La realizzazione di una recinzione è un argomento di rilevante interesse pratico e sovente la giurisprudenza è chiamata ad esprimersi su casi concreti. Due recenti pronunce del TAR Lombardia, Brescia, sez. II, ci offrono lo spunto per richiamare i principi ormai consolidati in materia.
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Indice
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Gli interventi edilizi per opere precarie e gli arredi da esterni
Utilizzare al meglio gli spazi esterni è una legittima aspirazione di ogni proprietario e, normalmente, ciò avviene tramite l’installazione di strutture leggere idonee allo scopo: pergolati, tettoie, gazebo ed altri elementi di arredo. Ma quanti si domandano, prima di procedere, se sia necessario o meno premunirsi di un idoneo titolo abilitativo? La presente guida, aggiornata con le ultime novità normative (da ultimo la Legge n. 105/2024, c.d. SALVA CASA) e giurisprudenziali, si pone lo scopo di fornire la definizione delle diverse tipologie di installazioni possibili negli spazi esterni e di individuare il relativo titolo edilizio necessario alla luce della giurisprudenza più recente e del dato normativo: solo così, infatti, sarà possibile evitare errori e conseguenti sanzioni. Lo stile agile e veloce, l’utilizzo di un linguaggio chiaro, unitamente alle immagini e alla rassegna della casistica più interessante rappresentano le caratteristiche del presente volume, utile per professionisti e operatori del diritto, oltreché per tutti coloro che hanno la legittima aspirazione di migliorare i propri spazi esterni. La presente edizione contiene anche una trattazione degli interventi in regime di edilizia libera nelle regioni italiane a statuto ordinario e in quelle a statuto speciale, ivi comprese le Province Autonome di Trento e Bolzano. Mario Petrulli,Avvocato, esperto in edilizia, urbanistica e diritto degli enti locali; collabora con siti giuridici (tra i quali www.ediliziaurbanistica.it) e società di consulenza; è coautore, insieme ad Antonella Mafrica, di pubblicazioni per Maggioli Editore. Titolare dello Studio legale Petrulli (www.studiolegalepetrulli.it)
Mario Petrulli | Maggioli Editore 2024
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Recinzione: quando serve il permesso di costruire?
La sent. 27 giugno 2024, n. 569, ha ricordato che, secondo un noto orientamento, “La realizzazione della recinzione non richiede un idoneo titolo edilizio solo in presenza di una trasformazione che, per l’utilizzo di materiale di scarso impatto visivo e per le dimensioni dell’intervento, non comporti un’apprezzabile alterazione ambientale, estetica e funzionale, con la conseguenza che la distinzione tra esercizio dello ius aedificandi e dello ius excludendi alios ex art. 831 c.c. va rintracciata nella verifica concreta delle caratteristiche del manufatto. In particolare, il permesso di costruire, mentre non è necessario per la mera recinzione con rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno senza muretto di sostegno, lo è quando la recinzione è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica, così rientrando nel novero degli interventi di “nuova costruzione”, concetto comprensivo di qualunque manufatto autonomo ovvero modificativo di altro preesistente, che sia stabilmente infisso al suolo o ai muri di quella preesistente, ma comunque capace di trasformare in modo durevole l’area coperta, ovvero ancora le opere di qualsiasi genere con cui si operi nel suolo e sul suolo, se idonee a modificare lo stato dei luoghi. In altri termini, la valutazione in ordine alla necessità del titolo abilitativo edilizio per la realizzazione di opere di recinzione va effettuata sulla scorta dei seguenti due parametri: natura e dimensioni delle opere e loro destinazione e funzione”[1].
Nel caso specifico affrontato dai giudici bresciani, si era dinanzi ad una recinzione stabilmente infissa su un muretto in calcestruzzo di 55 cm, ricoperto di mattoni, e costituita da pannellature quasi integralmente cieche di altezza pari a mt 1,23; pertanto, alla luce dei principi giurisprudenziali sopra richiamati, secondo i giudici, si era dinanzi ad una “nuova costruzione” o, quanto meno, ad un’opera di “manutenzione straordinaria”, idonea a trasformare in modo durevole l’area coperta e, quindi, necessitante di apposito titolo edilizio.
