Installazione di ringhiera e uso abusivo di parte comune condominiale: obbligatorio il ripristino dello stato dei luoghi

Non è raro che i condomini cerchino di “inglobare” nella loro proprietà porzioni del condominio non attribuite loro in proprietà esclusiva, né destinate al loro uso individuale. Vediamo una recente vicenda

Come è noto l’art. 1122 c.c. stabilisce che nell’unità immobiliare di sua proprietà o nelle parti normalmente destinate all’uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio.

Nonostante l’articolo sopra detto chiarisca il limite dello “spazio di manovra” del singolo condomino per opere nelle parti esclusive, non è raro che i partecipanti al condominio cerchino di “inglobare” nella loro proprietà porzioni del caseggiato non attribuite in proprietà esclusiva, né destinate al loro uso individuale. Un chiaro esempio di comportamento errato del condomino emerge nella vicenda recentemente presa in esame dalla Corte di Appello di Messina (sentenza n. 561 del 10 giugno 2024).

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La vicenda

I condomini titolari di un appartamento posto al centro del tetto avevano anche una piccola porzione di spazio esterno, delimitata da un muretto, con funzione divisoria della proprietà esclusiva da altro spazio esterno comune, sin dall’origine non calpestabile in quanto interamente coperto con tegole su listelli di legno e destinato alla copertura del caseggiato. Detta porzione condominiale, anche per eliminare problemi infiltrativi, era stata modificata: in particolare era stata collocata una guaina protettiva, sovrapponendo ad essa una nuova pavimentazione, che avrebbe dovuto, poi, essere ricoperta con un nuovo tegolato più resistente.

Tuttavia, ancor prima di permettere la posa del nuovo tegolato, i condomini del sottotetto, approfittando della pavimentazione provvisoria, installavano, a proprie spese e senza alcuna autorizzazione, una ringhiera in ferro lungo tutto il ballatoio comune, che cominciavano ad utilizzare. L’assemblea pretendeva il ripristino dello stato dei luoghi e l’eliminazione della ringhiera, in quanto manufatto che violava il decoro architettonico dell’edificio. Per i detti condomini del sottotetto – che si rivolgevano al Tribunale – le richieste degli altri partecipanti al condominio erano illegittime.

Il convenuto condominio si costituiva in giudizio e notava che la presenza della ringhiera aveva impedito il previsto ripristino della situazione preesistente, nonché, di fatto, trasformato un tetto a falda con copertura a tegole in una terrazza praticabile; secondo la collettività condominiale gli attori avevano impresso al nuovo manufatto una destinazione ad uso esclusivo degli autori dell’opera, alterando il prospetto lato mare dell’edificio. Inoltre il condominio osservava che la permanenza del ballatoio nel tratto finale del tetto, aveva determinato una maggiore altezza dell’edificio in difformità dalla concessione edilizia, esponendo il condominio a gravi conseguenze di natura amministrativa e/o civile e/o penale.

Il convenuto, perciò, pretendeva che fosse affermata la civile responsabilità degli attori per tutti i danni procurati al condominio e, conseguentemente, ordinato loro di fare eseguire, senza ritardo a propria cura e spese, tutti gli interventi di ripristino dello stato dei luoghi e di rimozione della ringhiera in ferro da essi installata sul tetto. Chiedeva, inoltre, l’accertamento dell’inesistenza di diritti reali o di alcuna proprietà esclusiva dei condomini del sottotetto sulla detta porzione abusivamente occupata. Il Tribunale ordinava agli attori la rimozione (a loro cura e spese) della ringhiera da loro apposta sulla porzione di tetto condominiale prospiciente il loro immobile. La questione veniva sottoposta dai soccombenti alla Corte di Appello.

La decisione

I giudici di secondo grado hanno evidenziato come l’arbitraria apposizione della ringhiera abbia pregiudicato l’interesse della maggioranza degli altri condomini al ripristino della originaria conformazione della copertura dell’edificio – costituita da un uniforme tetto inclinato e coperto da tegole – impressa dal costruttore, peraltro certamente in armonia con l’aspetto delle altre palazzine dello stesso complesso.

Ma soprattutto – come ha notato la Corte – l’apposizione della ringhiera è avvenuta in palese violazione dell’articolo 1122 c.c., atteso che la porzione di tetto oggetto di contesa non solo non era stata attribuita in proprietà esclusiva agli attori, ma non era neanche stata destinata al loro uso individuale. Del resto, ad avviso della Corte, non può escludersi che l’apposizione della detta ringhiera abbia alterato la fisionomia architettonica dell’edificio condominiale.

In alcuni regolamenti condominiali accade peraltro che la tutela prescritta dall’articolo 1122 c.c. venga ulteriormente rafforzata mediante l’inserimento di una clausola che prevede, per l’esecuzione delle opere suscettibili di pregiudicare il decoro architettonico dell’edificio, l’obbligo a carico dei condomini di richiedere all’assemblea uno specifico parere vincolante. Una clausola di natura contrattuale può arrivare anche a prevedere il divieto di qualsiasi opera modificatrice dell’originario aspetto architettonico dell’edificio, stabilendo in tal modo una tutela pattizia più intensa e rigorosa di quella apprestata al mero decoro architettonico dalle norme del codice (Cass. civ., sez. II, 11/05/2023, n. 12795).

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Giuseppe Bordolli

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