Pergotende liberamente installabili e non: due nuove sentenze

Le pergotende continuano ad essere materia di contenzioso, per questo vediamo due nuove sentenze che trattano due casi che hanno avuto soluzioni opposte.

Mario Petrulli 10/02/25

Le pergotende continuano ad essere materia di contenzioso, nonostante i punti fermi raggiunti dalla giurisprudenza negli ultimi anni e di recente codificati dal legislatore nel nuovo testo dell’art. 6, comma 1, lett. b-ter, del Testo Unico Edilizia (DPR n. 380/2001).

Segnaliamo ai lettori due pronunce in cui si sono avuti due casi con soluzioni opposte.

Indice

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La conversione in legge n. 105/2024 del c.d. Decreto Salva Casa (decreto legge n. 69/2024) di riforma del Testo Unico dell’Edilizia ha reso necessario un aggiornamento di questa apprezzata guida operativa per tecnici e professionisti legali, giunta alla VI edizione.  Anche la presente edizione mantiene uno stile agile ed un taglio pratico, offrendo una panoramica sulle attività di natura edilizia che non abbisognano di un titolo abilitativo e di quelle per le quali è sufficiente una comunicazione inizio lavori asseverata (CILA). Sono stati mantenuti ed aggiornati tutti i riferimenti alla legislazione regionale, estremamente utili per definire correttamente l’operatività dell’attività edilizia libera ed alla casistica giurisprudenziale, di ausilio per la soluzione di eventuali dubbi. Mario Petrulli Avvocato (www.studiolegalepetrulli.it), esperto in edilizia, urbanistica, appalti e diritto degli enti locali, consulente e formatore, autore di pubblicazioni per Maggioli Editore.

Mario Petrulli | Maggioli Editore 2025

Tenda con tensostruttura al servizio di ristorante: non è una pergotenda liberamente installabile

Come ricordato dal TAR Lombardia, Milano, sez. IV, nella sent. 18 gennaio 2025, n. 185, perché si possa correttamente parlare di pergotende liberamente installabili, “è necessario che l’opera, per le sue caratteristiche strutturali e per i materiali utilizzati, non determini la stabile realizzazione di nuovi volumi/superfici utili. Deve, quindi, trattasi di una struttura leggera, non stabilmente infissa al suolo, idonea a supportare una “tenda”, anche in materiale plastico (c.d. “pergotenda”), a condizione che:
– l’opera principale sia costituita, appunto, dalla “tenda” quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata a una migliore fruizione dello spazio esterno;
– la struttura rappresenti un mero elemento accessorio rispetto alla tenda, necessario al sostegno e all’estensione della stessa;
– gli elementi di copertura e di chiusura (la “tenda”) siano non soltanto facilmente amovibili ma anche completamente retraibili, in materiale plastico o in tessuto, comunque privi di elementi di fissità, stabilità e permanenza tali da creare uno spazio chiuso, stabilmente configurato che possa alterare la sagoma ed il prospetto dell’edificio “principale” (Cons. Stato, sez. IV, 1 luglio 2019, n. 4472; sez. VI, 3 aprile 2019, n. 2206; sez. VI, 9 luglio 2018, n. 4177; sez. VI, 25 dicembre 2017, n. 306; sez. VI, 27 aprile 2016. n. 1619). In altri termini, per aversi una “pergotenda” e non già una “tettoia”, è necessario che l’eventuale copertura in materiale plastico sia completamente retrattile, ovvero “impacchettabile”, così da escludere la realizzazione di nuovo volume (su tale punto, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2021, n. 3393; Cons. Stato, sez. II, 28 gennaio 2021 n. 840)[1].

Conseguentemente, secondo i giudici milanesi, non è una pergotenda liberamente installabile una tenda retraibile per ombreggiare una parte del cortile di pertinenza di un ristorante, avente dimensioni di circa 15,55 m x 2,55 m e un’altezza variabile da 2,45 m a 3,25 m e costituita da “1) Tenda scorrevole in plastica; 2) Porta con intelaiatura in plastica priva di serratura con apertura a ventaglio; 3) Recinzione lignea costituita da bancali posizionati in verticale; 4) Tensostruttura in alluminio fissata al suolo e imbullonata al fabbricato”.

La configurazione strutturale del manufatto e la sua destinazione a esigenze permanenti nel tempo non consentono di qualificarlo come un’opera precaria rientrante nell’edilizia libera, ma ne subordinano la realizzazione all’acquisizione di un permesso di costruire, considerato anche il collegamento funzionale con l’attività di ristorazione svolta nei locali dell’immobile cui accede. Né possiamo parlare di precarietà[2] del bene, considerate le sue caratteristiche strutturali e la destinazione funzionale impressa al medesimo, ossia l’attitudine a soddisfare esigenze stabili nel tempo, anche di carattere periodico; il manufatto in questione non risulta in concreto deputato a un uso per fini contingenti, ma viene destinato a un utilizzo protratto e reiterato nel tempo, ovvero allo svolgimento di un’attività commerciale, e pertanto rientra nel novero delle nuove costruzioni[3], dovendo rispettare le regole legate a tali interventi e richiedendo il rilascio del titolo edilizio (nel caso specifico, permesso di costruire).