La posa di una recinzione in zona agricola normata dalle NTA
La seconda pronuncia che segnaliamo ai lettori è la sent. 25 giugno 2024, n. 558, nella quale l’ufficio tecnico aveva ingiunto al proprietario esecutore dei lavori la demolizione delle seguenti opere ritenute abusive:
- posa di una recinzione a confine, realizzata per un primo tratto (circa 60,20 metri) con rete metallica verde a maglie rettangolari avente altezza di 1,60 metri su pali in cemento aventi altezza di 2,75 metri, per un secondo tratto (circa 38,00 metri) con rete metallica verde a maglie rettangolari avente altezza di 1,35 metri su palo in ferro avente altezza di 1,35 metri, e per un terzo tratto (circa 13,00 metri) con rete metallica verde a maglie rettangolari avente altezza di 1,45 metri su palo in ferro avente altezza di 1,45 metri;
- posa di 2 elementi verticali in tubolare metallico aventi dimensioni pari a 0,10×0,10 metri;
- posa di piastre in cemento granigliato per formare dei percorsi all’interno dell’orto, che ha dimensioni di circa 8,00 metri di larghezza e 21,00 metri di lunghezza;
- posa di un acquedotto aereo su tubi metallici in ferro aventi altezza variabile da 3,00 a 4,00 metri per una lunghezza di circa 120,00 metri.
Nel dettaglio, le recinzioni in zona agricola erano disciplinate in modo specifico dal PGT mediante una norma contenuta nelle NTA, la quale stabiliva che “nelle zone agricole le recinzioni dei fabbricati e delle loro pertinenze ad esclusione delle aree coltivate sono ammesse solo mediante essenze arbustive e/o staccionate in legno e/o rete metallica plastificata in colore verde con altezza massima di mt. 1,80. […] Sono consentite le recinzioni per la chiusura del fondo ai sensi dell’art. 841 del codice civile esclusivamente con paletti in legno di altezza non superiore a 1,50 mt., e dovranno essere poste in modo da non recare ostacolo al passaggio della fauna selvatica. Altre tipologie sono ammesse in funzione dell’attività agricola da svolgere all’interno dello spazio recintato”.
Secondo i giudici, questa disposizione bilanciava correttamente il diritto di recinzione riconosciuto dal codice civile con gli interessi pubblici di natura urbanistica e paesistica. In ambito agricolo e, a maggior ragione, in aree di rilievo paesistico e ambientale, la facoltà di recintare è conformabile, fino alla cancellazione, allo scopo di non spezzare la visione degli spazi aperti e di non creare ostacoli al passaggio della fauna selvatica. È, quindi, ragionevole, come ha fatto il Comune con la disposizione contenuta nelle NTA, disciplinare in modo distinto:
– le recinzioni che separano gli edifici residenziali o produttivi e i relativi spazi pertinenziali rispetto agli edifici di altri proprietari;
– le recinzioni che si collocano in aree senza edifici di proprietari diversi, coltivate o ancora naturalizzate.
La prima tipologia di recinzioni poteva prevedere l’impiego di materiali relativamente impattanti, come la rete metallica plastificata, in quanto avente una funzione di protezione e chiusura non dissimile da quella delle recinzioni collocate in aree urbanizzate. La seconda tipologia di recinzioni, invece, richiedeva l’utilizzo di materiali meno invasivi (tipicamente il legno) e presupponeva una verifica di compatibilità con il contesto naturalistico e con l’attività agricola svolta e anche soluzioni costruttive non ostacolanti il passaggio della fauna selvatica.
Secondo i giudici, essendo richieste valutazioni che implicano l’esercizio di discrezionalità tecnica, la posa delle recinzioni non rientra nell’attività edilizia libera ex art. 6 del Testo Unico Edilizia[2] ma esige, se slegata da interventi edilizi maggiori, quantomeno una CILA ai sensi dell’art. 6-bis medesimo Testo Unico; conseguentemente, l’ordine di rimozione è stato ritenuto legittimo nella parte in cui sanzionava le difformità della recinzione rispetto alle prescrizioni della disposizione contenuta nelle NTA.
Le restanti opere, invece, non sono state ritenute sanzionabili: sotto il profilo urbanistico, il posizionamento di elementi verticali in tubolare metallico e di un sistema di irrigazione sospeso poteva essere considerato un intervento di edilizia libera, in quanto comportante solo un minimo movimento terra, senza introduzioni di modifiche permanenti allo stato dei luoghi e (almeno nel caso dell’irrigazione) strettamente funzionale alla coltivazione del fondo.
Note
[1] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 17 ottobre 2023, n. 9022; sent. 7 marzo 2022, n. 1609; sent. 19 dicembre 2019, n. 8600; TAR Sicilia, Palermo, sez. II, sent. 26 febbraio 2024, n. 776; Catania, sez. I, sent. 13 ottobre 2023, n. 3023; TAR Piemonte, sez. II, sent. 30 settembre 2019, n. 1013.
[2] DPR 6 giugno 2001, n. 380.
In collaborazione con studiolegalepetrulli.it
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