Permesso di costruire, serve per una canna fumaria di modeste dimensioni?

Nella rassegna sentenze di oggi tanto permesso di costruire, ma anche oneri di urbanizzazione, legge Tognoli e tipologia di parcheggi per cui vale…

Mario Petrulli 04/02/20

Eccoci al consueto appuntamento con la selezione delle massime di sentenze per le materie dell’edilizia e dell’urbanistica pubblicate la scorsa settimana: permesso di costruire, serve per una canna fumaria di modeste dimensioni? E per un gazebo di dimensioni rilevanti al servizio di attività commerciale? Demolizione/ricostruzione con aumento di volume, come si calcolano gli oneri di urbanizzazioni?

E ancora: Legge Tognoli, per quale tipologia di parcheggi operaSpostare una caldaia e creare un foro di sfogo, sono attività edilizia libera?

Permesso di costruire, serve per una canna fumaria di modeste dimensioni?

TAR Umbria, sez. I, sent. 31 gennaio 2020 n. 41

Non serve il permesso di costruire per una canna fumaria di soli 30 cm. di diametro

Per costante orientamento giurisprudenziale, “la canna fumaria deve ritenersi ordinariamente un volume tecnico e, come tale, un’opera priva di autonoma rilevanza urbanistico-funzionale, per la cui realizzazione non è necessario il permesso di costruire, senza essere conseguentemente soggetta alla sanzione della demolizione (ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 15 dicembre 2010, n. 27380), a meno che non si tratti di opere di palese evidenza rispetto alla costruzione ed alla sagoma dell’immobile, occorrendo solo in tal caso il permesso di costruire” (cfr., ex multis, T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 7 aprile 2016, n. 209).

Ciò considerato, una canna fumaria con un diametro di appena 30 cm, distante da terra oltre 3 mt. ed aderente ad un prospetto secondario di un edificio, è un manufatto le cui caratteristiche tecniche e dimensionali appaiono ininfluenti rispetto al sedime ed alla sagoma dell’edificio e non necessita pertanto del permesso a costruire.

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Gazebo di dimensioni rilevanti al servizio di attività commerciale, che titolo edilizio necessario?

TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sent. 31 gennaio 2020 n. 86

Il gazebo di rilevante dimensioni al servizio di un’attività commerciale non è un manufatto precario e richiede il permesso di costruire

Dal punto di vista tecnico-giuridico il gazebo è caratterizzato da una struttura costruttiva leggera e aperta, che consente il passaggio di luce e aria facilitando l’ombreggiamento e la protezione delle persone durante la sosta. Esso è tipicamente privo di pareti e di un tetto o solaio propriamente detti, ma è dotato di una copertura impermeabile facilmente amovibile.

Un gazebo di circa 30 mq., al servizio di un’attività commerciale, con pilastrini e copertura di materiale plastificato idonei a formare un nuovo volume, risulta agevolmente utilizzabile in via autonoma e separata rispetto all’edificio principale (del quale amplia la fruibilità): risulta destinato a soddisfare esigenze durevoli nel tempo e implica un incremento del carico urbanistico, con un’autonoma identità edilizia.

Conseguentemente, il manufatto non è precario ma richiede il permesso di costruire.

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Demolizione/ricostruzione con aumento di volume, come si calcolano gli oneri di urbanizzazioni?

TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sent. 28 gennaio 2020 n. 75

Nel caso di demolizione di un edificio bifamiliare e ricostruzione di un edificio monofamiliare con aumento di volume, sono dovuti gli oneri di urbanizzazioni solo per il surplus volumetrico realizzato

In generale, il presupposto dell’onerosità della trasformazione edilizia è costituito dal maggior carico urbanistico determinato dall’intervento, per cui l’Ente locale deve richiedere il pagamento degli oneri se il peso insediativo aumenta, mentre non deve chiedere alcunché se non si verifica alcuna variazione.

