privo di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto esclusivamente destinato a contenere gli impianti serventi di una costruzione principale, che non possono essere ubicati all’interno di essa. L’applicazione di tali criteri induce a concludere che i volumi tecnici degli edifici, per essere esclusi dal calcolo della volumetria, non devono assumere le caratteristiche di vano chiuso, utilizzabile e suscettibile di abitabilità (T.A.R. Campania, Napoli, IV, 2.4.2015, n. 1927; III, 9.12.2014, n. 6431; VI, 6.2.2014, n. 785; T.A.R. Molise, 31.3.2014, n. 225; Cons. Stato, IV, 4.5.2010, n. 2565)” (così T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 23/06/2017, n. 3439).
Tenuto conto dei suddetti criteri, la copertura della preesistente scala esterna di accesso ad un appartamento è qualificabile in termini di mero vano tecnico, funzionale a soddisfare un’esigenza oggettiva della costruzione principale, privo di valore autonomo di mercato e tale da non consentire una destinazione diversa da quella di “servizio” nei confronti dell’immobile cui accede (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, IV, 14.11.2016, n. 5248; Cons. Stato, III, 26.4.2016, n. 1613; T.A.R. Lazio, Roma, I, 2.4.2015, n. 4975; Cons. Stato, sez. VI, 31.3.2014, n. 1512).
In altri termini, l’opera de qua non comporta un incremento volumetrico urbanisticamente rilevante e, quindi, ben può essere realizzata senza il preventivo rilascio di un permesso di costruire.
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Rilascio certificato abitabilità: difformità edilizie successive
TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 27 maggio 2019 n. 847
Il rilascio del certificato di abitabilità (o di agibilità) non preclude agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio
Il rilascio del certificato di abitabilità (o di agibilità) non preclude agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio, né costituisce rinuncia implicita a esigere il pagamento dell’oblazione per il caso di sanatoria.
Il certificato svolge una diversa funzione, ossia garantisce che l’edificio sia idoneo ad essere utilizzato per le destinazioni ammissibili. A tale scopo è necessario verificare che le prescrizioni del titolo edilizio siano state rispettate, in quanto l’utilizzazione non sarebbe legittima in presenza di difformità. Non vale però il reciproco, in quanto la circostanza che l’edificio sia utilizzato non è un ostacolo giuridico alla repressione degli abusi edilizi. A fortiori, nessun rilievo può essere assegnato all’avvenuto pagamento, nel lasso di tempo considerato, delle imposte concernenti il fabbricato (in tal senso, cfr. T.A.R. Campania – Salerno, Sez. II, 10/05/2018, n. 720).
In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it
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