Nell’ambito delle previsioni urbanistiche, si deve distinguere tra “prescrizioni di zona” (cd. zonizzazione) e “prescrizioni di localizzazione” (cd. localizzazione di opere pubbliche). Le “prescrizioni di zona” consistono nello stabilire i possibili usi del territorio in base alla funzione principale assegnata dal piano a una certa parte dell’ambito spaziale cui si riferisce. Le “prescrizioni di localizzazione” sono finalizzate invece ad indicare in modo puntuale gli spazi destinati alla realizzazione delle opere pubbliche.
Si tratta dei cosiddetti vincoli preordinati all’espropriazione in quanto, su quell’area, il proprietario non può svolgere alcuna attività in attesa della realizzazione dell’intervento programmato per non frustrarne la previsione. Sulla questione relativa alla qualificazione delle aree destinate a verde pubblico sussiste un contrasto di giurisprudenza. Vediamo i due orientamenti e un caso recente.
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Indice
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Governo del territorio e strumenti di piano
PER GOVERNARE IL TERRITORIO L’URBANISTICA IMPIEGA UN LINGUAGGIO VIVO, IN CONTINUA EVOLUZIONE, integrando saperi dell’architettura, delle scienze giuridiche, economiche, agronomiche, sociali, storiche, ambientali, geografiche e amministrative. Quando un urbanista si esprime dicendo che: “…il PSC, il POC e i PAC rispondono alla 5, valorizzando la concertazione in attuazione del principio di sussidiarietà” e un collega gli risponde riferendosi alle “NA del PDR del PGT per l’ADR nell’ambito del TUC”, impiegano un corpus linguistico che si declina in sigle, locuzioni e numeri di legge e che non lascia spazio all’interpretazione discrezionale. Una terminologia a tre dimensioni che conforma i luoghi e la vita delle comunità, innescando processi sul territorio che si sviluppano nel tempo. Per orientarsi in questo labirinto lessicale, il volume affronta gli aspetti concettuali, teorici e applicativi della pianificazione urbanistica ordinaria alla luce delle più recenti innovazioni legislative e procedurali e offre una raccolta ragionata degli aspetti tecnici, gestionali, normativi e istruttori della pratica di governo del territorio, alle diverse scale del piano. Trasponendo la vastità della materia pianificatoria in un testo d’immediata consultazione, con oltre 650 voci, 165 disposti normativi e indici analitici che permettono di individuare facilmente gli elementi d’interesse, l’opera rappresenta uno strumento fondamentale per accompagnare urbanisti, progettisti, giuristi, amministratori, docenti e studenti nella pratica quotidiana.Stella Agostini architetto e dottore di ricerca in Ingegneria Agraria, è professore associato di Tecnica e Pianificazione Urbanistica all’Università degli Studi di Milano, dove insegna presso la Facoltà di Scienze e Tecnologie. Consulente di numerosi enti, lavora su metodi e strumenti per la pianificazione sostenibile dei territori alle diverse scale, con specifica attenzione agli aspetti agroecologici ambientali e alla valorizzazione del patrimonio rurale. Con Maggioli ha pubblicato: Ambiente Territorio Città. Quando le risorse diventano emergenze (2022), Urbanistica periagricola. Pratiche di rigenerazione territoriale (2018), Architettura rurale nel paesaggio (2017), Progettare in area agricola (2011), Guida alla pianificazione territoriale sostenibile. Strumenti e tecniche di agroecologia (2010), Beni culturali, agricoltura e territorio (2009) e Recupero e riuso degli edifici rurali (2008).
Stella Agostini | 2024
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Vincoli conformativi ed espropriativi
L’art. 39 del DPR 8 giugno 2001, n. 327, dispone che “in attesa di una organica risistemazione della materia, nel caso di reiterazione di un vincolo preordinato all’esproprio o di un vincolo sostanzialmente espropriativo è dovuta al proprietario una indennità, commisurata all’entità del danno effettivamente prodotto” (comma 1).
La questione che si pone nella realtà operativa degli uffici tecnici comunali è distinguere le prescrizioni meramente conformative dalle prescrizioni sostanzialmente espropriative; tale distinzione si basa essenzialmente sulla natura dei beni coinvolti:
- in presenza di un’attività di conformazione di intere categorie di beni, il vincolo è meramente conformativo senza obbligo di corrispondere alcuna indennità ai proprietari, trattandosi di un vincolo compatibile con la funzione sociale della proprietà di cui all’art. 42 Cost.;
- in presenza di una attività di conformazione che incide su un singolo bene, privando il proprietario della possibilità di utilizzo dello stesso, il vincolo può ritenersi sostanzialmente espropriativo, con obbligo di corrispondere un’indennità al proprietario commisurata al danno subito.
Il contrasto giurisprudenziale sulla qualificazione delle aree destinate a verde di quartiere
Sulla questione relativa alla qualificazione delle aree destinate a verde pubblico sussiste un contrasto di giurisprudenza.
Un primo orientamento ritiene che si tratti di vincolo conformativo[1]. In particolare, si sostiene che la destinazione a verde pubblico (ma anche quella a “verde di quartiere”, “parco urbano”, “parco pubblico”, “verde urbano”, “verde attrezzato”, “attrezzature ricreative” o “attrezzature sportive”) impressa dal piano regolatore generale (o da uno strumento di pianificazione equivalente) risultano effettuate in virtù di criteri generali e astratti, e non già in funzione della localizzazione di opere pubbliche specifiche su beni per esse individuati[2].
