Qual è il punto di vista degli architetti sul disegno di legge in materia di lavoro autonomo (c.d. Jobs Act Autonomi) presentato dal Governo nelle scorse settimane? “Rappresenta un passo avanti perché per la prima volta la politica redige un documento organico sul lavoro autonomo, introducendo alcune tutele e riconoscendolo come uno dei pilastri importanti del sistema economico italiano”.
Questa l’apertura della risposta dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori di Roma (OAR) contenuta in una nota emessa questa settimana. Ma non bisogna fermarsi alla superficie: “Nel complesso – si legge nella nota – l’OAR ritiene quindi positivo l’interessamento da parte del Governo al mondo del lavoro autonomo. Tuttavia sono risultano evidenti alcune gravi mancanze nel testo presentato: senza opportuni correttivi questo provvedimento rischia di incidere ben poco nella vita professionale e personale dei lavoratori autonomi e in particolare dei professionisti iscritti agli Albi, che rappresentano una parte preponderante del lavoro autonomo”.
Una necessaria e urgente revisione del testo: ecco quello che chiedono, in sintesi, gli Architetti di Roma: “Il principale problema dei lavoratori autonomi è il diritto a contrattare una prestazione compensata equamente e il ddl non prevede, per i mancati pagamenti, la possibilità di ricorrere al rito del lavoro”.
“Crediamo sia giunto – si legge ancora nella nota – il momento di affrontare il tema del compenso equo per il lavoro professionale: le tariffe professionali, eliminate nella rincorsa al modello liberista, costituivano l’affermazione di questo principio e, pur non rappresentando un sistema perfetto, dobbiamo chiederci come regolamentare un mondo del lavoro in cui, all’architetto con redditi medi di 17.000 euro lordi annui, si arriva a chiedere prestazioni di altissimo livello per pochi euro l’ora”.
Anche Confedertecnica ha criticato il provvedimento come uscito dal Consiglio dei ministri: scopri come leggendo l’articolo Jobs Act Autonomi: le critiche negative dei professionisti tecnici.
“Pur preservando l’autonomia statutaria e regolamentare delle Casse Professionali – prosegue il comunicato – va ribadito con forza che alcuni diritti fondamentali, come quello alla salute e al concepimento, appartengono al lavoratore in quanto tale e non perché iscritto o meno a un certo istituto di previdenza: per questo chiediamo al Governo, ma anche a INARCASSA di aprire il dibattito in merito alla possibilità di considerare le tutele previste dallo Statuto dei Lavoratori Autonomi come diritti minimi a cui i diversi istituti di previdenza si adeguano”.
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