Il solaio in laterocemento si è diffuso tantissimo nella seconda metà del secolo scorso, ma le prime applicazioni risalgono a prima del secondo conflitto mondiale, con il progressivo sviluppo delle tecniche di produzione dei laterizi e l’introduzione delle metodologie di calcolo del calcestruzzo armato nelle sue molteplici applicazioni.
Infatti, dal punto di vista del dimensionamento strutturale i solai di questa tipologia vengono da sempre calcolati come una serie di travi in calcestruzzo accostate (beninteso nel caso di portata unidirezionale), nelle quali l’elemento in laterizio presenta prevalentemente funzione di alleggerimento. Sotto il profilo del calcolo, i solai con alleggerimento in polistirolo (cosiddette predalles) o con alleggerimenti diversi non sono dissimili dai solai in laterocemento.
Recupero del solaio in laterocemento
Quali sono le tipologie costruttive esistenti su cui si può intervenire?
Le tipologie costruttive di solaio laterocementizio presenti nel costruito storico sono molteplici; questa variabilità è dovuta alla presenza sul territorio nazionale di tanti produttori di questa tipologia strutturale, alle necessità di adeguamento tecnologico che via via sono state espresse, da esigenze costruttive e dalle modifiche normative succedutesi in oltre 70 anni di sviluppo di questa tipologia strutturale.
In particolare, proprio le modifiche normative, sia imponendo minimi geometrici ai singoli componenti (ad esempio lato laterizio, imponendo spessori minimi dei setti oppure lato calcestruzzo imponendo minimi sulla larghezza travetti), sia sulla struttura nel suo complesso, hanno portato a significativi cambi di sezione tipo di utilizzo.
Queste modifiche normative sono state introdotte al fine di risolvere alcune problematiche che hanno presentato i solai laterocementizi; in particolare le stesse hanno agito in direzione di una riduzione di flessibilità (problematica generalmente presente nei solai messi in opera prima del 1972) e sul miglioramento della scarsa rigidezza in senso trasversale (soprattutto per i solai cosiddetti “rasati”, ovvero non dotati di cappa collaborante armata).
Nella Figura 16 sono riportate sezioni tipo che mostrano solo alcune delle tipologie riscontrabili nel costruito esistente. I solai in laterocemento possono essere ad armatura lenta oppure precompressi, a nervatura singola oppure incrociata con o senza cappa collaborante; possono essere realizzati totalmente in opera oppure parzialmente prefabbricati e completati con getto finale in cantiere.
Nei solai laterocementizi eseguiti prima del 1972, molto spesso esiste una cappa superiore a copertura del laterizio di spessore variabile dai 2 ai 3 cm non armata; tale geometria di solaio trova riscontro ad esempio nella manualistica dei produttori e spesso è presente nei rilievi eseguiti nell’attività professionale.
Altro aspetto molto importante da sottolineare è che spesso la capacità portante era determinata sulla base di prove dal vero su elementi prototipo e non semplicemente derivante dal calcolo. È immediato verificare che con le metodologie di calcolo odierne e le sezioni di progetto esistenti difficilmente si raggiungono momenti di servizio uguali a quelli dichiarati, soprattuto per mancanza di resistenza lato calcestruzzo (le verifiche erano sempre riportatate lato acciaio); la prova di carico dal vero consentiva all’epoca di sfruttare anche la capacità a compressione del laterizio altrimenti difficilmente gestibile in sede di calcolo.
In generale, la verifica in campo sismico di un edificio (nuovo o esistente che sia) deve tenere conto della distribuzione delle forze orizzontali derivanti dalle masse ai piani sugli elementi portanti verticali; questa distribuzione di azioni può essere fatta proporzionalmente alla rigidezza dei singoli elementi solo se il piano può essere definito infinitamente rigido.
Il d.m. 17 gennaio 2018 al § 7.2.6. indica che “… gli orizzontamenti piani possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano medio a condizione che siano realizzati in calcestruzzo armato, oppure in latero-cemento con soletta in calcestruzzo armato di almeno 40 mm di spessore, o in struttura mista con soletta in calcestruzzo armato di almeno 50 mm di spessore collegata agli elementi strutturali in acciaio o in legno da connettori a taglio opportunamente dimensionati…”.
Senza entrare in aspetti legati alla validità dell’ipotesi di infinita rigidezza dell’impalcato a seconda delle geometrie complessive dell’edificio, risulta immediata la constatazione che, almeno teoricamente, solai totalmente rasati o comunque con soletta inferiore ai 5 cm e non armata non possono essere considerati infinitamente rigidi con conseguenze significative nella distribuzione delle azioni sismiche orizzontali sugli elementi sismoresistenti verticali del modello di calcolo.