Un secondo orientamento ritiene, invece, che si tratti di un vincolo espropriativo, rilevando che la destinazione di un’area a “verde pubblico” implica – diversamente da quanto potrebbe accadere nell’ipotesi di destinazione “a verde privato” – che essa debba essere espropriata per realizzare le strutture pubbliche che la rendano puntualmente conforme alla zonizzazione prevista (ossia, alla funzione pubblicistica impressale). Sicché, delle due l’una:
- o alla predetta zonizzazione imprimente destinazione a “verde pubblico” segue, coerentemente, l’avvio del correlativo procedimento di espropriazione;
- oppure, in assenza di ciò, la reiterazione del “vincolo di destinazione” in costanza di ulteriore inerzia in ordine agli atti consequenziali, si configura come patologica cristallizzazione di un vincolo di inedificabilità assoluta (solo virtualmente e dunque surrettiziamente preordinato all’espropriazione), che tende a connotarsi come illegittima espropriazione di fatto[3].
Tale ultimo orientamento sembra, invero, limitare l’affermazione della natura espropriativa del vincolo soltanto alla tipologia di vincoli di destinazione le cui prescrizioni possono essere attuate soltanto dalla P.A. e non anche quanto l’attuazione è rimessa all’iniziativa del privato.
Un recente caso concreto
Nella recente sent. 25 marzo 2025, n. 2478, il Consiglio di Stato, sez. IV, i giudici sono stati chiamati a decidere sulla natura di un vincolo su alcune aree inserite nella Zona F, servizi pubblici e di uso pubblico, che, secondo quanto previsto nelle n.t.a. del PRG erano destinate ad attrezzature per servizi pubblici o privati, con sotto-destinazione specifica a verde pubblico di quartiere, naturale o attrezzato.
Per l’utilizzazione in concreto di tali interventi era prevista sia l’attuazione diretta sia l’iniziativa privata, quest’ultima secondo modalità e criteri stabiliti dalla norma (progettazione, approvazione da parte del Consiglio Comunale, chiamato a verificare la congruità rispetto all’ambito territoriale di afferenza nonché la specifica destinazione d’uso – parco pubblico, aree per il gioco, attrezzature sportive, ecc…).
La rilevanza pubblica dell’interesse non implicava, quindi, che le aree dovessero essere necessariamente espropriate, bensì imponeva al privato un vincolo funzionale (conformato dalla norma quanto a modalità, criteri e finalità) di utilizzazione/sfruttamento delle aree al fine di non arrecare pregiudizio all’interesse della collettività. Il privato poteva predisporre progetti di iniziativa diretta; il Comune poteva vagliare la compatibilità sotto il profilo della loro conformazione rispetto alla destinazione di zona, ovvero all’interesse pubblico. Di conseguenza, si era dinanzi ad un vincolo conformativo[4].
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Note
[1] Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 27 marzo 2023, n. 3118.
[2] Consiglio di Stato, sez. II, sent. 28 febbraio 2022 n. 1367; sent. 21 gennaio 2020, n. 476; sez. VI, sent. 30 gennaio 2020, n. 783; sez. IV, sent. 1° luglio 2015, n. 3256; sent. 6 ottobre 2014, n. 4976; sent. 29 novembre 2012, n. 6094; sent. 19 gennaio 2012, n. 244.
[3] Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sent. 28 marzo 2022, n. 383.
[4] Cfr. anche Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 9 agosto 2024, n. 7077: “La giurisprudenza amministrativa è costante nel ritenere che la destinazione a verde pubblico attrezzato (Cons. Stato sez. II, 21 gennaio 2020, n. 476) o a parco urbano (T.a.r. Lombardia, sez. II 4 gennaio 2012 n. 15) non coincide di per sé con l’imposizione di un vincolo espropriativo. I vincoli di destinazione imposti dal piano regolatore generale per attrezzature e servizi, fra i quali rientra il verde pubblico attrezzato, realizzabili anche a iniziativa privata o promiscua in regime di economia di mercato, hanno carattere particolare, ma sfuggono allo schema ablatorio e alle connesse garanzie costituzionali in termini di alternatività fra indennizzo e durata predefinita, non costituendo vincoli espropriativi, bensì soltanto conformativi, funzionali all’interesse pubblico generale (Consiglio di Stato, sez. II, 28 febbraio 2022 n. 1367; sez. II , 21 gennaio 2020 , n. 476; sez. VI , 30 gennaio 2020 , n. 783).”; Consiglio di Stato, sez. V, sent. 14 marzo 2025, n. 2099: “va escluso che un articolo delle NTA possa aver apposto un vincolo espropriativo se:
limita, ma non esclude, l’iniziativa privata a cui sono consentiti sia la realizzazione e la gestione delle attrezzature per servizi pubblici (art. 13.2) sia, con specifico riguardo alla sottozona F1 (parchi pubblici e territoriali) ove ricade l’opera per cui è causa, gli interventi per il recupero di edifici esistenti con destinazione d’uso di tipo turistico recettivo e complementare turistico e l’ampliamento per l’adeguamento igienico funzionale degli edifici esistenti con valore storico, architettonico e ambientale;
ammette la proprietà privata degli impianti realizzati, sia pure sub specie di proprietà superficiaria, garantendo, al contempo, la permanente destinazione degli stessi al servizio della collettività mediante l’acquisto per accessione, a favore dell’amministrazione, all’estinzione del diritto di superficie e una volta cessata l’iniziativa privata.”
In collaborazione con studiolegalepetrulli.it
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