Compensi dei Professionisti, la PA può anche pagare ZERO

Analisi della sentenza del 3 ottobre del Consiglio di Stato che ha scosso tutto il mondo dei Professionisti: la 4614/2017

La recente sent. 3 ottobre 2017 n. 4614 del Consiglio di Stato, sez. V, merita una segnalazione perché interessa particolarmente i professionisti tecnici in quanto indaga la possibilità che gli stessi accettino un incarico professionale a titolo gratuito. In sintesi, un Comune aveva indetto una “procedura aperta per l’affidamento dell’incarico per la redazione del piano strutturale del Comune […] e relativo regolamento urbanistico”: la particolarità del caso consiste nel fatto che, rilevata l’assenza di copertura finanziaria, previo parere favorevole della sezione regionale della Corte dei conti, veniva pubblicato un bando contemplante incarichi professionali a titolo gratuito (o, più precisamente, con un compenso pari ad 1 euro!), con mero rimborso spese documentate.

A fronte di tale previsione, gli Ordini Professionali provinciali dei professionisti tecnici impugnavano il bando e adivano il giudice amministrativo, sostenendo l’illegittimità della suddetta gratuità in quanto, a loro dire, tale elemento è inconciliabile con la materia degli appalti, in violazione dell’art. 3 comma 1 lett. ii) del Codice dei contratti pubblici (Decreto Legislativo n. 50/2016) che espressamente qualifica come oneroso il contratto di appalto pubblico e perché la gratuità stessa sarebbe inidonea a garantire la qualità dell’offerta e, ancora prima, a consentire una sua effettiva valutazione.

Compensi zero, come risolvere la questione?

La soluzione della questione (la cui novità è stata espressamente riconosciuta dai giudici di Palazzo Spada ai fini della decisione di compensare le spese processuali) deve essere individuata attraverso la corretta interpretazione della locuzione «a titolo oneroso».

Scarica la sentenza 4614/2017 del Consiglio di Stato

I giudici hanno ricordato come, in effetti, la legislazione europea (ad esempio, le direttive 2014/23/UE e 2014/25/UE) e, di riflesso, quella italiana, riconosce l’onerosità come elemento caratterizzante l’intero settore degli appalti pubblici e delle concessioni. E ciò sulla base della constatazione che un potenziale contraente che si proponga a titolo gratuito, dunque senza curare il proprio interesse economico nell’affare che va a costosamente sostenere, celi inevitabilmente un cattivo e sospettabile contraente per una Pubblica Amministrazione. Tuttavia, secondo il pensiero dell’organo giudicante, è possibile ritenere che l’operatore economico presenti legittimamente un’offerta gratuita perché mira non al corrispettivo in denaro ma ad altri vantaggi non direttamente finanziari ma comunque economicamente apprezzabili, potenzialmente derivanti dal contratto.

Compenso zero, quali potrebbero essere i vantaggi?

In primo luogo, il potenziale ritorno di immagine per il professionista, il quale potrà vantare nel proprio curriculum la realizzazione di un importante progetto di pianificazione urbanistica (come nel caso specifico) o, comunque, di un rilevante servizio. Secondo il Consiglio di Stato, “L’effetto, indiretto, di potenziale promozione esterna dell’appaltatore, come conseguenza della comunicazione al pubblico dell’esecuzione della prestazione professionale, appare costituire, nella struttura e nella funzione concreta del contratto pubblico, di cui qui si verte, una controprestazione contrattuale anche se a risultato aleatorio, in quanto l’eventuale mancato ritorno (positivo) di immagine (che è naturalmente collegato alla qualità dell’esecuzione della prestazione) non può dare luogo ad effetti risolutivi o risarcitori”.

In secondo luogo, aggiungiamo noi, l’esecuzione della prestazione può essere utile per la partecipazione ad altre procedure di affidamento di appalti di servizi ai fini della valutazione delle esperienze pregressa e della relativa migliore valutazione dell’offerta tecnica presentata in termini di punteggio; o, addirittura, potrebbe essere utile ai fini del raggiungimento del numero minimo di servizi svolti nel periodo precedente (eventualmente richiesto) per poter essere ammessi alla procedura di affidamento stesso.

Il contratto di sponsorizzazione

D’altronde, lo stesso Codice dei contratti pubblici prevede la possibilità che un operatore economico privato stipuli un contratto con la PA senza un immediato ritorno in termini finanziari: si tratta dei cc.dd. contratti di sponsorizzazione (art. 19) che, come evidenziato dai giudici, non sono contratto a titolo gratuito, “in quanto alla prestazione dello sponsor in termini di dazione del denaro o di accollo del debito corrisponde l’acquisizione, in favore dello stesso sponsor, del diritto all’uso promozionale dell’immagine della cosa di titolarità pubblica: il motivo che muove quest’ultimo è l’utilità costituita ex novo dall’opportunità di spendita dell’immagine, cioè la creazione di un nuovo bene immateriale. Per l’Amministrazione è finanziariamente non onerosa – cioè passiva: non comporta un’uscita finanziaria – ma comunque genera un interesse economico attivo per lo sponsor, insito in un prodotto immateriale dal valore aggiunto che va a suo vantaggio. In altri termini: la circostanza che vi sia verso lo sponsor una traslazione meramente simbolica, cioè di immagine, della cosa di titolarità pubblica non può essere considerata come vicenda gratuita, ma va posta in stretta relazione, nei termini propri dell’equilibrio sinallagmatico, con il valore della controprestazione, vale a dire della dazione dello sponsor. Con la sponsorizzazione si ha dunque lo scambio di denaro contro un’utilità immateriale, costituita dal ritorno di immagine”.

Ci sia consentito, per concludere, esprimere una nostra perplessità circa la sentenza segnalata. Il principio espresso dai giudici è giuridicamente fondato e formalmente corretto ma, nella sostanza, crea un “fossato” fra i professionisti avviati/gli studi di rilevanti dimensioni e i neo-professionisti/ studi che iniziano ad affacciarsi sul mercato del lavoro e degli appalti. È, infatti, evidente, che solo i primi potranno permettersi, di norma, di operare gratuitamente e con mero rimborso delle spese documentate; i secondi, al contrario, di norma non avranno la forza economica di poter anticipare le spese per la prestazione e, quindi, si ritroveranno, di fatto, esclusi da molte procedure. E tutto ciò in palese contrasto con la libera concorrenza e con l’interesse della PA ad avere il maggior numero di partecipanti alle proprie gare.

Niente compenso è contrario al codice deontologico

Senza dimenticare, tra l’altro, e limitandoci solo per comprensibili motivi di spazio alle due categorie principali di professionisti tecnici, che accettare incarichi senza compenso è in contrasto con il codice deontologico:

  • degli ingegneri, il cui art. 11 dispone che si possono fornire prestazioni professionali a titolo gratuito solo in casi particolari quando sussistano valide motivazioni ideali ed umanitarie e che possono considerarsi prestazioni professionali non soggette a remunerazione tutti quegli interventi di aiuto rivolti a colleghi ingegneri che, o per limitate esperienze dovute alla loro giovane età o per situazioni professionali gravose, si vengano a trovare in difficoltà;
  • degli architetti, il cui art. 24 considera l’assenza di compensi quale pratica anticoncorrenziale scorretta e distorsiva dei normali equilibri di mercato e costituisce grave infrazione disciplinare.

Leggi anche Niente compensi ai professionisti, perchè la sentenza è molto pericolosa

articolo di Mario Petrulli

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