Vetrate panoramiche VEPA: quando scattano nuova volumetria e rischio demolizione

Dalla natura amovibile ai divieti su aumento di superficie utile, dalle condizioni di installazione a balconi, logge e porticati fino al rispetto della tutela paesaggistica: un’analisi tecnica delle VEPA alla luce di due recenti sentenze che chiariscono quando la struttura genera nuova volumetria e quando è soggetta a demolizione.

Mario Petrulli 10/12/25
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Le vetrate panoramiche (VEPA) sono disciplinate dall’art. 6, comma 1, lett. b-bis[1], del Testo Unico Edilizia[2], secondo cui:

  • devono essere realizzate con materiale trasparente (ad esempio, il plexiglass), per consentire la visione nitida da e per l’esterno; resta escluso, perciò, l’utilizzo di vetrate opacizzate, satinate o “a specchio” (ossia, che consentono di vedere verso l’esterno ma non viceversa);
  • devono essere amovibili, ossia non fisse e devono scorrere su guide e binari che consentano facilmente il loro “rientro” verso il muro esterno o verso il soffitto; oppure, devono essere semplicemente sganciabili rispetto a dei prefissati punti di appoggio o strutturati con apertura “a pacchetto”[3];
  • non possono creare nuova superficie utile da superficie accessoria: ciò significa che non sarà possibile utilizzare le vetrate per “aumentare” la superficie utile della stanza cui afferisce la vetrata stessa né che, sempre a seguito della nuova installazione, si possa modificare la preesistente destinazione d’uso, con presenza umana continuativa; in altri termini, la superficie dove insistono le vetrate deve rimanere accessoria; viceversa, si creerebbe un non consentito aumento del carico urbanistico;
  • devono favorire una naturale microaerazione che consenta la circolazione di un costante flusso di arieggiamento a garanzia della salubrità dei vani interni domestici: ciò significa che sarà necessario prevedere fori, mini-griglie o fessure utili allo scopo;
  • devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e da non modificare le preesistenti linee architettoniche.

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Gli interventi edilizi per opere precarie e gli arredi da esterni

Utilizzare al meglio gli spazi esterni è una legittima aspirazione di ogni proprietario e, normalmente, ciò avviene tramite l’installazione di strutture leggere idonee allo scopo: pergolati, tettoie, gazebo ed altri elementi di arredo. Ma quanti si domandano, prima di procedere, se sia necessario o meno premunirsi di un idoneo titolo abilitativo? La presente guida, aggiornata con le ultime novità normative (da ultimo la Legge n. 105/2024, c.d. SALVA CASA) e giurisprudenziali, si pone lo scopo di fornire la definizione delle diverse tipologie di installazioni possibili negli spazi esterni e di individuare il relativo titolo edilizio necessario alla luce della giurisprudenza più recente e del dato normativo: solo così, infatti, sarà possibile evitare errori e conseguenti sanzioni. Lo stile agile e veloce, l’utilizzo di un linguaggio chiaro, unitamente alle immagini e alla rassegna della casistica più interessante rappresentano le caratteristiche del presente volume, utile per professionisti e operatori del diritto, oltreché per tutti coloro che hanno la legittima aspirazione di migliorare i propri spazi esterni. La presente edizione contiene anche una trattazione degli interventi in regime di edilizia libera nelle regioni italiane a statuto ordinario e in quelle a statuto speciale, ivi comprese le Province Autonome di Trento e Bolzano. Mario Petrulli,Avvocato, esperto in edilizia, urbanistica e diritto degli enti locali; collabora con siti giuridici (tra i quali www.ediliziaurbanistica.it) e società di consulenza; è coautore, insieme ad Antonella Mafrica, di pubblicazioni per Maggioli Editore. Titolare dello Studio legale Petrulli (www.studiolegalepetrulli.it)

 

Mario Petrulli | Maggioli Editore 2024

Le VEPA dal punto di vista delle finalità

Le VEPA devono:

  • assolvere a funzioni temporanee di protezione dagli agenti atmosferici,
  • contribuire al miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche, con riduzione delle dispersioni termiche,
  • rendere possibile una parziale impermeabilizzazione dalle acque meteoriche dei balconi aggettanti dal corpo dell’edificio o di logge rientranti all’interno dell’edificio.

