Il Consiglio di Stato, tramite il parere 3126/2012 è intervenuto in merito ai preventivi e al regolamento che definisce i parametri per i compensi che il giudice è tenuto a liquidare ai professionisti e, dunque, che definisce i valori che orientano la decisione in tribunale.
Tre le richieste più importanti che il Consiglio di Stato ha rivolto al Governo:
– inserimento delle spese del professionista all’interno del compenso unitario e onnicomprensivo;
– “valutazione negativa” del giudice sul corrispettivo dovuto ai professionisti che non hanno presentato un preventivo di massima al cliente;
– premio (agli avvocati) per la rapida conclusione del giudizio.
Escluso il terzo punto, che non interessa i professionisti tecnici, i primi due sono di grande importanza.
Dopo l’abolizione delle tariffe professionali operata dal d.l. 1/2012 (sulle liberalizzazioni), il Decreto Crescita ha stabilito che le tariffe professionali potranno ancora essere utilizzate per determinare il corrispettivo da porre a base di gara per l’affidamento dei contratti pubblici di servizi di architettura e ingegneria e per individuare le prestazioni professionali tra privati (leggi anche Decreto Crescita, tariffe e classificazioni sono ancora valide). Ora l’intervento del Consiglio di Stato colma il vuoto creatosi in sede di giudizio per la definizione del compenso da versare al professionista per la sua prestazione.
Il Consiglio di Stato chiede di eliminare i parametri a “forcella”, cioè quelli che presentano un valore minimo e uno massimo e di privilegiare il metodo del valore medio: sarà il giudice a decidere quanto discostarsi da quest’ultimo.
Inoltre, il Consiglio di Stato interviene anche sulla base da cui partire per determinare il compenso: il regolamento prevede che si parta dalle vecchie tariffe, adeguate secondo gli indici Istat sulle professioni liberali ma il CdS sostiene che questo adeguamento non deve per forza corrispondere all’aumento Istat per le libere professioni. L’adeguamento in questione può essere inferiore. Tale intervento è dovuto anche dal fatto che il paese sta attraversando un momento di crisi economica e che molti cittadini e lavoratori stanno sostenendo non pochi sacrfici. L’inceremento medio Istat è il 3% annuo tra il 2004 e il 2012. L’incremento complessivo è del 24,1%. Tali percentuali portano a prevedere incrementi troppo onerosi per essere la bvase inconfutabile su cui costruire i compensi.
Con il passaggio dal Consiglio di Stato, il regolamento per le tariffe si è arricchito delle tabelle di calcolo per i compensi, che saranno punti dirifermiento non solo nei rapporti tra privati ma anche negli appalti pubblici.
Ora il compenso professionale è il risultato di un calcolo che considera:
– valore dell’opera da progettare;
– complessità del progetto;
– categoria dell’opera;
– somma delle prestazioni da eseguire.
In base alle simulazioni effettuate dal Consiglio nazionale degli Architetti, si arriverebbe a un compenso inferiori a quello di 25 anni fa. La motivazione sta nel fatto che il regolamento non tiene in considerazione le spese sostenute dal professionista.
Il terzo intervento del Consiglio di Stato riguarda proprio le spese del professionista e il preventivo.
Sulle spese del professionista era intervenuto il Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Leopoldo Frerye, il quale rilevava un’incongruenza per quanto riguarda l’area tecnica: nella definizione dei compensi, venivano escluse le spese anche nelle formule di calcolo. Il Consiglio di Stato interviene sul principio generale ma in modo molto netto: è difficle non tenerne conto in particolare per l’area tecnica. L’invito rivolto al Governo è quello di riformulare i parametri.
Per quanto riguarda il preventivo occorre innanzitutto fare un breve riassunto del percorso. La norma originale dell’1/2012 dava grande importanza al preventivo e lo rendeva obbligatorio. Poi, il Parlamento ha ridimensionato tale importanza. Ora il Cds sottolinea che è importante rendere chiaro sin da subito il corrispettivo per l’attività che il professionista deve svolgere e propone un nuovo comma dell’articolo 1 che preveda l’obbligo per il professionista di produrre in giudizio un preventivo di massima. La mancata produzione di tale documento costituisce elemento di valutazione negativa per il giudice.
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