Conseguentemente, le soluzioni progettuali per il consolidamento di un solaio devono considerare se e come si vada a variare l’ipotesi di infinita rigidezza nel piano o, al contrario, di assenza di rigidezza al fine di tenerne conto nella calcolo complessivo dell’edificio. È doverosa una osservazione in relazione al fatto che sono presenti nel costruito storico tanti solai laterocementizi realizzati nel periodo compreso tra gli anni ’30 e fino agli anni ’60-’70 senza soletta superiore o con soletta di pochi centimetri.
In effetti, la cosa potrebbe in effetti apparire strana, in quanto già il regio decreto n. 2229/1939 prevedeva che “nei solai speciali con laterizio, lo spessore della soletta di conglomerato non deve essere minore di cm 4”. Evidentemente il dettato normativo (forse per la dicitura “speciali”) non trovò una reale applicazione, tant’è che nel 1985, il d.m. 27 luglio 1985 puntualizzò che occorreva “prevedere una nervatura di ripartizione per quelli aventi luce maggiore di 4,5 metri realizzati senza soletta collaborante” ad evidente dimostrazione che fino a quella data l’utilizzo di solai rasati o comunque in assenza di soletta spessa 4 cm era ancora molto diffuso.
Questo articolo è estratto da
Recupero e consolidamento dei solai
Questa pubblicazione fornisce indicazioni sia di tipo progettuale che di tipo esecutivo per il consolidamento di solai esistenti con esempi di intervento e inquadramento normativo degli stessi. Il volume tiene conto dell’evoluzione normativa, in particolare della necessità diffusa su tutto il territorio nazionale di progettare o recuperare strutture con requisiti antisismici e delle novità sul come considerare i solai nel contesto globale dell’edificio. L’opera dedica la parte iniziale alla illustrazione delle principali tipologie di solai esistenti (legno e latero-cemento), per poi passare all’inquadramento dei solai nella normativa attuale (NTC 2018 e circolare esplicativa n. 7/2019) e successivamente alla descrizione di interventi di recupero di solai nelle varie tipologie descritte. Una notazione a parte è relativa alle metodologie di consolidamento che devono essere volte non solamente al recupero tout-court. L’attuale contesto normativo, infatti, non può far dimenticare al progettista che il consolidamento di un solaio può (e deve) essere anche una occasione per intervenire sul comportamento sismico dell’edificio con ricerca di soluzioni e dettagli di consolidamento (locale o generale a seconda della estensione dell’intervento) che migliorino il comportamento strutturale globale, con particolare riferimento alla prevenzione del ribaltamento delle murature ed al miglioramento del comportamento scatolare dei muri portanti. A tale proposito nei capitoli dedicati agli esempi di recupero e consolidamento, sono proposti alcuni casi pratici e operativi in tal senso ed il loro inquadramento normativo. Giuliano Gennari Ingegnere civile, laureato presso l’Università degli studi di Bologna facoltà di Ingegneria, libero professionista dal 1997, svolge l’attività nel campo della progettazione e direzione lavori di opere civili e infrastrutturali. VOLUMI COLLEGATI:Norme tecniche per le costruzioni 2018 e circolare esplicativa, A. Barocci, I ed. 2019Edifici storici: dalla modellazione agli interventi, C. Prandi, I ed. 2019Valutazione sismica e tecniche di intervento per edifici esistenti in c.a., R. Pinho, F. Bianchi, R. Nascimbene, I ed. 2019
Giuliano Gennari | 2019 Maggioli Editore
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Recupero del solaio in laterocemento
Perchè possiamo ritenere ancora efficaci gli interventi di recupero dell’esistente?
Per i solai in laterocemento è possibile pensare ad interventi volti a realizzare il cosiddetto piano rigido, nel caso in cui manchi una soletta collaborante (tipicamente i solai di tipo “rasato”). Evidentemente gli interventi per migliorare le problematiche associate alla eccessiva flessibilità possono anche essere coincidenti con quelli per la realizzazione del piano rigido (accoppiamento di una soletta con i travetti).
In via generale le indicazioni normative associano il poter considerare piano rigido (diaframma di piano) alla presenza di una soletta di spessore minimo pari a 40-50 mm a seconda della tipologia di solaio (NTC § 7.2.6). Tale concetto, direi applicabile in via cogente sugli edifici di nuova concezione, appare poi leggermente sfumato nella circolare laddove si citano i possibili interventi di consolidamento degli edifici esistenti ove si parla di “rigidezza significativa” nel piano.
