Chiusura balcone in condominio, non sempre sicurezza e decoro sono compromessi: un caso recente

Se le opere realizzate dal singolo condominio sono messe in discussione dagli altri condomini, spetta al giudice del merito verificare se l’opera realizzata su parte di proprietà individuale abbia determinato una lesione alla stabilità, sicurezza, o al decoro architettonico del palazzo.

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L’art. 1122 c.c., comma 1, vieta a ciascun condomino, nell’unità immobiliare di sua proprietà, l’esecuzione di opere che rechino danni materiali alle parti condominiali.

Tuttavia il nuovo articolo 1122 c.c. estende l’operatività della norma anche alle opere realizzate nella proprietà esclusiva, idonee a ledere il decoro architettonico dell’edificio.

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Qualora le opere realizzate dal singolo condominio nella sua unità immobiliare siano messe in discussione dagli altri condomini e nasca una lite giudiziaria, spetta al giudice del merito, verificare se l’opera realizzata su parte di proprietà individuale abbia determinato una lesione alla stabilità, sicurezza, o al decoro architettonico del palazzo. Sembra utile analizzare un caso pratico recentemente preso in considerazione dal Tribunale di Aosta.

Indice

Ristrutturazione di appartamento al piano terra con chiusura di due balconi: la vicenda

Un condomino realizzava lavori di ristrutturazione del proprio appartamento al piano terra, consistenti nell’apertura di due porte finestre sulla facciata condominiale del lato nord, creazione di un accesso diretto alla propria abitazione dal marciapiede condominiale al lato nord, chiusura parziale del balcone lato est e chiusura totale del balcone lato sud.

Il condominio si rivolgeva al Tribunale lamentando che tali lavori, non autorizzati dall’assemblea, avevano comportato il cambio di destinazione dei due terrazzi (diventate due stanze munite di tramezze interne) e compromesso la sicurezza e stabilità dell’edificio condominiale per i maggiori carichi.

Lo stesso attore riteneva che le opere realizzate dal convenuto avessero modificato la sagoma dell’edificio condominiale con alterazione del decoro architettonico. L’attore pertanto chiedeva che il convenuto fosse condannato al ripristino dello status quo ante, in subordine al pagamento delle somme necessarie per la messa in sicurezza dell’edificio condominiale, in ogni caso oltre al risarcimento del danno, da stabilirsi anche in via equitativa.

Il convenuto rilevava, tra l’altro,  che per le opere effettuate non era necessaria alcuna verifica strutturale; che la sagoma dell’edificio non veniva alterata in quanto la dimensione dei balconi (e pertanto la sagoma dell’edificio) non veniva modificata; che la chiusura dei balconi non aveva inciso sulle parti comuni dell’edificio; che la facciata era già stata modificata dal altri condomini (con la chiusura dei balconi con delle vetrate9; che l’apertura di porte o finestre sul muro perimetrale non ledeva il diritto degli altri condomini di fare pari uso del bene; che la domanda risarcitoria del condominio era del tutto infondata.

La decisione

Alla luce della CTU elaborata nel corso del procedimento, il Tribunale ha affermato che l’intervento realizzato dal convenuto non ha inciso sulla stabilità e sicurezza dell’edificio nel suo complesso, mentre i balconi sono risultati senza i requisiti di sicurezza minimi. A tale proposito il giudicante (trattandosi di parte di proprietà esclusiva) ha evidenziato come sia onere del singolo condomino porre in essere le opere necessarie al raggiungimento dei suddetti requisiti. In ogni caso, posto che non è risultata compromessa la stabilità e la sicurezza dell’edificio nel suo complesso, è stata respinta la domanda di riduzione in pristino e di risarcimento del danno.

Lo stesso giudicante ha rilevato che non è stato danneggiato il decoro dell’edificio in quanto l’opera è risultata perfettamente mimetizzata ed in armonia con le linee e le forme architettoniche del palazzo. Ciò perché l’intervento è avvenuto sul filo dei balconi esistenti e, pertanto, entro la sagoma definita dal manufatto preesistente, mentre i materiali impiegati materiali sono risultati coerenti con quelli utilizzati originariamente per la costruzione dell’edificio ed in accordo con lo stile delle costruzioni di montagna, nonché con le indicazioni contenute nel parere paesaggistico.

Pertanto, il giudice valdostano ha escluso che la modifica abbia causato conseguenze pregiudizievoli sul contesto paesaggistico o sull’aspetto architettonico dell’edificio: in altre parole l’intervento nel caso preso in esame ha rispettato l’aspetto e il decoro architettonico dell’edificio (vi è stato perciò un uso legittimo della cosa comune ai sensi dell’art. 1102 c.c.). Non essendo stata compromessa la stabilità e la sicurezza dell’edificio nel suo complesso o il decoro architettonico del caseggiato, la domanda di ripristino e risarcimento del danno è stata respinta (Trib. Aosta 4 marzo 2024 n. 60). 

Giuseppe Bordolli

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