Il Sismabonus rappresenta nell’edilizia privata un importante incentivo fiscale per migliorare la sicurezza sismica della propria abitazione, condominio o immobile adibito a uso produttivo.
Per ottenerlo è necessario che il progettista strutturale esegua la classificazione del rischio sismico a cui è soggetto l’edificio esistente per cui si vuole la detrazione. Le linee guida prevedono due metodi, tra loro alternativi, per la determinazione della classe di rischio sismico: quello convenzionale, le cui specifiche sono qui oggetto di analisi, e quello semplificato, che abbiamo trattato in questo articolo:
>> Sismabonus: come usare il metodo semplificato per la classificazione del rischio sismico
Sismabonus, come eseguire la classificazione del rischio sismico col metodo convenzionale
L’incentivo fiscale è attivabile solo se il fabbricato si trova nelle aree di rischio sismico 1 (altissimo), 2 (alto) e 3 (medio), secondo la mappa sismica regionale.
L’incentivo non è applicabile nell’area 4 a basso rischio di terremoti. La detrazione è pari al 70% se a seguito degli interventi deriva una riduzione della vulnerabilità sismica che determina il passaggio a una classe di rischio inferiore; all’80%, se si passa a due classi di rischio inferiori. Le percentuali di detrazioni sono diversificate se si eseguono lavori di messa in sicurezza su parti comuni condominiali: 75%, se c’è passaggio a una classe di rischio inferiore; 85%, quando si passa a due classi di rischio inferiori.
La certificazione dell’efficacia dell’intervento strutturale è valutata mediante otto classi di rischio sismico che vanno dalla lettera A+ (edificio sismo-resistente) alla lettera G (edificio poco sicuro in caso di terremoto). Tuttavia, a differenza della certificazione energetica degli immobili, la classificazione del rischio sismico deve essere riferita sempre all’intera unità strutturale e non può essere distinta per singola unità immobiliare. Essa deve essere redatta da parte dei professionisti abilitati in base alle linee guida contenute nel recente D.M. 09/01/2020. All’interno del decreto sono indicate le modalità per attestare l’efficacia degli interventi che determineranno l’entità della detrazione fiscale quantificando il passaggio della classe di rischio rispetto alla situazione ante-operam. La certificazione sarà contenuta nella documentazione progettuale elaborata e firmata dal progettista strutturale per il rilascio del titolo edilizio abilitativo.
Approfondisci anche: Ecobonus 2020: detrazione 65% per l’efficienza energetica
Il metodo “semplificato” è stato qui descritto, e riguarda un tipo di certificazione non computazionale ma speditiva valevole solo per edifici in muratura e interventi di tipo puntuale, ammettendo al massimo un passaggio ad una classe di rischio inferiore. Vediamo adesso di illustrare invece il così detto metodo “convenzionale”, valevole per ogni tipologia strutturale di edificio e per qualsiasi intervento strutturale antisismico, la cui efficacia può essere valutata analiticamente con corrispondente arretramento anche a più di una classe di rischio sismico. Le stesse linee guida introducono il metodo “convenzionale” come quello «[…] basato sull’applicazione dei normali metodi di analisi previsti dalle attuali Norme Tecniche […]». Prima di illustrare le modalità di calcolo, occorre introdurre i due parametri che costituiscono la base della classificazione così come proposta dal D.M. 09/01/2020.
Classificazione del rischio sismico
Il rischio sismico di un edificio è legato alla combinazione della pericolosità, della vulnerabilità e dell’esposizione.
>> Pericolosità
La pericolosità riguarda la frequenza e la forza dei terremoti che caratterizzano l’area geografica dove risiede l’immobile.
>> Vulnerabilità
La vulnerabilità è invece una proprietà dell’edificio e rappresenta la propensione al danneggiamento in relazione alla sua robustezza e resistenza strutturale.
>> Esposizione
L’esposizione riguarda la presenza e concentrazione di vite umane all’interno della struttura che possono essere coinvolte durante un evento sismico, in funzione pertanto della destinazione d’uso.
Al fine di ridurre il rischio sismico di una costruzione si può intervenire principalmente sulla sua vulnerabilità, e pertanto eseguire interventi di consolidamento per incrementare le resistenze delle strutture, per migliorare il comportamento scatolare ed eliminare ogni rischio di ribaltamento fuori dal piano di pannelli o elementi murari.
La classificazione del rischio simico proposta dal D.M. 09/01/2020 viene determinata in funzione di due parametri significativi ai fini di sensibilizzare l’opinione pubblica, ed in particolare i proprietari di immobili, a investire nella messa in sicurezza delle proprie abitazioni.