La demolizione di un edificio bifamiliare e ricostruzione di un fabbricato monofamiliare con aumento di volume realizza un parziale aumento del carico urbanistico: ricorre, pertanto, il presupposto che giustifica l’imposizione del pagamento degli oneri di urbanizzazione limitatamente al surplus realizzato (in termini volumetrici). Come ha rilevato T.A.R. Lazio Roma, sez. II-bis – 12/9/2019 n. 10887, “Il Consiglio di Stato ha, inoltre, precisato al riguardo che “in caso di intervento di ristrutturazione edilizia, dal contributo per gli oneri di urbanizzazione deve essere sottratto l’importo imputabile al carico urbanistico generato dall’edificio preesistente … (cfr. Cons. St., Sez. VI; 2.07.2015 n. 3298)”.

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Legge Tognoli, per quale tipologia di parcheggi opera?

TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sent. 27 gennaio 2020 n. 66

La disciplina speciale prevista dalla c.d. Legge Tognoli vale solo per i parcheggi totalmente interrati

Secondo la prevalente e condivisibile giurisprudenza, la realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell’art. 9 comma 1, l. 24/3/1989 n. 122, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l’intera altezza, opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell’originario piano naturale di campagna. Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un’autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale (cfr. Cons. St., Sez. V, 12 marzo 2013, n. 1480).

È stato infatti chiarito (Cons. Stato, sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2185) che l’art. 9 della l. 24 marzo 1989 n. 122 (cd. legge Tognoli), che consente di realizzare parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se essi sono realizzati nel sottosuolo per l’intera altezza, prevede una regola che, ponendosi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; di guisa che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra (così, in motivazione, C.d.S., VI, 18 gennaio 2019, n. 483; conf. a dimostrazione della risalenza dell’orientamento, id. IV, 11 novembre 2006, n. 6065; id. V, 29 marzo 2004, n. 1662).

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Spostare una caldaia e creare un foro di sfogo, sono attività edilizia libera?

TAR Valle d’Aosta, sent. 27 gennaio 2020, n. 2

Lo spostamento della caldaia e la creazione di un foro di sfogo rientrano nell’attività edilizia libera

Lo spostamento di una caldaia dall’esterno all’interno di un appartamento, con l’incasso della medesima in un’apposita nicchia di pertinenza dell’unità abitativa e relativa creazione di un foro a forma di cunicolo realizzato per lo sfogo di eventuali fughe di gas sono interventi rientranti nell’attività edilizia libera.

In ragione delle finalità, dell’utilizzo concreto e delle loro caratteristiche tecniche, le opere in questione vanno ad integrare un impianto tecnologico, quello di riscaldamento e cioè di una struttura accessoria e pertinenziale all’unità a cui accedono; inoltre per la loro natura non vanno ad alterare le parti dell’edificio in cui sono inserite ma anzi da esse sono assorbite senza che ne possa configurarsi l’avvenuta realizzazione di un intervento disordinato ed incoerente.

Se così è, si è in presenza di un intervento di tipo logistico che per natura, consistenza dimensionale e funzionale e caratteristiche tutte, non ha rilevanza urbanistico-edilizia e quindi perfettamente rientrante nel perimetro della nozione di opere di manutenzione ordinaria, cioè di un’attività edilizia libera, non sottoposta al regime del previo rilascio del titolo edilizio abilitativo (cfr, da ultimo, TAR Campania Salerno Sez. II n. 55 del 13/1/2020).

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Vi è poi coincidenza con la nozione di manutenzione ordinaria recata dall’Allegato A della DGR n. 1759 del 5 dicembre 2014 recante le diverse tipologie di interventi edilizi, lì dove in tale voce si annoverano “interventi volti ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici con materiali e finiture analoghi a quelli esistenti, purché ciò non comporti modificazioni delle strutture o dell’organismo edilizio ovvero la costruzione di nuovi locali”, esattamente come avvenuto nel caso di specie.

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

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