La normativa statale in materia di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia (artt. 31 e ss. del Testo Unico Edilizia[1]) distingue tra interventi abusivi che comportano una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e interventi di modesto impatto, che non possiedono tale caratteristica.
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- Nell’ambito della prima categoria rientrano gli interventi indicati nell’art. 31, ovvero quelli eseguiti «in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali» (fattispecie, quest’ultima, ulteriormente precisata dall’art. 32), nonché quelli di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità (art. 33), che costituiscono nel loro insieme le fattispecie di abuso più gravi;
- la seconda categoria comprende gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (art. 34).
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La distinzione, come noto, rileva ai fini della individuazione del regime sanzionatorio, giacché per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali la demolizione è l’unica sanzione applicabile, quale strumento per garantire l’equilibrio urbanistico violato, mentre solo per gli abusi meno gravi rientranti nell’ipotesi della parziale difformità dal titolo abilitativo l’art. 34 prevede, in ragione del minor pregiudizio causato all’interesse urbanistico, la possibilità di applicare la sanzione pecuniaria in sostituzione a quella demolitoria[2].
Ciò premesso, all’ipotesi della totale difformità dal permesso di costruire l’art. 31, comma 1, riconduce «la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche(…) planovolumetriche», ovvero attinenti alla forma, alla collocazione o alla distribuzione dei volumi assentiti. Di conseguenza, rientra nel concetto di modifica sostanziale della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza, e quindi di variazione essenziale assoggettabile a sanzione demolitoria in virtù del combinato disposto degli artt. 31 e 32, comma 1, lett. c), non solo lo spostamento del manufatto su un’area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, ma anche ogni significativa traslazione dell’edificio in relazione alla localizzazione contenuta nelle tavole progettuali, capace di incidere sul rispetto delle prescrizioni normative in tema di distanze minime dalle strade o dai confini nonché sulla destinazione urbanistica dei suoli[3].
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In passato era già stato affermato che “ai sensi dell’art. 32 lett. c), d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, costituisce variante essenziale rispetto al progetto approvato la modifica della localizzazione dell’edificio tale da comportare lo spostamento del fabbricato su un’area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, trattandosi di modifica che comporta una nuova valutazione del progetto da parte dell’amministrazione concedente, sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici e con le connotazioni dell’area, mentre sono ininfluenti rispetto all’obbligo di acquisizione da parte dell’interessato di un nuovo permesso di costruire la circostanza che le altre caratteristiche dell’intervento (sagoma, volumi, altezze etc.) siano rimaste invariate rispetto all’originario permesso di costruire, e l’assenza di ogni incidenza della variante sul regime dei distacchi e delle distanze”[4].
Più recentemente è stato ritenuto che:
- “rientra nel concetto di “modifica della localizzazione dell’edificio all’interno del lotto urbanistico di pertinenza”, costituendo quindi una variazione essenziale assoggettabile a sanzione demolitoria in virtù del combinato disposto degli artt. 31 e 32, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 380 del 2001 (…), non solo lo spostamento del manufatto su un’area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, ma anche ogni significativa traslazione dell’edificio in relazione alla localizzazione contenuta nelle tavole progettuali”[5];
- “Deve […]evidenziarsi come si sia in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione; si configura invece la difformità parziale quando le ridette modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera (Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 gennaio 2020, n. 104). Con specifico riferimento al concetto di “modifica sostanziale della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza”, e, quindi, di variazione essenziale assoggettabile a sanzione demolitoria in virtù del combinato disposto degli artt. 31 e 32, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 380 del 2001, assume rilievo sia “lo spostamento del manufatto su un’area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista” che “ogni significativa traslazione dell’edificio in relazione alla localizzazione contenuta nelle tavole progettuali, capace di incidere sul rispetto delle prescrizioni normative in tema di distanze minime dalle strade o dai confini nonché sulla destinazione urbanistica dei suoli” (v., ancora, Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 gennaio 2020, n. 104)”.
La conferma di tale orientamento si è avuta recentemente dal TAR Umbria, sez. I, nella sent. 2 novembre 2023, n. 604, nella quale è stato ribadito che, dinanzi ad un abuso consistente nella “traslazione dell’area di sedime rispetto all’area di sedime assentita”, non poteva essere irrogata altra sanzione che quella demolitoria.
In collaborazione con studiolegalepetrulli.it
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[1] DPR n. 380/2001.
[2] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 28 marzo 2022, n. 2273; sez. II, sent. 17 febbraio 2021, n. 1452; TAR Campania, Napoli, sez. III, sent. 3 ottobre 2022, n. 6044; sez. II, sent. 11 dicembre 2019, n. 5893.
[3] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 7 gennaio 2020, n. 104.
[4] Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 20 novembre 2008, n. 5743.
[5] TAR Sardegna, sez. I, sent. 11 gennaio 2021, n. 5.
Immagine: iStock/PeopleImages
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