Il contribuente perde il diritto ad usufruire delle agevolazioni fiscali previste nel caso in cui un’abitazione sia stata acquistata con i benefici prima casa qualora venga venduta o donata entro il periodo di cinque anni dalla data di acquisto, salvo non riacquisti un altro immobile, anche a titolo gratuito, entro un anno e non lo destini in tempi ragionevoli a propria abitazione principale. Non è sufficiente la stipula di un compromesso entro l’anno per soddisfare il requisito necessario per mantenere le agevolazioni. In difetto del riacquisto, l’Amministrazione finanziaria può procedere alla revoca dei benefici fiscali previsti per la prima casa, ovvero può recuperare l’imposta nella misura ordinaria, entro il termine di tre anni che decorrono dalla scadenza dell’anno successivo all’alienazione medesima, poiché solo decorso tale termine senza aver effettuato un nuovo acquisto il contribuente perde definitivamente il diritto alle agevolazioni di cui aveva goduto sul primo acquisto in via provvisoria. Così ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 20265 del 31/07/2018.
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Agevolazioni prima casa: disciplina
L’agevolazione prima casa può essere usufruita in caso di acquisto, a titolo oneroso o gratuito, di abitazioni che rientrano esclusivamente nelle seguenti categorie catastali:
– A/2 (abitazioni di tipo civile)
– A/3 (abitazioni di tipo economico)
– A/4 (abitazioni di tipo popolare)
– A/5 (abitazioni di tipo ultra popolare)
– A/6 (abitazioni di tipo rurale)
– A/7 (abitazioni in villini)
– A/11 (abitazioni e alloggi tipici dei luoghi).
Salvo eccezioni particolari, il contribuente per fruire delle agevolazioni prima casa deve possedere questi requisiti:
– Essere residente nel comune dove è ubicato l’immobile oggetto dell’acquisto con le agevolazioni,
– Aver dichiarato nell’atto di non possedere la titolarità di diritti di proprietà, usufrutto, uso o abitazione su un’altra unità abitativa ubicata nello stesso comune dell’immobile da acquistare, in via esclusiva o in comunione con il coniuge,
– Aver dichiarato nell’atto di non possedere la titolarità, neppure per quote, di diritti di proprietà, usufrutto, uso o abitazione e nuda proprietà su altre abitazioni acquisite con le stesse agevolazioni, sull’intero territorio nazionale.
Al momento della registrazione dell’atto di acquisto, le agevolazioni che consistono nella riduzione dell’imposta di registro dal 9% al 2% e dell’IVA, se prevista, dal 10% al 4%, sono applicate in seguito alla semplice richiesta di chi acquista la casa.
Agevolazioni prima casa: cause di decadenza
Il contribuente perde il diritto a beneficiare delle agevolazioni nei seguenti casi:
– Se rilascia dichiarazioni false nell’atto di acquisto in relazione alle condizioni necessarie per fruire delle agevolazioni
– Se non trasferisce la residenza nel comune in cui è situata l’abitazione entro 18 mesi dall’acquisto della casa
– Se cede, a titolo oneroso o gratuito, il fabbricato oggetto delle agevolazioni prima che siano decorsi cinque anni dall’acquisto del medesimo, a meno che non riacquisti un altro immobile da adibire a propria abitazione principale entro un anno dalla vendita.
La perdita delle agevolazioni comporta il pagamento delle imposte ordinarie oltre all’applicazione di una sanzione di importo corrispondente al 30% della differenza d’imposta da pagare e anche l’addebito degli interessi di mora.
Inoltre l’Amministrazione finanziaria può richiedere la maggiore imposta sugli atti soggetti a registrazione entro il termine di tre anni che decorre, nella maggior parte delle ipotesi, dalla data di registrazione dell’atto, a pena di decadenza.
Il Dpr 131/1986 però, non stabilisce in maniera specifica il termine entro il quale deve essere avanzata tale richiesta della maggiore imposta nei casi particolari di decadenza dalle agevolazioni prima casa.
A chiarire questo aspetto è intervenuta la Corte di cassazione.
Agevolazioni prima casa: sentenza della Corte di cassazione 20265/2018
Nel caso in questione era stata acquistata un’abitazione usufruendo delle agevolazioni prima casa nel 2002, poi era stata venduta il 4 agosto 2005 senza riacquistare in seguito nessun altra abitazione.
Alla contribuente era stato notificato il 5 dicembre 2008 l’avviso di liquidazione con cui si revocavano le agevolazioni prima casa, quindi dopo più di tre anni dalla vendita.
La contribuente, pensando che la notifica dell’avviso di liquidazione avesse sforato il termine, ha provveduto a presentare il ricorso in Commissione tributaria per esigere l’annullamento dell’atto.
La sua richiesta è stata però respinta sia dalla Ctp di Siena che dalla Ctr della Toscana e la revoca dei benefici fiscali è stata dichiarata legittima anche dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 20265 del 31/07/2018. I giudici hanno appunto decretato che la scadenza dei tre anni prevista per la revoca delle agevolazioni, da parte dell’Amministrazione finanziaria, decorre dalla scadenza dell’anno successivo alla vendita medesima e non dalla registrazione dell’atto di vendita.
Siccome il Dpr 131/1986 non prevedeva, per tale ipotesi, la decorrenza del termine triennale previsto per la revoca delle agevolazioni, si è fatto riferimento alle norme del codice civile che prendono in esame la decadenza in generale e stabiliscono che il termine di decadenza è computabile a decorrere dal momento in cui sussiste il potere di compiere un atto o tenere un determinato comportamento. Pertanto il tempo messo a disposizione del Fisco per revocare le agevolazioni prima casa decorre dal momento in cui è in grado di poter contestare l’illegittimità del godimento delle stesse; riflettendo sui casi in cui la decadenza deriva da un evento successivo alla stipulazione dell’atto e si facesse decorrere il termine dalla data di registrazione del medesimo, si comprenderebbe facilmente come il tempo a disposizione dell’Amministrazione fiscale risulterebbe palesemente ridotto.
Nel caso in oggetto quindi il termine triennale stabilito per notificare l’avviso di liquidazione attestante la perdita dell’agevolazione prima casa decorreva dopo un anno dalla cessione dell’abitazione acquistata con le agevolazioni e la Corte di cassazione ha giudicato corretto l’operato dell’Amministrazione finanziaria, mentre ha respinto il ricorso presentato dalla contribuente che ha dovuto pagare le spese processuali.
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