Segnaliamo la recente sentenza n. 534 del 26 marzo 2012 del T.A.R. Lombardia, sez. II Brescia nella quale è stata individuata un’ipotesi per cui anche il professionista tecnico può essere considerato legittimato al ricorso contro il diniego del titolo edilizio necessario per un progetto presentato all’Ufficio Tecnico Comunale.
Occupandosi di un ricorso presentato da un geometra contro il diniego del permesso di costruire per la realizzazione di una stalla e di una vasca per liquami, i giudici bresciani hanno affermato che la qualità di progettista deve essere considerata “sufficiente a consentire l’impugnazione del diniego di titolo edilizio fondato sul contrasto con la disciplina urbanistica, se il progettista aveva dichiarato in precedenza, all’amministrazione e al proprio cliente, la piena conformità urbanistica e quindi la fattibilità giuridica dell’opera. In questo caso viene infatti in rilievo la credibilità professionale del progettista, che costituisce un bene della vita meritevole di tutela sia come interesse sostanziale di natura morale sia come garanzia contro eventuali richieste risarcitorie”.
Secondo tale linea interpretativa, “il ricorso promosso dal progettista ha un duplice oggetto: l’accertamento dell’errore dell’amministrazione e l’annullamento del provvedimento che nega il titolo edilizio. Normalmente il primo obiettivo è sufficiente a soddisfare le aspettative del progettista, che vede in questo modo riconosciuta la correttezza del proprio operato professionale, ma anche l’annullamento del provvedimento di diniego costituisce un’utilità legittimamente perseguibile, in vista della riproposizione del medesimo intervento edilizio o di una soluzione costruttiva analoga”.
Come è noto, l’orientamento fino ad oggi consolidato riteneva inammissibile tale ricorso; ad esempio, nella sent. n. 90 del 22 gennaio 2010 del TAR Veneto, sez. II i giudici veneti avevano affermato che “non sussiste un interesse, neppure morale, in capo al professionista progettista, all’impugnazione del diniego di concessione edilizia, richiesta da un terzo, in quanto tale diniego dispone dello ius aedificandi e non sull’esercizio della professione del progettista né sulle sue qualità e il suo prestigio, che non possono reputarsi chiamate in causa da un rilievo tecnico operato dalla p.a. per scopi del tutto diversi”; parimenti, il TAR Toscana, sez. II, nella sent. n. 986 del 5 giugno 2009, avevano precisato che “in capo al progettista non sussiste un interesse, neppure morale, all’impugnazione del diniego di intervento edilizio, anche nel caso si trattasse di errore di rappresentazione progettuale, in quanto tale diniego dispone dello “ius aedificandi” e non sull’esercizio della professione del progettista né sulle sue qualità e il suo prestigio, che non possono reputarsi chiamate in causa da un rilievo tecnico operato dall’amministrazione per uno scopo del tutto diverso, cioè il perseguimento del corretto uso del territorio, tant’è che l’eventuale annullamento dell’atto produrrebbe effetti solo sulla sfera giuridica del richiedente e sulle sue facoltà inerenti all’edificazione, mentre nulla toglierebbe o aggiungerebbe alle doti professionali del progettista spesso”.
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