La Gestione rifiuti non autorizzata è reato solo se realizzata da un imprenditore oppure dal titolare di un ente. Il dlgs 152/2006, al comma 1 dell’articolo 256, dichiara punibile “chiunque effettua un’attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208-216 dello stesso Codice Ambientale”.
La Cassazione sostiene nella sentenza 29992/2014 che l’interpretazione corretta di questo dlgs si ottiene solo contestualizzando testo: il reato di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio o intermediazione illecita di rifiuti è contestabile solo a chi riveste la qualifica di imprenditore oppure titolare di un ente. La Corte indica come illecito il commercio ambulante di rifiuti se condotto da soggetto diverso da “dettagliante”, se non ha il titolo abilitativo all’attivitá di impresa, su residui diversi dagli autorizzati.
L’attività condotta senza il supporto dei titoli abilitativi ambientali previsti dal dlgs 152/2006 integra il reato di “gestione di rifiuti non autorizzata” ex articolo 256, comma 1, dello stesso dlgs, se è realizzata da un imprenditore.
In base alla nuova sentenza, quindi, non sono sanzionabili come “gestione di rifiuti non autorizzata” quelle assolutamente occasionali e condotte da soggetti che non sono inquadrabili né come imprese né come enti.
Con la sentenza 19111/2013 la stessa Corte aveva fissato precisi limiti al regime di eccezione per la gestione rifiuti non autorizzata, confinandolo alla sola raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi da parte di “commercianti al dettaglio”.
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