Le pergotende con vetrate laterale precarie

Come ribadito dal Consiglio di Stato, sez. VI, nella sent. 27 gennaio 2025, n. 607, le pergotende rappresentano interventi di edilizia libera qualora rimanga il preesistente utilizzo esterno dei luoghi, di cui venga solo valorizzata la fruizione con un riparo temporaneo dal sole, dalla pioggia, dal vento e dall’umidità rendendo più gradevole per un maggior periodo di tempo la permanenza all’esterno[4], senza creare un ambiente in alcun modo assimilabile a quello interno, a causa della mancanza della necessaria stabilità, di una idonea coibentazione termica e di un adeguato isolamento dalla pioggia, dall’umidità e dai connessi fenomeni di condensazione[5]. La pergotenda, infatti, in tali casi, non presenta caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio, in ragione della inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato[6].

Pur a fronte di oscillazioni giurisprudenziali, il Consiglio di Stato ha già affermato che può rientrare nell’attività edilizia libera anche la pergotenda a cui è aggiunta una chiusura perimetrale precaria[7]. Difatti, l’art. 6 del D.P.R. 380 del 2001 stabilisce che tra le attività di edilizia libera rientrano gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici, categoria nella quale, nelle indicazioni dell’allegato al D.M. 2 marzo 2018 “Glossario contenente l’elenco non esaustivo delle principali opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera”, al n. 50, sono incluse le pergotende, le cui caratteristiche sono riportate dalla giurisprudenza alla mancanza di elementi di fissità, stabilità e permanenza di chiusura degli spazi esterni finalizzata ad una migliore fruizione degli stessi.

Secondo i giudici di Palazzo Spada, le vetrate laterali non fanno perdere alla struttura le caratteristiche di precaria delimitazione dello spazio esterno né trasformano lo spazio esterno, in quanto ne rendono solo maggiore la vivibilità, secondo le indicazioni elaborate dalla giurisprudenza con riferimento alle pergotende. Manca, infatti, in tal caso quella attività di trasformazione dell’organismo edilizio che caratterizza la ristrutturazione edilizia, in quanto il terrazzo mantiene la sua originaria funzione di spazio esterno e viene reso maggiormente fruibile proprio in quanto area pertinenziale dell’appartamento.

Diverso il caso in cui l’area esterna, oltre che delimitata da vetrate richiudibili ed amovibili, venga collegata agli impianti dell’appartamento e dotata di riscaldamento o di altri impianti di areazione, in quanto, in tal caso, muterebbe significativamente la destinazione funzionale dello spazio.
La copertura retrattile e la chiusura con le vetrate laterali, apribili e facilmente amovibili, non fa venire meno la destinazione esterna dello spazio, di contenute dimensioni, così delimitato. Infatti, le vetrate laterali non fanno perdere alla struttura la sua natura precaria né trasformano lo spazio esterno, in quanto ne rendono solo maggiore la vivibilità secondo le indicazioni elaborate dalla giurisprudenza con riferimento alle pergotende.

Note

[1] Consiglio di Stato, sez. II, sent. 6 giugno 2023, n. 5567 e sent. 15 marzo 2024, n. 2503; sez. VI, sent. 20 novembre 2024, n. 9332; sent. 18 ottobre 2024, n. 8349 e sent. 23 luglio 2024, n. 6631; cfr. altresì Cass. pen., sez. III, sent. 28 ottobre 2024, n. 39596.
[2] Secondo la consolidata giurisprudenza, “la precarietà dell’opera, che esonera dall’obbligo del possesso del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e. 5, D.P.R. n. 380 del 2001, postula infatti un uso specifico e temporalmente delimitato del bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al soddisfacimento di esigenze (non eccezionali e contingenti, ma) permanenti nel tempo. Non possono, infatti, essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati a un’utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l’alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante” (Consiglio di Stato, sez. VII, sent. 12 dicembre 2022, n. 10847; sez. VI, sent. 5 luglio 2024, n. 5977; sent. 4 marzo 2024, n. 2086; sent. 27 maggio 2021, n. 4096; TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 17 dicembre 2021, n. 2837; sent. 21 luglio 2020, n. 1394; sent. 18 giugno 2019, n. 1408; sent. 4 luglio 2019, n. 1529; TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, sent. 28 giugno 2016, n. 655).
[3] Consiglio di Stato, sez. II, sent. 15 marzo 2024, n. 2503.
[4] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 28 dicembre 2022, n. 11530.
[5] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 27 aprile 2021, n. 3393.
[6] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 29 novembre 2019, n. 8190; sent. 25 maggio 2020, n. 3309; sent. 3 aprile 2019, n. 2206.
[7] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 3 aprile 2019, n. 2206; sent. 14 ottobre 2019, n. 6979; sent. 29 novembre 2019, n. 8190.

In collaborazione con studiolegalepetrulli.it

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