Il fastidio che si avvertiva nel passato a causa degli appelli della nostra categoria a tutelare il territorio si sta, fortunatamente, attenuando ed è subentrato un atteggiamento da parte del mondo della politica decisamente più costruttivo. Certamente, però, il percorso è ancora lungo e non mancano gli ostacoli.
A parlare così è Carlo Malgarotto, presidente dell’Ordine regionale dei Geologi della Liguria, uno dei territori più belli, ma anche più fragili, del nostro Paese. Il numero uno dei Geologi liguri, che rifiuta per i Geologi l’etichetta di “Cassandra”, la mitica profetessa troiana condannata a non essere mai creduta nonostante le previsioni sempre esatte, parla di cosa è stato fatto (e cosa non è stato fatto) a oltre sei mesi dalle alluvioni che hanno sconvolto la Città di Genova e i territori limitrofi.
Mauro Ferrarini. Presidente, subito dopo gli eventi che hanno gravemente colpito il capoluogo della sua Regione si è parlato di attivare immediatamente fondi e infrastrutture per “mettere in sicurezza” il Bisagno e gli altri fiumi della città. Oggi com’è la situazione?
Carlo Malgarotto. È una situazione in chiaroscuro. Da un lato, infatti, sono iniziati i lavori per le grandi opere come lo scolmatore del torrente Bisagno che sarà terminato fra alcuni anni, trattandosi di un intervento complesso e imponente; ma quello che manca ancora è tutto l’insieme dei micro interventi a monte che consentano alle infrastrutture più grandi di funzionare correttamente.
Mauro Ferrarini. Bé, lo scolmatore dovrebbe prevenire il rischio di nuovi disastrosi allagamenti …
Carlo Malgarotto. Certamente è quella la funzione dello scolmatore, ma non bisogna dimenticare che si tratta di un’opera pensata per gestire gli eccessi di acqua. Lungo i torrenti durante le ondate di piena viaggiano anche detriti di varia natura e se non si prevede una manutenzione accurata da un lato e un lavoro a monte con interventi di controllo sul territorio, anche lo scolmatore più efficiente rischia di diventare inutile in poco tempo. Sullo scolmatore del Bisagno queste osservazioni sono state già sollevate anche in sede di esame dell’opera presso il Consiglio superiore dei Lavori pubblici.
Mauro Ferrarini. E quali sarebbero quindi questi interventi da realizzare a monte delle grandi infrastrutture?
Carlo Malgarotto. Come le ho detto, si tratta di lavori di piccola manutenzione e controllo. Per avere la certezza che la situazione sperimentata lo scorso autunno non si ripeta, occorre soprattutto che arrivi una quantità di acqua minore a valle. Oggi, con le opere di edilizia realizzate in maniera scriteriata e con lavori di regimazione delle acque realizzati in modo approssimativo, il terreno ha perduto la sua capacità di trattenere le acque e farle percolare, evitando le ondate di piena i cui effetti dannosi sono stati ampiamente dimostrati a Genova.
Prevenire tutto questo significa, in concreto, programmare interventi anche di facile realizzazione come la creazione di vasche di trattenuta acque, interventi sui terreni più impermeabili per facilitare il percolamento delle acque nel sottosuolo e tanti altri interventi come il rifacimento dei muretti a secco crollati e il ripristino delle strade forestali che rappresentano tante piccole criticità che, risolte, consentirebbero la piena funzionalità degli scolmatori di valle.
E sul versante della prevenzione c’è un altro discorso da fare …
Mauro Ferrarini. Prego.
Carlo Malgarotto. Grazie ai piani di bacino, i piani regolatori e altri strumenti, oggi noi abbiamo un’idea sufficientemente chiara della situazione delle zone più fragili del nostro territorio: dalle frane alle aree a rischio di smottamenti ed erosione. Su questi siamo perlomeno in grado di attivare azioni per controllare eventuali effetti dannosi per l’ambiente e per le persone.
Ma se vogliamo davvero parlare seriamente di prevenzione, occorrerebbe anche agire sulle zone dove non ci sono frane, perlomeno non ancora, ma su cui piccoli interventi a costo contenuto sarebbero in grado di garantire la sicurezza con risparmio di ingenti risorse a disastro avvenuto.
Mauro Ferrarini. Un esempio?
Carlo Malgarotto. Rilevare e intervenire su tutte quelle situazioni, ormai ben conosciute dai geologi, legate all’interazione tra fenomeni naturali e infrastrutture, come ad esempio le strade in collina o le tombinature dei torrenti, che, in occasione di arrivo di colate rapide, possono facilmente intasarsi con le conseguenze che abbiamo visto ad esempio alle Cinque Terre nel 2011.
Mauro Ferrarini. In questo senso, come categoria, avete promosso la figura del Geologo di Zona … ha novità al riguardo?
Carlo Malgarotto. Non perdiamo la speranza, anche se la proposta è ferma in Parlamento. L’accordo c’è, ma mancano le coperture finanziarie. Il problema è anche quello che allo stato attuale gli enti sono sguarniti di tecnici. Geologi, ingegneri, architetti sono un’esigua minoranza nell’organico della pubblica amministrazione. La Regione Liguria, per esempio, ha appena 4 geologi alle proprie dipendenze.
In questo frangente va detto che, almeno, qualcosa si muove. Il Comune di Genova, per esempio, ha già varato un piano di assunzioni per il 2015 che prevede l’arruolamento di una squadra di tecnici, tra cui i Geologi. È un segnale positivo, ma non sufficiente. Sarebbe necessario infatti una serie di figure, i Geologi di Zona per l’appunto, dotati di profonda conoscenza del territorio loro assegnato e in grado di programmare interventi e di dare istruzioni in caso di eventi calamitosi per evitare ulteriori danni … un po’ come avviene con i presidi idrogeologici in alcune Regioni del Sud.
Mauro Ferrarini. Parlando del nostro Mezzogiorno, è ancora recente la notizia del crollo del pilone dell’autostrada Palermo Catania. La frana era conosciuta, perché non si è fatto nulla?
Carlo Malgarotto. Purtroppo la frana alla quale lei si riferisce era già cartografata e conosciuta da tempo, come altre di cui la nostra categoria continua periodicamente a segnalare la pericolosità … purtroppo resta il fatto che noi Geologi siamo considerati dei “guastafeste”, perché lanciamo messaggi di attenzione sul rischio di costruire in zone non idonee. Poi però la gente muore o ci troviamo una regione divisa in due …
Mauro Ferrarini. Rischiate di fare la figura delle Cassandre …
Carlo Malgarotto. Fino a qualche anno fa era proprio così. I nostri appelli alla prudenza e le nostre segnalazioni erano vissute dai nostri interlocutori degli enti con un certo fastidio. Ci accusavano di impedire la crescita e di mettere dei paletti allo sviluppo economico. Oggi la situazione è per fortuna molto diversa. #Italiasicura, per esempio, è un deciso passo avanti nell’ottica della prevenzione del dissesto idrogeologico e della tutela del nostro territorio. All’interno della task force è stata pesantemente coinvolta anche la nostra categoria e il presidente nazionale dei Geologi, Gianvito Graziano, ne fa parte attiva.
Tra le attività a mio avviso più importanti è da segnalare l’elaborazione di linee guida per la progettazione che obblighino a tenere conto per qualsiasi opera degli effetti che questa potrebbe provocare sul territorio circostante. In questo documento, in fase di elaborazione, rivestono una notevole valenza le scienze della terra e lo studio delle interazioni tra i manufatti dell’uomo e il terreno… un modo serio per evitare che la pezza sia peggiore del buco.
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