Il Consiglio dei ministri ha approvato il Decreto rilancio, che tra le tante misure previste per l’edilizia tra cui l’ormai famoso Superbonus 110%, tratta anche il Sismabonus, per cui servirà una riduzione di due classi di rischio, e dovrà essere stipulata una polizza assicurativa anti-calamità in concomitanza alla richiesta dell’agevolazione (la cui effettività sarà dimostrata da tecnici specializzati).
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In questo articolo illustriamo con quali tecniche intervenire per migliorare la resistenza sismica della struttura, attivando così il passaggio alle classi di rischio superiori che permettono di accedere alle detrazioni fiscali. In particolare ci soffermeremo in questo articolo sugli interventi di tipo locale in strutture in muratura, grazie ai quali è possibile rimuovere le cause che danno luogo all’attivazione di meccanismi di crollo fuori dal piano.
Sismabonus: come accedere alle detrazioni previste? Con interventi locali
Le linee guida del Sisma Bonus contenute nel recente D.M. 09/01/2020, finalizzate alla classificazione del rischio sismico, richiamano altresì le tipologie di interventi eseguibili per la riduzione delle vulnerabilità e conseguente cambio di classe di rischio. Dopo aver descritto negli articoli precedenti le due metodologie di classificazione (convenzionale e semplificata), è indispensabile capire con quali tecniche intervenire per il passaggio alle classi di rischio superiori.
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I cinematismi, accennati qualche riga sopra, la cui attivazione rappresenta sempre un danneggiamento grave con conseguente inagibilità dell’abitazione, se generati in cascata possono comportare anche il collasso del fabbricato. Ricordando che, per potersi attivare l’auspicabile comportamento globale della struttura, è indispensabile che siano stati preliminarmente eliminati tutti i meccanismi locali il cui innesco comprometterebbe il necessario comportamento scatolare.
Gli interventi di tipo locale sono gli unici ammessi dalle linee guida del Sismabonus qualora il tecnico opti per una valutazione della struttura con metodo semplificato, applicabile unicamente a edifici in muratura portante la cui classificazione di rischio potrà progredire al massimo di una sola classe. Diversamente, con l’utilizzo del metodo convenzionale, che riguarda la modellazione globale e più precisa della risposta sismica dell’edificio, la valutazione analitica potrà prevedere, qualora applicabile, uno scatto di più di una classe di rischio.
Nella Tabella 6 delle linee guida Sismabonus sono elencati e suggeriti alcuni degli interventi locali più comuni, in funzione delle diverse tessiture murarie. Vediamo di capirne l’applicazione.
Quando intervenire con tecniche puntuali e locali?
Il par. 8.4.1 delle NTC18 classifica come locali tutti quegli interventi limitati a singole parti dell’edificio, la cui applicazione non stravolge lo schema statico originario ma aiuta a migliorare isolate situazioni di danno e vulnerabilità, oltre ovviamente a migliorare il comportamento scatolare d’insieme.
«[…] Sono volti a conseguire una o più delle seguenti finalità:
– ripristinare, rispetto alla configurazione precedente al danno, le caratteristiche iniziali di elementi o parti danneggiate;
– migliorare le caratteristiche di resistenza e/o di duttilità di elementi o parti, anche non danneggiati;
– impedire meccanismi di collasso locale;
– modificare un elemento o una porzione limitata della struttura.» (NTC18)
Rientrano in questa categoria lavori di sostituzione o rinforzo di solai e coperture, la cucitura di quadri fessurativi, il collegamento tra pareti non ammorsate, l’inserimento di tiranti. La progettazione strutturale di questi lavori è limitata ai soli interventi locali direttamente interessati e non obbliga alla verifica statica e sismica dell’intero edificio. Attenzione tuttavia, perché se questo vale per le norme tecniche, qualora il tecnico opti, ai fini delle detrazioni fiscali Sismabonus, per la valutazione dell’immobile con metodo convenzionale, anche se l’intervento di miglioramento si configura solo come di tipo locale, sarà comunque obbligatorio a valutare il miglioramento della classe di rischio sempre col metodo convenzionale, in accordo con le linee guida del Sismabonus, quindi con una modellazione analitica dell’intero fabbricato.
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Ricordiamo l’importanza di investire prima su interventi di tipo locale, in particolare nei collegamenti murari e dei solai con le pareti, qualora la struttura ne necessiti. Poiché anche solo questo intervento può fare la differenza in termini di riduzione del danno durante un terremoto. Molti edifici in muratura sono crollati durante i terremoti prima di tutto per le vulnerabilità derivanti da scarsi ammorsamenti delle pareti o spinte non contrastate su di esse. Così come molti altri, efficacemente consolidati anche solo con interventi di tipo locale, quali tiranti, miglioramento delle connessioni murarie e irrigidimento dei solai, hanno dimostrato di poter limitare molto i danni a seguito di un violento evento sismico. In termini economici, questo significa dover investire meno denaro nella riparazione (valore ridotto della Perdita Annuale Media attesa PAM) e permettere una ripresa dell’agibilità in tempi più rapidi.
