Condomino si rifiuta di pagare per vizi dei lavori appaltati: è legittimo?

È frequente che alcuni condomini nell’ambito di lavori di ristrutturazione del caseggiato lamentino la mancata esecuzione delle opere a regola d’arte e si rifiutino di corrispondere le quote condominiali… Un caso recente esaminato dalla Corte di Cassazione

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È frequente che alcuni condomini nell’ambito di lavori di ristrutturazione del caseggiato lamentino la mancata esecuzione delle opere a regola d’arte. Accade spesso, però, che l’impresa cerchi di raggiungere un accordo con la collettività condominiale evitando così la lite giudiziaria.

Coloro che non ritengono soddisfacente l’intesa raggiunta potrebbero arrivare a reagire contro gli altri partecipanti al condomino, rifiutandosi di corrispondere le quote condominiali. Tale comportamento però non è legittimo. La questione è stata recentemente esaminata dalla Corte di Cassazione.

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Appalto e eccezione di inadempimento del condominio

Si può affermare che, in caso di appalto di opere relativo alle parti condominiali non eseguite a regola d’arte, il condominio ha l’onere di provare la fonte delle pretese vantate in giudizio, ossia la sussistenza di un valido contratto di appalto concluso con la controparte, sostenere l’inadempimento (cioè i vizi dell’opera) e provare il danno subito per effetto di essi.

Di contro, è onere di parte convenuta (l’impresa) provare di aver esattamente adempiuto alle obbligazioni su di essa gravanti, ossia di aver eseguito correttamente e a regola d’arte l’incarico o le lavorazioni commissionategli o ancora, che tale inadempimento sia derivante da causa non imputabile. x

Il committente-condominio può legittimamente rifiutare o subordinare il pagamento del corrispettivo all’eliminazione dei vizi dell’opera, invocando l’eccezione di inadempimento, di cui all’art. 1460 c.c., in quanto istituto di applicazione generale in materia di contratti a prestazioni corrispettive, purché il rifiuto di adempiere non sia contrario alla buona fede, spettando al giudice del merito accertare se la spesa occorrente per l’eliminazione delle difformità sia proporzionata a quella che il committente rifiuta di corrispondere all’appaltatore o che subordina a tale eliminazione.

Allo stesso modo l’appaltatore, a fronte dell’inadempimento del committente all’obbligazione di corrispondere gli acconti sul corrispettivo, può a sua volta fondatamente avvalersi dell’eccezione di inadempimento e non proseguire le opere a lui commesse (salva la inoperatività della stessa nel caso di opponibilità della clausola contrattuale “solve et repete” ex art. 1462 c.c.).

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I chiarimenti della Cassazione

La vicenda esaminata dalla Suprema Corte prendeva l’avvio quando un condomino – che lamentava il mancato completamento dei lavori al piano terreno – si opponeva al decreto ingiuntivo richiesto ed ottenuto dal condominio per la riscossione della quota di spese relative a lavori di manutenzione straordinaria della facciata del caseggiato (opere regolarmente approvate in assemblea).

Il Giudice di Pace prima e il Tribunale dopo, rigettavano l’opposizione in quanto fondata unicamente sull’eccezione di inadempimento contrattuale ex art. 1460 c.c. sollevata verso il condominio, nei cui confronti il condomino non ha alcun rapporto “sinallagmatico”. La Cassazione ha dato pienamente ragione al condominio. Come hanno ricordato i giudici supremi il singolo condomino non è titolare nei confronti del condominio di un diritto di natura “contrattuale” relativo alla corretta esecuzione dei lavori di manutenzione del fabbricato affidati ad un appaltatore (eventualmente esercitabile mediante eccezione di inadempimento rispetto alla domanda di pagamento delle spese condominiali).

In altre parole non è possibile confondere le obbligazioni esistenti tra il condominio e i terzi fornitori/appaltatori e quelle tra il singolo condomino e il condominio. Del resto la delibera di approvazione delle opere di manutenzione straordinaria, adottata dall’assemblea e divenuta inoppugnabile, fa sorgere l’obbligo dei condomini di pagare al condominio i contributi dovuti, rimanendo indipendenti l’obbligazione del singolo partecipante verso il condominio e le vicende del condominio verso i suoi creditori/fornitori.

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I precedenti della Cassazione

Alla luce delle considerazioni precedenti risulta chiaro che qualora il singolo condominio pagasse direttamente nelle mani del terzo appaltatore, tale pagamento non sarebbe in alcun modo idoneo ad estinguere il debito “pro quota” dello stesso verso il condominio relativo ai contributi ex art. 1123 c.c. (Cass. civ., sez. VI, 17/02/2014, n. 3636). Il singolo deve perciò sempre e comunque pagare all’amministratore, salva l’insorgenza, in sede di bilancio consuntivo, di un credito da rimborso per gli avanzi di cassa residuati (Cass. Sez. 2, 29/01/2013, n. 2049).

Allo stesso modo il condomino non può ritardare il pagamento delle rate di spesa in attesa dell’evolvere delle relazioni contrattuali tra condominio e l’appaltatore (che discutono sull’importo finale del prezzo d’appalto). Scaricherebbe altrimenti sugli altri condomini gli oneri del proprio ritardo nell’adempimento.

Articolo di Giuseppe Bordolli, consulente legale condominialista 

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Immagine: iStock/FabrikaCr

Giuseppe Bordolli

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