I luoghi di installazione/realizzazione delle VEPA

Secondo la norma, le VEPA possono essere installate:

  • sui balconi aggettanti dal corpo dell’edificio;
  • nelle logge rientranti all’interno dell’edificio;
  • nei porticati, a eccezione dei porticati gravati, in tutto o in parte, da diritti di uso pubblico (si pensi al diritto di passaggio) o collocati nei fronti esterni dell’edificio prospicienti aree pubbliche (ad esempio, prospicienti una piazza).

Secondo la giurisprudenza, le VEPA non sono installabili su una loggia esterna[4] né sul terrazzo scoperto[5].

Escluso l’aumento di cubatura

Il TAR Lazio, Roma, sez. II bis, nella sent. 24 ottobre 2025, n. 18615, ha ribadito che le VEPA non devono comportare aumento di cubatura, dovendo avere funzione temporanea di protezione atmosferica e climatica.

Nel caso specifico affrontato dai giudici romani, si era dinanzi ad una struttura con vetri non amovibili[6], circostanza che assicurava un uso non occasionale e una nuova volumetria e al cui interno era stato rinvenuto quanto necessario per la illuminazione, nonché arredi e suppellettili.

Il rispetto delle norme in materia paesaggistica

Come ricordato dal TAR Lazio, Roma, sez. II bis, nella sent. 19 maggio 2025, n. 9579, la norma del Testo Unico Edilizia che disciplina le VEPA ha un incipit ben preciso, visto che per gli interventi di edilizia libera ivi contenuti (tra i quali, ovviamente, rientrano anche quelli relativi alla VE.PA.) sono “Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”. 

Ciò significa, secondo i giudici romani, che anche nel caso dell’installazione di una VEPA l’interessato deve rispettare le prescrizioni contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004), con la conseguenza che, in caso contrario, si avrà la sanzione della demolizione[7]

