Ricostruzione Terremoto, si può fare dov’era ma non com’era

Dei temi relativi al terremoto si è parlato martedi sera a Di Martedì, la trasmissione condotta da Giovanni Floris su La7. Gli ospiti hanno toccato i punti più caldi della questione, dal punto di vista umano, normativo e urbanistico.
Che rapporto c’è tra il primo decreto terremoto e il nuovo?
Che problematiche umane emergono dopo l’ultima, infinita, serie di scosse nelle Marche e in Umbria?
Cosa dice l’UE?
Cosa sta combinando il Governo nei confronti dei Beni Culturali che stanno subendo tantissimo le scosse? Cosa, come e dove bisogna ricostruire?

Ricordiamo che il primo Decreto Terremoto, quello varato in seguito alla scosse del 24 agosto, è in vigore dal 19 ottobre scorso.

Al di là delle osservazioni di Crozza, che non teniamo seriamente in considerazione (a proposito, vi fa ancora ridere Crozza??), Massimo Giannini ha riportato le cifre della manovra finanziaria 2017 inviati all’UE (quella a cui facciamo riferimento sopra). Si parla va di 3 miliardi per il sisma, per la ricostruzione delle case e delle infrastrutture distrutte o danneggiate, per mettere in sicurezza la popolazione, il territorio e il patrimonio abitativo e culturale del Paese, adeguamento sismico delle scuole, interventi urgenti di risanamento ambientale e idrogeologico.

In realtà, contesta l’UE, nel documento inviatole solo 600 milioni sono destinati a questo scopo. Il dubbio dell’UE è: e la differenza che fine fa?

Attendiamo che si concretizzi il nuovo decreto per i nuovi fondi dopo le ultime scosse. A questo proposito, era necessario un nuovo Decreto? Non bastava un emendamento a quello vecchio (quello post 24 agosto) per fare le cose più in fretta?

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Tomaso Montanari, storico dell’arte, ha sottolineato che il problema è capire dove bisogna investire. Il ministero dei Beni Culturali nel tempo è stato impoverito, dai governi precedenti e anche da questo, e adesso non ci sono i soldi e i fondi per operare dove sarebbe necessario.

Gli ultimi fondi messi a disposizione dal governo sono andati per la maggior parte alla messa in sicurezza di beni considerati “maggiori attrazioni turistiche”. I restanti beni culturali su cui saranno fatti gli interventi devono essere scelti a votazione, “come a Sanremo”, inviando una mail a bellezza@governo.it.

Non è possibilie mettere i soldi in base a questa scala di priorità, prima i più importanti dal punto di vista turistico, poi a caso.

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Domenico Pompili, Vescovo di Rieti è intervenuto sulle promesse immediate (subito dopo il terremoto di domenica scorsa) cioè “il governo ricostruirà subito”. La ricostruzione dei paesi rasi al suolo però non è così semplice: bisogna tenere in considerazione il cambiamento intercorso negli anni. È un cambiamento sociale e degli stili di vita, si tratta di considerare le nuove esigenze sociali ed economiche delle popolazioni che risiedono in quei posti, di considerare le esigenze delle aziende, legate a filo diretto alle popolazioni.

L’Architetto Paolo Portoghesi ha dato seguito al discorso del Vescovo Pompili. Il governo ha parlato di ricostruire com’era e dov’era. Dov’era è più o meno possibile, ma com’è non è possibile. Perché le esigenze della popolazione sono cambiate, così come le condizioni e i comfort abitativi basilari. Le case non possono essere ricostruite com’erano. Anche dal punto di vista urbanistico, le esigenze sono nuove. Non si può pensare di lasciare queste piccole realtà isolate, come sono state finora, ma bisogna costruire opere di urbanizzazione che le colleghino meglio con l’esterno e con il territorio produttivo circostante.

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Il giornalista giapponese Tetsuro Akanegakubo ha espresso un punto di vista interessante, differente rispetto a tutti gli altri, chiamando in causa la filosofia del Buddismo. In Giappone ci sono molti terremoti ma le case non crollano. Questo perché, prima di tutto, non usano mattoni. Poi anche perché è diversa la filosofia alla base della vita: il Buddismo dice che quello che vale oggi non può valere per sempre, quindi quello che viene costruito oggi non può essere per sempre. La cultura occidentale, invece, punta a costruire edifici pesanti, perché devono avere una durata eterna.

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Il Vescovo, sorridendo sotto i baffi, ha dato credito all’osservazione filosofico-religiosa di Tetsuro Akanegakubo sul buddismo. Forse l’ha fatto per forza, di sicuro l’ha fatto in modo educato e corretto, ma trapelava una lieve nota di sarcasmo dal suo tono di voce. Comunque sia, quella filosofia permette ai giapponesi non subire i terremoti tanto quanto li subiamo noi. Del resto, proprio quella filosofia si contrappone alla nostra tradizione, che prima della crisi era fermamente incentrata sul pensiero che la “casa” fosse l’investimento migliore che si potesse fare, perchè dura e rende per sempre. Ora, forse, questa convizione è in difficoltà, ma “l’investimento sul mattone” è sempre stato per noi italiani il top.

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A conclusione della discussione, il Vescovo è arrivato a sottolineare la necessità di considerare il legno come materiale da costruzione, non più i mattoni. Il Governo, a quanto dice, sta andando in quella direzione, soprattutto per la velocità con cui si possono costruire. In realtà, infatti, i laterizi prodotti oggi garantisconoun’ottima resistenza dal punto di vista sismico.

Redazione Tecnica

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