Tiranti
«[…] Tali interventi sono mirati ad assicurare alla costruzione un soddisfacente comportamento d’insieme, mediante la realizzazione di un buon ammorsamento tra le pareti e di efficaci collegamenti dei solai alle pareti; inoltre, deve essere verificato che le eventuali spinte prodotte da strutture voltate siano efficacemente contrastate e deve essere corretto il malfunzionamento di tetti spingenti. La realizzazione di questi interventi è un prerequisito essenziale per l’applicazione dei metodi di analisi sismica globale dell’edificio, che si basano sul comportamento delle pareti murarie nel proprio piano, presupponendone la stabilità nei riguardi di azioni sismiche fuori dal piano. […]»
(D.P.C.M. 09/02/2011 “Valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni di cui al decreto ministeriale 14 gennaio 2008”).
L’inserimento di tiranti a livello dei solai (lungo le due direzioni principali) rappresenta la tecnica storicamente utilizzata per ridurre le carenze dei collegamenti. Il loro inserimento, spesso di facile esecuzione e dalla limitata invasività, risulta perfettamente adattabile al contesto architettonico.
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Connessioni delle pareti
Sovente le maggiori vulnerabilità sismiche risiedono nella mancanza di connessione tra pareti, dovute a sovrapposizioni edificatorie non regolarmente collegate. In questi casi è indispensabile provvedere alla rilegatura dell’incrocio murario, che può essere fatta puntualmente con cuci-scuci o con l’inserimento a secco di barre elicoidali. Le tecniche sono estendibili anche nel caso di chiusura delle lesioni, trattandosi anch’esse di potenziali inneschi di ribaltamenti fuori dal piano dei pannelli murari non più efficacemente connessi.
Irrigidimento dei solai esistenti
Il rinforzo dei solai esistenti non riguarda solo una esigenza di carattere statico, necessaria per un cambio di destinazione d’uso o per intervenire a sanare un degrado materico. Ad essa si associa anche l’esigenza di migliorare il comportamento a diaframma che l’impalcato deve svolgere per contribuire ad una più efficiente trasmissione delle azioni sismiche tra le pareti. Il buon comportamento scatolare prevede di distribuire le azioni orizzontali prevalentemente lungo le pareti longitudinali all’azione sismica (aventi maggiore rigidezza), senza gravare su quelle ortogonali con minore inerzia. Per ottemperare a questa ottimale condizione, è necessario che il solaio sia sufficientemente rigido e sia connesso a tutte le pareti perimetrali.
Diverse sono le soluzioni attuabili, a seconda del contesto e delle esigenze di conservazione. Normalmente l’aumento di rigidezza si acquisisce intervenendo estradossalmente con cappe armate collaboranti o, nel caso di solai in legno, anche con doppio tavolato incrociato.
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Messa in sicurezza di elementi non strutturali
Nella vulnerabilità sismica di un edificio esistente rientrano anche le verifiche dei cosiddetti elementi non strutturali, quali tegole, comignoli, cornicioni, tamponamenti, controsoffitti, tubazioni, impianti, mobilio ecc., la cui caduta può mettere a rischio la vita delle persone in caso di scossa sismica.
Il filo conduttore per garantire la sicurezza sismica di tutti gli elementi non strutturali sono i collegamenti con le strutture portanti. Essi possono essere diversificati in funzione della tipologia di elemento. Possiamo ricordare, a titolo di esempio:
– un maggior irrigidimento dei comignoli mediante incamiciatura con rete metallica flessibile e controventi collegati alla copertura;
– controventamento dei controsoffitti (la cui struttura portante sia resa maggiormente solidale ai travetti del solaio), minimizzandone lo spostamento orizzontale al fine di impedire la caduta dei pannelli, e rendendo autoportanti i corpi illuminanti ad essi collegati;
– consolidamento e miglior collegamento dei cornicioni;
– ancoraggio dei parapetti e delle pareti in cartongesso con reti metalliche o in fibra di vetro (coperte con successivo intonaco) opportunamente collegate alle strutture portanti;
– incrementare il numero dei dispositivi di ancoraggio dei coppi di copertura;
– fissare alle pareti gli armadi e il mobilio di grosse dimensioni.
Foto di copertina: Edificio lesionato dal terremoto nella parte sommitale poiché privo delle catene presenti al primo livello, dove il sistema di trattenuta ha funzionato meglio (Ussita – MC).
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