Come è noto, per costruire una tettoia bisogna ottenere il permesso di costruire. Attraverso la sentenza 1497/2018, il Tar di Sicilia si è espresso sulla questione relativa ai titoli abilitativi per gli elementi di arredo degli spazi outdoor. I giudici del Tar della Sicilia si sono pronunciati illustrando cosa può fare il privato che sostiene di essere danneggiato dalle opere costruite e nello specifico, quale modalità deve seguire per muoversi nei confronti della Pubblica amministrazione che ha concesso l’autorizzazione.
Tettoia: il permesso di costruire è obbligatorio
Il Tar della Sicilia ha stabilito che il permesso di costruire è obbligatorio per le opere fisse. Nel caso concreto, il proprietario di un’abitazione nel suo cortile aveva costruito una tettoia smontabile, ma con un basamento di cemento armato. Inoltre, la tettoia era fornita di un sistema di smaltimento delle acque piovane che sarebbero confluite nella parte comune confinante fra le due proprietà.
Sulla base del danno subito, il confinante si è rivolto al Comune, venendo poi a conoscenza del fatto che per la costruzione della tettoia era stata già depositata una Comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila).
In considerazione dell’invasività delle opere idriche e della mancata provvisorietà della copertura, i giudici hanno ritenuto che il proprietario avrebbe dovuto sostenere l’onere di richiedere il permesso di costruire. In aggiunta la Soprintendenza avrebbe dovuto giudicare se l’intervento era compatibile con il contesto artistico circostante, in quanto il manufatto sorgeva nel centro storico.
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Cila, il danneggiato ha diritto di sollecitare controlli
Il Tar ha anche spiegato che la Cila è un atto privato e non un provvedimento amministrativo, perciò non è immediatamente impugnabile dinnanzi al Tar. I controinteressati hanno la facoltà di sollecitare i controlli e quindi le verifiche che spettano all’amministrazione, per poi eventualmente agire contro l’inerzia della Pubblica Amministrazione. I giudici hanno poi ricordato che la Cila viene prevista dall’art. 6 del Testo Unico dell’edilizia e rappresenta un istituto intermedio tra l’attività edilizia libera e la Scia.
La sentenza stabilisce che nel regime di edilizia libera e di edilizia certificata non viene previsto un controllo successivo sistematico che conduce ad un provvedimento inibitorio come avviene con la Scia. Soltanto l’amministrazione può conoscere la Cila, per verificare che le opere progettate importino un impatto modesto sul territorio. Gli interventi che fanno parte della “sfera di libertà” sancita dalla suddetta norma, non sono soggetti ad nessun titolo edilizio.
Al termine dei controlli, entrano in scena due diverse possibilità. Nel caso in cui i lavori siano realizzabili con Cila, l’Amministrazione può solo sanzionare se la Cila manchi, sia incompleta o irregolare. Mentre nel caso in cui la Cila sia stata usata per opere che hanno richiesto il permesso di costruire, colui che ritiene di essere stato danneggiato può decidere di diffidare il comune che avrà il compito di svolgere i controlli e l’obbligo di concludere il procedimento attraverso un provvedimento oneroso.
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