Parametro 1: PAM
Il primo parametro è il PAM, ossia la Perdita Annuale Media attesa, e rappresenta il costo di riparazione dei danni prodotti da eventi sismici manifestatisi nel corso della vita della costruzione, ripartito annualmente ed espresso come percentuale del costo di ricostruzione. Esso potrà essere valutato come l’area sottesa dalla curva che rappresenta le perdite economiche dirette in relazione alla frequenza annua di accadimento dei terremoti (Figura 1). Quest’ultima è pari all’inverso del periodo medio di ritorno degli eventi sismici che determinano il raggiungimento o superamento di uno stato limite. Minore sarà l’area sottesa, minore sarà la PAM. Al valore di questo parametro sarà associata una classe relativa di rischio sismico (Tabella 1).
Approfondisci anche: Consolidamento fondazioni di un fabbricato esistente, come si procede?
Parametro 2: Indice di Sicurezza (IS-V)
L’altro parametro che contribuisce alla classificazione è l’Indice di Sicurezza (IS-V) della struttura, determinato come il rapporto tra l’accelerazione di picco al suolo (PGAC) che determina il raggiungimento dello stato limite di salvaguardia della vita della struttura (SLV), quale sua capacità resistente, e la stessa PGAD richiesta (come domanda di resistenza) dalle NTC18 per un analogo edificio di nuova progettazione. Le PGA saranno funzione della zona di pericolosità sismica in cui si trova la struttura. Anche al valore di questo parametro corrisponderà una classe relativa di rischio sismico (Tabella 2).
Come determinare la classe di rischio col metodo convenzionale
La determinazione di questi due parametri avviene nel metodo “convenzionale” attraverso la tradizionale analisi complessiva della struttura con i moderni software agli elementi finiti, mediante i quali è possibile valutare le accelerazioni al suolo di capacità PGAC (SLi) relative ai diversi stati limite (SLC, SLV, SLD, SLO). Dai valori della PGAC (SLi) si ricavano i corrispondenti periodi di ritorno TrC associati ai terremoti che generano queste accelerazioni. In assenza di valutazioni più specifiche, è consentita utilizzare la seguente relazione:
Per ognuno dei periodi si ricava la frequenza media annua di superamento
In merito ai periodi di ritorno TrC degli stati limite di esercizio SLD e SLO, occorre prendere il valore minore tra quello ottenuto per questi stati limite e quello relativo al SLV, in quanto si assume che non si possa raggiungere lo stato limite di salvaguardia della vita senza aver raggiunto gli stati limite di danno e operatività.
Le linee guida introducono altri due stati limite specifici solo per la classificazione del rischio sismico: lo stato limite di inizio danno (SLID), corrispondente ad una perdita economica nulla in concomitanza di un terremoto con periodo di ritorno convenzionale di 10 anni, ossia
Leggi anche: Consolidamento fondazioni: si può considerare un intervento locale?
Lo stato limite di ricostruzione (SLR), associabile ad una perdita economica del 100% in cui risulta pressoché obbligatoria la demolizione e ricostruzione del fabbricato a seguito dei gravi danni subiti da un terremoto con periodo di ritorno corrispondente allo stato limite di collasso (SLC). Per ogni stato limite considerato si associa al corrrispondente valore di l la percentuale del costo di ricostruzione (CR%) secondo la Tabella 3.
In via speditiva è possibile valutare l’area sottesa con i valori dei soli stati limite SLV e SLD, purché al lambda degli altri stati limite SLC e SLO siano assegnati i seguenti valori convenzionali:
A questo punto è possibile calcolare il valore percentuale del PAM, ossia l’area sottesa dalle coppie di punti
per ciascuno degli stati limite, a cui si aggiunge il punto
mediante la seguente formula:
in cui “i” rappresenta il generico stato limite (i=5 per SLC e i=1 per SLID).
In questo modo si individua il valore percentuale della PAM, associando ad esso la classe relativa di rischio sismico desumibile dalla Tabella 1. Allo stesso modo, una volta calcolato l’indice di sicurezza IS-V per lo stato limite di salvaguardia della vita, si individua nella Tabella 2 la corrispondente classe relativa di rischio. La classificazione finale del rischio sismico della costruzione sarà data dalla classe peggiore tra quella desunta dal valore del PAM e quella desunta dal valore di IS-V.
Tale classe potrà cambiare verso valori inferiori di rischio mediante interventi di consolidamento strutturale e miglioramento sismico che incidano positivamente sui valori della PAM e del IS-V. Risulta chiaro che anche la situazione post-operam dovrà essere valutata con un’analisi globale dell’intero schema strutturale dell’edificio. In particolare, anche qualora il progettista ritenga di intervenire sulla struttura solo con interventi locali (per esempio catene o elementi di collegamento dei pannelli, oppure sostituzione o rinforzo di solai), stante la deroga normativa (NTC18) di operare solo verifiche di tipo locale sugli elementi strutturali coinvolti da tali interventi, tuttavia ai fini della classificazione del rischio sismico dovrà comunque essere svolta la modellazione e la valutazione sull’intero edificio.
** Come riaprire i cantieri? Consulta la nuova Guida operativa per la gestione del rischio nelle attività, nelle aziende e nei cantieri
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento