Restituzione contributo di costruzione per mancata edificazione: regola generale ed eccezione

Una recente sentenza ribadisce che il contributo di costruzione è dovuto solo se avviene la trasformazione del territorio. In caso di mancata o parziale edificazione, il privato ha diritto alla restituzione, salvo che il pagamento derivi da una convenzione urbanistica ancora efficace.

Mario Petrulli 13/11/25
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Come è noto, l’art. 16, comma 1, del Testo Unico Edilizia (d.P.R. n. 380/2001) stabilisce che il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione.

La giurisprudenza[1] ha chiarito che l’obbligo di corrispondere il suddetto contributo non trova giustificazione nel rilascio del titolo edilizio ma nell’attività di trasformazione del territorio ad esso conseguente; tale legame è evidente:

  • nella componente degli oneri di urbanizzazione, diretti a finanziare (sia pur in senso non sinallagmatico) il surplus di opere di urbanizzazione che l’amministrazione comunale è tenuta ad affrontare in relazione al nuovo intervento edificatorio del richiedente il titolo edilizio;
  • nella componente del costo di costruzione, correlata all’aumento di ricchezza in capo al titolare conseguente allo sfruttamento del territorio.

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La regola generale di obbligo di restituzione del contributo in caso di mancata o parziale edificazione

Da quanto fin qui osservato, discende una regola generale, ribadita di recente dal TAR Lombardia, Milano, sez. II, nella sent. 7 novembre 2025, n. 3613: se l’attività di trasformazione non ha luogo, il versamento diviene privo di causa e le relative somme devono essere, perciò, restituite ai sensi dell’art. 2033 cod. civ. (norma che regola l’indebito oggettivo, secondo cui “Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda.”).

Anche l’utilizzazione solo parziale del titolo edilizio rilasciato comporta il sorgere, in capo al titolare, del diritto alla rideterminazione del contributo di costruzione e alla restituzione della quota di esso calcolata con riferimento alla porzione non realizzata e, conseguentemente, lo speculare obbligo in capo all’amministrazione di provvedere alla restituzione delle somme a tal titolo già percepite[2].

Sull’importo da restituire (totale o parziale, in ragione dell’assenza di edificazione o di parziale edificazione), tenuto conto della buona fede del Comune, sono dovuti gli interessi legali a decorrere dalla richiesta (o dalla data di adozione del provvedimento di intervenuta decadenza[3]) ma non la rivalutazione monetaria[4]. Il diritto alla restituzione è soggetto al termine di prescrizione ordinario decennale[5].

Eccezione alla regola generale

La regola testé ricordata subisce, tuttavia, un’eccezione nel caso in cui il rilascio del permesso di costruire e il conseguente versamento del contributo di costruzione vengano effettuati in esecuzione di una convenzione urbanistica, posto che, in questa ipotesi, la prestazione patrimoniale rinviene la causa nell’accordo. Gli impegni assunti in sede convenzionale – al contrario di quanto si verifica in caso di rilascio del singolo titolo edilizio, in cui gli oneri di urbanizzazione e di costruzione a carico del destinatario sono collegati alla specifica trasformazione del territorio oggetto del titolo – non vanno, infatti, riguardati isolatamente, ma vanno rapportati alla complessiva remuneratività dell’operazione, che costituisce il reale parametro per valutare l’equilibrio del sinallagma a base dell’accordo[6].

A questo proposito, si rileva che le amministrazioni, con la sottoscrizione della convenzione, assumono anche esse degli obblighi (quali consentire la trasformazione di vaste aree del loro territorio e realizzare le opere di urbanizzazione a ciò correlate), confidando nella possibilità di utilizzare gli importi che il privato si obbliga in quella sede a versare per eseguire gli interventi ritenuti necessari ad assicurare un razionale sviluppo territoriale. Se si consentisse al privato di svincolarsi liberamente dal suo obbligo, l’affidamento dell’amministrazione sorto con la sottoscrizione della convenzione urbanistica verrebbe quindi ingiustamente leso.

Queste conclusioni valgono sia nelle ipotesi in cui la convenzione è ancora in tutto o in parte attuabile, anche in modo diverso rispetto all’intervento originariamente programmato, sia in quella in cui l’intervento non sarà mai attuato e, dunque, indipendentemente dall’effettiva trasformazione del territorio.

Più nel dettaglio, secondo il Consiglio di Stato[7], nel caso di una convenzione urbanistica, che contiene impegni liberamente assunti dalle parti, bisogna distinguere:

  • senza dubbio sussiste un indebito oggettivo, e le somme corrisposte vanno restituite, nel momento in cui il titolo, qui rappresentato dalla convenzione, non è mai venuto ad esistenza nel mondo giuridico, ovvero risulta affetto da nullità, ovvero ancora quando la sua efficacia sia venuta meno retroattivamente, come nei casi di annullamento, di risoluzione o di rescissione, perché viene appunto meno la causa giustificativa del trasferimento;
  • quando, invece, il titolo sia efficace e non sia dichiarato nullo, né sia annullato o risolto o rescisso, l’istituto dell’indebito oggettivo (e, quindi, l’obbligo di restituzione in capo al Comune) non trova, in linea di principio, applicazione[8].

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Note

[1] Ex multis: TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, sent. 22 gennaio 2025, n. 66; TAR Lombardia, Milano, sez. IV, sent. 16 maggio 2025, n. 1672 e i riferimenti giurisprudenziali ivi richiamati; TAR Sicilia, Catania, sez. II, sent. 27 gennaio 2017, n. 189.
[2] Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 21 maggio 2024, n. 4510; sez. II, sent. 15 giugno 2021, n. 4633; TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, sent. 22 gennaio 2025, n. 66; TAR Abruzzo, Pescara, sez. I, sent. 3 giugno 2022, n. 219; TAR Umbria, sez. I, sent. 9 settembre 2022, n. 696.
[3] TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, sent. 21 agosto 2023, n. 497.
[4] TAR Piemonte, sez. II, sent. 29 maggio 2024, n. 580.
[5] TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, sent. 5 febbraio 2024, n. 88.
[6] Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 4 ottobre 2019, n. 6668; sent. 15 febbraio 2019, n. 1069; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, sent. 14 maggio 2024, n. 1442.
[7] Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 14 aprile 2025, n. 3175.
[8] Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 3 agosto 2020, n. 4892.

In collaborazione con studiolegalepetrulli.it

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Mario Petrulli

Avvocato (www.studiolegalepetrulli.it), esperto nelle materie dell’edilizia, dell’urbanistica, degli appalti, del diritto degli Enti Locali e del diritto bancario.
Collabora da anni con società di consulenza e formazione agli Enti Locali, case editrici, riviste tecnic…Continua a leggere

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