In tema di abusi realizzati sui beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nel testo vigente, il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese, fatti salvi i casi per i quali è possibile applicare una sanzione pecuniaria, in luogo della sanzione ripristinatoria o demolitoria.
L’articolo 167, comma 4, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nel testo vigente, prescrive la possibilità di sanatoria ambientale. In tal caso, l’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, nei seguenti casi:
– per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
– per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica;
– per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
Per l’accertamento della compatibilità paesaggistica, il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell’area interessati dagli interventi sopra descritti, presenta apposita domanda all’autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell’accertamento della relativa compatibilità paesaggistica degli interventi realizzati.
L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni.
Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione.
L’importo della sanzione pecuniaria è determinato attraverso specifica perizia di stima.
In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria. In tal caso il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese. In caso di inottemperanza si provvede in via sostitutiva.
Per le violazione degli obblighi e degli ordini previsti per i beni paesaggistici, il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese, qualora non sia possibile procedere all’accertamento di compatibilità paesaggistica.
Il provvedimento che dispone la rimessione in pristino prevede un termine entro il quale il trasgressore deve provvedere.
In caso di inottemperanza, l’autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica provvede d’ufficio per mezzo del prefetto e rende esecutoria la nota delle spese.
Laddove l’autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica non provveda d’ufficio, il direttore regionale competente, su richiesta della medesima autorità amministrativa ovvero, decorsi centottanta giorni dall’accertamento dell’illecito, previa diffida alla suddetta autorità competente a provvedervi nei successivi trenta giorni, procede alla demolizione avvalendosi dell’apposito servizio tecnico-operativo del Ministero.
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