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Note

[1] Art. 6 – Attività edilizia libera
1. Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, i seguenti interventi sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo:
[…]
b-bis) gli interventi di realizzazione e installazione di vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti, cosiddette VEPA, dirette ad assolvere a funzioni temporanee di protezione dagli agenti atmosferici, miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche, riduzione delle dispersioni termiche, parziale impermeabilizzazione dalle acque meteoriche dei balconi aggettanti dal corpo dell’edificio, di logge rientranti all’interno dell’edificio o di porticati, a eccezione dei porticati gravati, in tutto o in parte, da diritti di uso pubblico o collocati nei fronti esterni dell’edificio prospicienti aree pubbliche, purché tali elementi non configurino spazi stabilmente chiusi con conseguente variazione di volumi e di superfici, come definiti dal regolamento edilizio-tipo, che possano generare nuova volumetria o comportare il mutamento della destinazione d’uso dell’immobile anche da superficie accessoria a superficie utile. Tali strutture devono favorire una naturale microaerazione che consenta la circolazione di un costante flusso di arieggiamento a garanzia della salubrità dei vani interni domestici ed avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e da non modificare le preesistenti linee architettoniche;”.
[2] DPR n. 380/2001.
[3] Ricordiamo che il TAR Lazio, Roma, sez. II stralcio, nella sent. 17 aprile 2024, n. 7609, ha escluso la natura di VE.PA. nel caso di presenza di vetrate fisse.
[4] TAR Lazio, Roma, sent. 12 ottobre 2023, n. 15129.
[5] Consiglio di Stato, sez. II, sent. 8 maggio 2024, n. 4148.
[6] Parimenti, il TAR Lazio, Roma, sez. II stralcio, nella sent. 17 aprile 2024, n. 7609, ha escludo la natura di VE.PA. nel caso di presenza di vetrate fisse.
[7] Si legge nella sentenza: “In proposito, infatti, il Collegio non intende deflettere dal prestare osservanza al consolidato orientamento pretorio secondo cui “a prescindere dall’ascrivibilità o meno della medesima al novero dell’attività edilizia libera, il rispetto dei summenzionati vincoli avrebbe imposto la presentazione di una comunicazione o segnalazione preventiva in difetto della quale non può certo invocarsi l’irrogazione della più lieve sanzione pecuniaria, dovendosi predicare la continuità del costante insegnamento pretorio secondo cui “L’art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001 impone di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano, comunque, costruite senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesistico. Infatti, per le opere abusive eseguite in assenza di titolo edilizio e di autorizzazione paesaggistica in aree vincolate, vige un principio di indifferenza del titolo necessario all’esecuzione di interventi in dette zone, essendo legittimo l’esercizio del potere repressivo in ogni caso, a prescindere, appunto, dal titolo edilizio ritenuto più idoneo e corretto per realizzare l’intervento edilizio nella zona vincolata; ciò che rileva, ai fini dell’irrogazione della sanzione ripristinatoria, è il fatto che lo stesso è stato posto in essere in zona vincolata e in assoluta carenza di titolo abilitativo, sia sotto il profilo paesaggistico che urbanistico” (così T.A.R. Lazio – Roma, sez. II-bis, n. 35 del 2.1.2024. In senso del tutto analogo, Cons. St., sez. VI, n. 4223 del 10.5.2024: “Infondato risulta essere anche il secondo motivo di appello con il quale si lamenta la violazione dell’art. 27, D.P.R. n. 380 del 2001. L’art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001, infatti, impone di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano, comunque, costruite senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesistico. Per le opere abusive eseguite in assenza di titolo edilizio e di autorizzazione paesaggistica in aree vincolate, vige un principio di indifferenza del titolo necessario all’esecuzione di interventi in dette zone, essendo legittimo l’esercizio del potere repressivo in ogni caso, a prescindere, appunto, dal titolo edilizio ritenuto più idoneo e corretto per realizzare l’intervento edilizio nella zona vincolata; ciò che rileva, ai fini dell’irrogazione della sanzione ripristinatoria, è il fatto che lo stesso è stato posto in essere in zona vincolata e in assoluta carenza di titolo abilitativo, sia sotto il profilo paesaggistico che urbanistico. La sanzione demolitoria non ammette alcun tipo di deroga e opera d’ufficio, senza che l’amministrazione comunale debba ritenersi gravata di verificare l’eventuale possibilità di sanatoria delle opere in questione, tramite il coinvolgimento delle amministrazioni preposte alla tutela degli interessi paesaggistico-ambientali”. In termini del tutto analoghi, vedasi anche: T.A.R. Sicilia – Palermo, sez. II, n. 293 del 4.2.2025; T.A.R. Campania – Napoli, sez. VII, n. 1303 del 17.2.2025; T.A.R. Campania – Salerno, sez. II, n. 2356 del 3.12.2024; T.A.R. Sicilia – Catania, sez. II, n. 1694 del 22.5.2023; Cons. St., sez. VII, n. 9557 del 6.11.2023). 
Pertanto, la mancata presentazione di un valido titolo edilizio, accompagnato dal conseguimento preventivo del relativo parere di compatibilità paesaggistica da parte della competente autorità tutoria, rappresenta ragione più che legittima per l’ingiunzione alla demolizione dell’opera, elemento motivazionale questo, peraltro, pienamente evincibile dal provvedimento impugnato che, non a caso, premette alla descrizione dell’opera proprio l’indicazione dei vincoli insistenti sull’area senza che, a tal riguardo, le considerazioni spese dall’amministrazione resistente nei propri scritti difensivi possano ritenersi avere valore di inammissibile integrazione postuma della motivazione, trattandosi di elementi univoci e sufficienti già presenti nel provvedimento avversato solo meglio esplicati negli atti processuali.” 

In collaborazione con studiolegalepetrulli.it

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Mario Petrulli

Avvocato (www.studiolegalepetrulli.it), esperto nelle materie dell’edilizia, dell’urbanistica, degli appalti, del diritto degli Enti Locali e del diritto bancario.
Collabora da anni con società di consulenza e formazione agli Enti Locali, case editrici, riviste tecnic…Continua a leggere

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