Un condomino ha sempre la possibilità, in caso di necessità, di realizzare dei fori sulla facciata del condominio? O ci sono casi in cui non è consentito? Esaminiamo la vicenda con una recente sentenza.
Un condomino realizzava tre fori di aerazione sulla facciata dello stabile condominiale. Nel tempo l’assemblea provvedeva all’approvazione del regolamento condominiale (in data 5/10/2011), che conteneva in apposita clausola un divieto ai condomini di fare qualunque modifica o innovazione alle cose comuni (pur dirette al miglioramento e all’uso più comodo o al maggior rendimento delle stesse) senza la preventiva approvazione della maggioranza dei partecipanti al condominio.
Con successiva delibera assembleare del 10/10/2011 la collettività condominiale faceva presente come tale previsione regolamentare, lungi dall’introdurre un divieto di utilizzazione della cosa comune, avesse il preciso scopo di limitare l’apertura di luci, vedute, fori, porte sulle parti comuni del fabbricato, senza il previo consenso dei condomini ed al fine di regolarizzare il pari uso della res comune.
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Successivamente il condominio citava in giudizio il condomino che aveva aperto i tre fori in facciata; i condomini chiedevano l’accertamento della legittimità della delibera condominiale del 10/10/2011 e la condanna del convenuto al pagamento della somma di € 610,00 per il ripristino della facciata condominiale, oltre interessi, con integrale compensazione delle spese integralmente tra le parti.
Il Giudice di Pace rigettava la domanda proposta dal condominio, fondando la propria decisione sull’applicazione dell’art. 1102 c.c. La collettività condominiale si rivolgeva allora al Tribunale in funzione di giudice d’appello facendo presente che il Giudice di Pace non aveva tenuto conto della permanenza dell’illecito realizzato dal condominio fino al 2012 e della sopravvenuta adozione del regolamento condominiale del 5.10.2011 che, nel disporre il divieto allo svolgimento di interventi modificativi o innovativi sullo stabile condominiale in assenza di preventiva autorizzazione dell’assemblea, risultava comunque applicabile alla condotta illecita in questione.
Chiedeva, pertanto, l’accoglimento dell’appello e la riforma integrale della sentenza di primo grado, con condanna del condomino al pagamento delle spese per il ripristino della facciata condominiale. Il condomino invece sosteneva la legittimità della condotta contestata (la realizzazione dei fori di areazione sulla parete perimetrale) per conformità alla normativa vigente (art 6 D.P.R. 380/2001 e art 1102 c.c.), condotta che non riteneva illegittima solo per assenza di delibera assembleare.
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La soluzione
Il Tribunale ha dato ragione al condominio. Lo stesso giudice ha messo in rilievo come la condotta realizzata dal condomino costituisca un illecito amministrativo, rientrante nella categoria degli abusi edilizi, in quanto opera di modifica dell’immobile realizzata in assenza di apposito titolo autorizzativo abilitante (del resto non solo era intervenuta apposita ordinanza del Comune, ma lo stesso autore materiale dell’illecito aveva spontaneamente provveduto alla chiusura dei fori). Il Tribunale ha notato come l’illiceità posta in essere con la realizzazione di un’opera abusiva viene meno solo con il conseguimento delle prescritte autorizzazioni in sanatoria oppure con il ripristino dello stato dei luoghi.
Come ha notato lo stesso giudice, nel caso esaminato, il rilascio del titolo in sanatoria è avvenuto nel 2012, successivamente all’approvazione del regolamento condominiale; di conseguenza nell’ambito dei rapporti tra condominio e condomino l’illecito risulta perfezionatosi al tempo dell’approvazione del regolamento condominiale. Tuttavia – ad avviso del Tribunale – considerato che il condomino non ha chiesto la convocazione di apposita assemblea per ottenere l’autorizzazione richiesta al fine di legittimare la propria condotta deve ritenersi che la stessa presenti ancora un profilo di antigiuridicità.
Riflessioni conclusive
In base all’art. 1102 c.c., ogni condomino ha il diritto di servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione o impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. La nozione di uso della cosa comune cui fa riferimento l’art. 1102 c.c., quindi, è applicabile anche in materia di condominio negli edifici e non va intesa nel senso di uso identico contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri.
Le aperture (ad esempio i fori) realizzate sulla facciata a servizio di un bene di proprietà esclusiva sono lecite nella misura in cui esse rispettino il disposto di cui all’art. 1102 c.c. I suddetti limiti di tale norma possono essere resi più rigorosi dal regolamento condominiale, o da delibere assembleari adottate con i “quorum” prescritti dalla legge, fermo restando che non è consentita l’introduzione di un divieto di utilizzazione generalizzato delle parti comuni.
Di conseguenza si può affermare che non è nulla o inefficace, né contraria a diritto la disposizione di un regolamento condominiale di natura contrattuale che vieti qualsiasi modifica o innovazione o mutamento di destinazione delle cose comuni nell’interesse del singolo condomino senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea condominiale.
>> Qui la sentenza: Trib. Salerno – I sez. civ. – sentenza del 20 – 07 – 2022 n. 2664
Riferimenti normativi: art. 1102 c.c.
Precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 29924 del 18/11/2019
Articolo di Giuseppe Bordolli, consulente legale condominialista
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Immagine: iStock/AndreyPopov
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