Legge di Bilancio 2018: equo compenso, come può cambiare?

Nella Legge di Bilancio 2018, uscita dal Senato e che entro questa settimana va all’esame della Camera, c’è spazio per alcune modifiche sull’equo compenso. Quali cambiamenti bisognerebbe fare?

Nel decreto fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2018 e approvato settimana scorsa, è stato dato il via libera alla norma sull’equo compenso e con lei è stato avviato il tentativo da parte dello Stato di fermare le distorsioni chein questi anni hanno trasformato il lavoro professionale in merce.

È il pensiero di Francesco Boccia (presidente commissione Bilancio Camera), che, nel corso della manifestazione del 30 novembre – “L’equo compenso. Un diritto”, organizzata dalla Rete delle Professioni Tecniche (RPT) e dal Comitato Unitario degli Ordini e Collegi Professionali (CUP) presso il Teatro Brancaccio di Roma – ha sottolineato anche che nel passaggio alla Camera della legge di Bilancio 2018 ci sono  poi tutte le condizioni per intervenire ancora sull’equo compenso per eventuali miglioramenti.

Equo compenso nella Legge di Bilancio 2018: un nuovo inizio

Si tratta di un “nuovo inizio” dice Boccia, che riguarda le professioni in un sistema capitalistico completamente cambiato. Il lavoro in generale, e in particolare quello dei professionisti, non può e non deve mai essere considerato merce e deve essere retribuito in maniera proporzionale all’attività svolta.

Dietro al lavoro dei professionisti ci sono strutture, storia, competenze, studi, collaboratori. Dietro alla risposta che il professionista fornisce al cliente c’è un mondo e una storia che non può essere stracciata in nome della massimizzazione del profitto delle grandi imprese, o addirittura della Pubblica Amministrazione, vale a dire dello Stato. Imprese e PA non possono avere regole diverse.

“L’approvazione della norma sull’equo compenso è la prima grande vittoria politica dei professionisti dai tempi delle lenzuolate di Visco-Bersani, cioè dal 4 luglio 2006. Non si può certo dire che la disciplina contenuta nel decreto legge fiscale collegato alla legge di bilancio 2018, votata giovedì scorso dal parlamento, sia un esempio di chiarezza o di completezza, o che risolva tutti i problemi legati all’abuso di posizione dominante di certi enti o società nei confronti dei professionisti” (Marino Longoni, Professioni all’anno zero, Italiaoggi.it)

Ma “per la prima volta si mettono nero su bianco le clausole vessatorie dalle quali consegue la nullità parziale del contratto” (ivi). “Ciò non toglie che la norma sull’equo compenso sia solo un primo passo e non possa certamente considerarsi soddisfacente” (ivi).

Equo compenso: i problemi da risolvere per primi

Ci sono, appunto, questioni molto urgenti da risolvere, che si riferiscono alla sovrapposizione delle norme sull’equo compenso con l’articolo 36 della Costituzione, con quelle del Jobs act autonomi (legge 81/2017) e con il Codice degli appalti (dlgs 50/2016).

Bisogna rafforzare il collegamento tra equo compenso e parametri ministeriali per renderli un criterio di riferimento vincolante. Boccia ha dichiarato: “Siamo al lavoro sull’emendamento che presenteremo nel passaggio alla Camera del Ddl di bilancio“.

C’è poi il problema legato alla prescrizione dell’azione di nullità del contratto, di soli 24 mesi a partire dalla sottoscrizione dello stesso.

E c’è il problema dell’estensione a tutti i professionisti di norme che erano state pensate solo per gli avvocati. All’inizio, infatti, l’equo compenso era stato pensato solo per loro. Da questo, due problemi: 1) non si capisce come si possano applicare alle professioni non ordinistiche parametri che per loro non esistono; 2) dubbi sull’applicazione della disciplina per le pubbliche amministrazioni.

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Redazione Tecnica

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