Il muro di cinta, pur non risultando definito in senso proprio e diretto, eccetto che nella misura dell’altezza (“se non è diversamente determinata dai regolamenti locali o dalla convenzione, deve essere di tre metri” – art. 886 c.c.), è un muro che si distingue dagli altri muri, isolati e/o di fabbrica, i quali, come altri ulteriori tipi di muri, possono avere funzioni diverse da quelle del “cingere” quale può essere la funzione divisoria sia tra edifici, tra campi, cortili, giardini od orti (cfr. art. 880 c.c.) oppure quella di delimitare spazi anche al fine di una loro protezione (ad esempio di sicurezza).
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La giurisprudenza fornisce la definizione concettuale, di ciò che può essere qualificato come muro di cinta, che andiamo ad analizzare in questo articolo, estratto dal volume Il regime delle distanze in edilizia di Romolo Balasso e Pierfrancesco Zen, edito da Maggioli Editore.
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Cosa è un muro di cinta?
La giurisprudenza (ex multis Consiglio di Stato, n. 5213/2007 ma anche Cassazione, sezione II, n. 12459/2004), ha cercato di fare una sintesi concettuale di ciò che può essere qualificato come muro di cinta; per essere qualificata come tale, la costruzione deve rispettare i seguenti requisiti:
a) essere isolata, nel senso che le facce di essa che emergono dal suolo devono essere distaccate da ogni altra costruzione;
b) essere destinata alla demarcazione della linea di confine e alla separazione e chiusura delle proprietà limitrofe;
c) avere un’altezza non superiore ai tre metri.
Pertanto, si dovrebbe ritenere muro di cinta soltanto quello destinato a recingere uno spazio, nella specie la proprietà edilizia e/o fondiaria (il fondo, il lotto, ecc.), o una sua parte, al fine di impedire l’accesso ad altri (esercizio dello ius excludendi – omnes – alios).
In altri termini il muro di cinta rappresenterebbe l’estrinsecazione della facoltà insita nel diritto di proprietà di renderla esclusiva anche attraverso azioni negative quale il divieto di accesso. In tal senso il muro di cinta renderebbe manifesto il diritto alla riservatezza, tutelato in vari modi da specifiche norme civilistiche, pur nei contrapposti interessi, quali possono essere ritenute, ad esempio, le norme relative alle luci e alle vedute (artt. da 901 a 906 c.c.) e quella di protezione delle vedute stesse (art. 907 c.c.).
In via generale il diritto a recintare le proprietà si presume esercitata, nella sua generalità, in prossimità del confine se non proprio sul confine, anche in relazione al fatto che, mentre “il muro che serve di divisione tra edifici si presume comune fino alla sua sommità e, in caso di altezze ineguali, fino al punto in cui uno degli edifici comincia ad essere più alto; si presume parimenti comune il muro che serve di divisione tra cortili, giardini e orti o tra recinti nei campi” (così l’art. 880 c.c.).
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Nessuno obbligo di recinzione sulla linea di confine
Ad ogni modo non sussiste l’obbligo di recingere il fondo sulla linea di confine, per cui un proprietario è libero di decidere se realizzare la recinzione sul confine ovvero in arretramento rispetto allo stesso, nel qual caso il proprietario confinante può sempre “chiederne la comunione per tutta l’altezza o per parte di essa, purché lo faccia per tutta l’estensione della sua proprietà. Per ottenere la comunione deve pagare la metà del valore del muro, o della parte di muro resa comune, e la metà del valore del suolo su cui il muro è costruito. Deve inoltre eseguire le opere che occorrono per non danneggiare il vicino” (così art. 874 c.c.).
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Esenzione distanze tra costruzioni ma non dal confine stradale
Non tutte le recinzioni, però, sono ritenute, sia dalla giurisprudenza amministrativa che penale, estrinsecazione lecita dello ius escludendi alios, immanente al diritto di proprietà: vengono qualificate come tali le recinzioni costituenti pertinenza ma non anche, avuto riguardo alla sua struttura e all’estensione dell’area relativa, quelle che modificano in maniera rilevante l’assetto del territorio, le quali, qualificandosi come interventi di “nuova costruzione”, richiedono il permesso di costruire e, quindi, una conformità integrale alla disciplina ediliziourbanistica, per cui anche quella relativa alle distanze.
Le recinzioni in senso civilistico sono esentate al solo rispetto delle distanze di cui all’articolo 873 (tra costruzioni) ma non anche al rispetto di altre distanze prescritte nell’ordinamento.
È il caso, ad esempio, delle distanze che le recinzioni devono osservare dal confine stradale (cfr. artt. 16 e 17 e 18 del codice di cui al d.lgs. 285/1992 ed i corrispondenti artt. 26, 27 e 28 del regolamento attuativo di cui al d.P.R. 495/1992), ovvero le distanze dalle vedute (anche in considerazione che possono avere altezza fino a 3 m).
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Attenzione ai regolamenti comunali
Infine, va ricordato come la giurisprudenza amministrativa abbia ribadito in più occasioni che i regolamenti edilizi comunali possono disciplinare con altezze diverse le definizioni sancite dal codice civile (art. 878 c.c.) e prevedere pertanto fattispecie particolari; ad esempio, potrebbero prevedere che non venga conteggiata la parte di muretto che ha mero scopo di contenimento (in tal senso il tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione seconda, n. 2687/2012; quest’ultima pronuncia si segnala anche per il fatto di ricordare come al vicino sia preclusa l’impugnazione del titolo in forza del quale si è realizzata la recinzione in mancanza di un interesse concreto e, quindi, di una lesione al bene della vita; in altre parole, per azionare il ricorso non sarebbe sufficiente la cosiddetta vicinitas).
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Il regime delle distanze in edilizia
Questa nuova (e ottava) edizione conferma e mantiene l’impianto e l’impostazione operativa che ne hanno decretato il grande successo presso i lettori e si caratterizza rispetto alle precedenti versioni per un notevole arricchimento giurisprudenziale e per gli approfondimenti su temi sempre più rilevanti che, inevitabilmente, incidono in maniera significativa sul regime delle distanze (si pensi alla materia delle tolleranze, delle altezze, del Regolamento Edilizio Tipo ecc.). Grande attenzione è stata posta per l’analisi e l’interpretazione delle numerose e importanti novità normative recentemente introdotte nel nostro ordinamento, specie con i “Decreti Semplificazione” ed in particolare con il decreto n. 76/2020 convertito nella legge 120/2020. Anche in conseguenza di ciò si è reso necessario provvedere ad una revisione sistematica del capitolo relativo alle deroghe in materia di distanze. L’eterogeneità degli argomenti non ha impedito di mantenere un fil rouge che li collega tutti sotto l’egida dell’edilizia e del diritto che la regolamenta, per fornire al tecnico e al giurista uno strumento di consultazione agile, completo ed esauriente per tutti gli aspetti relativi al regime delle distanze nelle costruzioni. Romolo Balasso Architetto libero professionista che ha orientato la propria attività professionale nell’ambito tecnicogiuridico. Consulente, formatore e relatore in diversi incontri su tutto il territorio nazionale, è stato promotore e fondatore del centro studi Tecnojus, dove ricopre la carica di presidente, e per il quale cura i contenuti e i servizi oltre al sito web. Pierfrancesco Zen Avvocato del Foro di Padova, appartenente all’Associazione Avvocati Amministrativisti del Veneto e cofondatore del Centro Studi Tecnojus. Autore di diverse pubblicazioni letterarie e giuridiche, quest’ultime specie in materia di Diritto amministrativo e civile.
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