Tenuta all’aria degli edifici: che cos’è un telo igrovariabile?

Quando e come si usa? Due casi esemplificativi delle condizioni in cui è suggeribile far ricorso al telo igrovariabile, in legno e in muratura

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Se parliamo di funzionamento termo-igrometrico dell’involucro edilizio, è necessario parlare di barriere al vapore completamente chiuse alla traspirazione, di freni atti a un passaggio parziale del vapore, e di teli particolarmente traspiranti. Li abbiamo definiti in funzione dei range di valori sd, che richiamiamo:

– teli ad alta traspirazione: sd < 0,1 m
– freni al vapore: 1 < sd < 20 m
– barriere al vapore: sd > 20 m

Telo igrovariabile: cos’è?

Tale distinzione non corrisponde di necessità ad elementi tecnologici diversi, afferenti a una sola delle tre categorie. Esistono infatti anche sistemi “igrovariabili”. Un telo igrovariabile è una membrana evoluta in grado di adattare la propria struttura molecolare in base al quantitativo medio di umidità presente in un ambiente in ogni momento e in grado di modificare attivamente la propria resistenza alla diffusione del vapore in base alle esigenze contingenti. Tali membrane possono variare il proprio valore sd fino a 100 volte, tra la configurazione più “chiusa” e quella più “aperta”, passando, ad esempio, da un sd = 25 m, proprio di una barriera, ad un sd = 0,25 m, atto ad una traspirazione elevata.

Quando si usa?

La gran parte delle situazioni costruttive nelle quali siano richiesti, a seconda delle specificità di progetto, delle caratteristiche climatiche dell’area di progetto, della situazione climatica stagionale (regime invernale/regime estivo), un freno o una barriera al vapore, può essere opportunamente soddisfatta con l’applicazione di una membrana igrovariabile. I vantaggi di questa soluzione tecnica sono diversi: li esponiamo brevemente, anche attraverso qualche esempio pratico.

I vantaggi

Il vapore diffonde naturalmente in base al gradiente di concentrazione (si sposta da dove è più a dove è meno concentrato) e di temperatura (si sposta da dove la temperatura è più alta a dove è più bassa). Pertanto, se è chiaro che il carico termico inverte la propria direzione tra estate e inverno, è altrettanto chiaro che anche il flusso di vapore tende a diffondere in direzioni contrapposte tra estate e inverno.

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Stratigrafia di copertura con tavolato e fibra di legno

Immaginiamo una stratigrafia di copertura come quella in figura 4.26 durante l’inverno, sarà opportuno un parziale ritegno del flusso di vapore che, se diffondesse indisturbatamente, rischierebbe di danneggiare il coibente fibroso (bagnandolo e quindi abbattendo la sua performance).

Quanto maggiore è la concentrazione di vapore (umidità assoluta) all’interno, e quanto maggiore è la differenza di temperatura tra interno ed esterno, tanto più accentuata è la capacità del telo di tenuta interna di limitare il passaggio del vapore.

Questa “adattabilità” in funzione delle condizioni al contorno è propria del telo igrovariabile, che è infatti stato posto a far tenuta interna per la stratigrafia. Inoltre, benché il flusso di vapore estivo, diretto dall’esterno verso l’interno, risulti normalmente più modesto di quello invernale contrapposto, esso investe l’isolamento termico. Ma la membrana igrovariabile, in regime estivo, si apre notevolmente alla diffusione, consentendo al flusso di vapore di non arrestarsi sul filo interno dei pannelli coibenti (interfaccia tra isolamento e telo di tenuta interna), ma di raggiungere l’interno dell’involucro. Ciò contribuisce a una ottimale asciugatura del coibente.

telo igrovariabile

Intervento di retrofit energetico su una parete esistente in muratura

In figura 4.27 viene proposto il caso di un intervento di retrofit energetico su una parete esistente in muratura. La committenza pretende un cappotto interamente in materia naturale o minerale.

Si può pertanto ipotizzare un coibente fibroso, lana di roccia o fibra di legno, ad esempio. Tra il cappotto vero e proprio, addossato e tassellato alla parete (ad esempio fibra di legno da 110 Kg/mc, con spessore secondo calcolo), e l’intercapedine impiantistica costipata con materiale morbido (ad esempio lana di roccia da 30 Kg/mc), viene posta una membrana igrovariabile. La membrana di tenuta all’aria e al vapore, per questa fattispecie costruttiva, deve essere una barriera totale (si veda il capitolo 2 inerente ai cenni di fisica applicativa). Un valido telo igrovariabile può effettivamente lavorare anche come una barriera (in regime invernale), cioè con sd > 20 m. Per quale ragione, in questa fattispecie, un telo igrovariabile può offrire un vantaggio rispetto ad una barriera al vapore “normale”?

Per rendere planare la superficie interna della parete esistente, potrebbe, ad esempio, essere stato eseguito un nuovo rinzaffo d’intonaco, dunque una lavorazione ad umido. Quanto ad umidità, non va dimenticato che ciò vale naturalmente anche per l’esempio precedente, e per una molteplicità di situazioni costruttive, che molti materiali da costruzione, tra i quali senz’altro i coibenti di tipo fibroso, semplicemente rimanendo esposti all’aria assorbono un modesto quantitativo di umidità (anche durante lo stoccaggio in cantiere).

Tale umidità viene poi smaltita gradatamente dopo che il materiale è già stato posto in opera. Diffcilmente si tratta di un quantitativo di vapore acqueo che possa risultare critico per la stratigrafia, ma è sicuramente un’eventualità che può verificarsi.

Applicando una membrana igrovariabile, il pacchetto coibente risulterà aperto verso l’interno e nel caso del pacchetto in figura 4.27, ciò consentirà una vera valvola di sfogo per l’umidità di costruzione (e in generale per l’umidità che dovesse mai accumularsi nello strato coibente). Essa diffonderà all’interno degli ambienti abitativi, ma con un’efficace ventilazione (preferibilmente attuata con sistema di VMC) sarà facilmente smaltita, garantendo la salubrità degli ambienti interni, ma anche delle stratigrafie che li confinano.

L’articolo è tratto da

Federico Arieti

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