Come è noto, con l’art. 30, comma 1, lett. a), del decreto legge n. 69/2013[1] ha modificato l’art. 3, comma 1, lett. d), del Testo Unico Edilizia (DPR n. 380/2001), introducendo all’interno della ristrutturazione edilizia “gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”.
Un aspetto delicato riguarda l’operatività della norma rispetto agli edifici crollati/demoliti prima dell’entrata in vigore della nuova norma (22 giugno 2013). Vediamo i due orientamenti giurisprudenziali e un caso recente.
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I due orientamenti giurisprudenziali
Secondo un orientamento giurisprudenziale, l’art. 30 del d.l. n. 69 del 2013, in quanto norma irretroattiva, si applica per il futuro “se in ed in quanto i fatti presupposti si siano inverati, tutti, nel vigore delle nuove disposizioni. Di conseguenza, deve ritenersi che solo in relazione ad edifici crollati o demoliti in epoca successiva alla entrata in vigore della legge n. 98/2013, di conversione del D.L. n. 69/2013, sarebbe possibile che ne sia assentita la ricostruzione (non contestuale) come ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 380/2001, come modificato dall’art. 30, comma 1, lett. a) del D.L. n. 69/2013”[2].
Una seconda tesi, invece, evidenziata recentemente dal Consiglio di Stato, sez. IV, nella sent. 3 aprile 2025, n. 2857, ritiene che la norma può applicarsi anche agli edifici già crollati/demoliti prima dell’intervento del legislatore. Ed infatti, come precisato anche dalla Corte di Cassazione, la “retroattività normativa, infatti, è da apprezzarsi come sussistente allorquando una disposizione di legge introduca, sulla base di una nuova qualificazione giuridica di fatti e rapporti già assoggettati all’imperio di una legge precedente, una nuova disciplina degli effetti che si sono già esauriti sotto la legge precedente, ovvero una nuova disciplina di tutti gli effetti di un rapporto posto in essere prima dell’entrata in vigore della nuova norma, senza distinzione tra effetti verificatisi anteriormente o posteriormente alla nuova disposizione, pur essendo possibile separare ontologicamente gli uni dagli altri e non sussistendo tra i medesimi un rapporto di inerenza o dipendenza. Non è dato, invece, ravvisare la retroattività di una norma allorché essa disciplini status, situazioni e rapporti che, pur costituendo lato sensu effetti di un pregresso fatto generatore (previsti e considerati nel quadro di una diversa normazione), siano distinti ontologicamente e funzionalmente (indipendentemente dal loro collegamento con detto fatto generatore), in quanto suscettibili di una nuova regolamentazione mediante l’esercizio di poteri e facoltà non consumati sotto la precedente disciplina”[3].
Nel caso di specie, la norma è intervenuta sulla qualificazione di un intervento edilizio, quello di ristrutturazione edilizia, applicabile a tutte le condotte, facoltà e poteri che non si sono ancora consumati integralmente sotto la precedente disciplina. Ne consegue che la norma si applicherà sia agli edifici (già) crollati o demoliti alla data di entrata in vigore della norma, sia a quelli crollati o demoliti successivamente all’entrata in vigore della norma medesima, sempre che, dopo l’entrata in vigore di quest’ultima, vengano posti in essere gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.
Non assume alcun rilievo, ai fini della retroattività della norma, la considerazione che prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 69 del 2013, la ristrutturazione edilizia presupponeva una particolare relazione di continuità tra edificio preesistente ed edificio risultante dalla ristrutturazione, in maniera tale che le due operazioni, cioè la demolizione e la ricostruzione, avvenissero in un unico contesto.
Conclusioni
La circostanza che l’art. 30, comma 1, lett. a) del d.l. n. 69 del 2013 abbia inciso sul requisito della continuità tra crollo/demolizione e ripristino, anche consentendo di realizzare, come ristrutturazione edilizia, “gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”, cioè quegli interventi in cui la ricostruzione/ripristino non è necessariamente già programmata al momento in cui l’edificio preesistente viene demolito o crolla, non impedisce di applicare la citata norma anche agli edifici già crollati o demoliti al momento dell’entrata in vigore della norma medesima.
La ristrutturazione edilizia, infatti, riguarda gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e tra questi interventi si annoverano anche quelli di ripristino di un edificio attraverso la sua ricostruzione, indipendentemente dalla circostanza temporale, irrilevante ai fini dell’applicazione della norma, che l’edificio non sia ancora crollato al momento della entrata in vigore della norma medesima.
Ciò che conta è che l’intervento di ripristino dell’edificio avvenga dopo l’entrata in vigore della norma, restando irrilevante la circostanza che riguardi edifici “eventualmente [già] crollati o demoliti”. L’utilizzo dell’avverbio “eventualmente” conferma che il crollo o la demolizione dell’edificio possono anche essere già avvenuti al momento dell’entrata in vigore della norma, ma tale aspetto non rappresenta un profilo dirimente per l’operatività della nuova nozione di ristrutturazione edilizia.
La ratio dell’intervento normativo del 2013 è, del resto, quella di allargare l’ambito applicativo della nozione di ristrutturazione edilizia, ricomprendendovi tutti gli interventi di ripristino di edifici o parti di essi:
a) già crollati o demoliti all’atto dell’entrata in vigore della norma;
b) crollati o demoliti successivamente all’entrata in vigore della norma;
c) non necessariamente crollati o demoliti.
Peraltro, l’elemento che distingue la ristrutturazione edilizia dalla nuova costruzione è la preesistenza del manufatto e la possibilità di pervenire ad un organismo in tutto o in parte diverso da ciò che già esiste, elementi che sussistono anche in relazione agli edifici crollati o demoliti prima dell’entrata in vigore della norma, purché, come precisa la norma, sia possibile accertarne la preesistente consistenza.
La prima tesi giurisprudenziale si presterebbe ad un giudizio di irragionevolezza, perché tratterebbe situazioni sostanzialmente sovrapponibili in maniera differente: a edifici crollati prima dell’entrata in vigore della norma non potrebbe applicarsi la disciplina introdotta nel 2013, che riguarda proprio le ipotesi di ristrutturazione edilizia di edifici crollati o demoliti. Irragionevolezza che sarebbe ancora più evidente qualora si trattassero in maniera differente gli interventi di ripristino di edifici crollati a ridosso dell’entrata in vigore della norma e edifici crollati poco dopo.
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Note
[1] Convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98.
[2] Consiglio di Stato, sez. V, sent. 8 gennaio 2023, n. 616.
[3] Cfr. Sezioni Unite, sent. 28 gennaio 2021, n. 2061.
In collaborazione con studiolegalepetrulli.it
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