La distinzione, che appare più di tipo qualitativo che di tipo quantitativo, sembra corretta e applicabile, a parere dello scrivente, in particolare per i solai esistenti in laterocemento seppur non dotati di soletta collaborante. È evidente infatti che un solaio laterocementizio, in una direzione presenta una armatura (almeno) inferiore diffusa e usualmente in grado di assorbire gli sforzi di trazione che si dovessero generare per effetti di scuotimento sismico; usualmente poi l’armatura dei travetti termina in cordoli perimetrali in c.a. (se parliamo di edifici in muratura) o travi (se parliamo di telai in c.a.).
Pertanto, almeno nella direzione parallela alla orditura, un solaio in laterocemento, pur se sprovvisto di una soletta collaborante armata, è sicuramente in grado di resistere sia a trazioni che compressioni significative ed è quindi ragionevole considerare lo stesso dotato di “rigidezza significativa”. In direzione perpendicolare alla orditura del solaio la rigidezza risulta sicuramente inferiore se non del tutto assente almeno per gli sforzi di trazione e sicuramente bassa per quelli di compressione (visto l’anello debole rappresentato dalle pignatte), ma, in presenza di edificio in muratura, occorre considerare quanto si diceva in merito alla presenza di cordoli perimetrali armati che potrebbero sopperire alle mancanza di infinita rigidezza nel piano.
Ovviamente tale ultimo aspetto va attentamente verificato, soprattutto laddove si sia in presenza di edifici in muratura costruiti appena prima o appena dopo il secondo conflitto mondiale, in quanto pur utilizzandosi solai di tipo laterocementizio, non sempre i cordoli erano armati.
A titolo di esempio si riporta una verifica fatta in tal senso e finalizzata a verificare tale aspetto in un edificio del 1952, ove il saggio realizzato dall’esterno evidenziava le armature del SAP che entravano nel cordolo, ma lo stesso era armato solamente con una unica barra diametro 6 mm (probabilmente montata non con funzione di armatura ma solo per eseguire le legature delle barre fuoriuscenti dal SAP).
In linea generale pertanto se i solai in legno o in acciaio esistenti non consolidati, a meno di specifici presidi (catene, capochiave, ecc.), non presentano affidabili caratteristiche di capacità di trasferire carichi nel proprio piano, quasi tutti i solai in laterocemento, anche di vecchia concezione, risultano essere sicuramente più efficenti (rigidezza significativa).
Per tale motivo alcuni interventi di consolidamento, chiamiamoli semplificando di tipo tradizionale, risultano ancora oggi efficacemente applicabili, soprattutto ad edifici in muratura laddove vi sia anche la necessità di migliorare il contenimento in direzione perpendicolare alla orditura del solaio. Ne è un esempio il seguente.
Recupero del solaio in laterocemento
Miglioramento della portata e riduzione della flessibilità tramite interventi intradossali
L’intervento classico è l’inserimento di travi rompitratta, usualmente in acciaio, finalizzate a ridurre la luce di calcolo del solaio. Tali tipi di intervento implicano la possibilità di avere sufficienti altezze utili all’intradosso del solaio per non inficiare la fruibilità dei locali, posto che usualmente le travi da inserire possono presentare altezze non trascurabili, in funzione del calcolo che si intende eseguire.
Si vuole portare un esempio per mostrare che pur nella semplicità ed intuitività dell’intervento, occorre valutare alcuni aspetti di calcolo non immediatamente scontati. Si prenda a esempio la geometria di un’aula scolastica ove l’esistente sia un solaio realizzato con SAP 20+3 (soletta non armata) e quindi con scarsao nulla collaborazione trasversale; l’orditura del solaio è posta sulla luce inferiore di circa 6,60 m, mentre il senso dei rinforzi da progettare è di circa 8,00 m (Figura 90).
Verificato che il solaio non è adatto a portare i carichi di progetto (o quanto meno si nutrano dubbi sulla effettiva capacità portante del solaio), si ipotizza un intervento di rinforzo inserendo due travi metalliche rompitratta del solaio (in rosso nello schema di Figura 90).
Ipotizzando di non eseguire forzature del solaio dal basso verso l’alto nell’inserimento delle travi metalliche, i pesi propri e permanenti del solaio continueranno ad essere “assegnati” dalla sezione strutturale dell’esistente; in questo caso è ragionevole affidare alle travi metalliche tutto il successivo carico variabile di progetto (ipotizzato nell’esempio pari a 300 daN/mq), che, per ipotesi, sarà applicato dopo l’esecuzione del rinforzo.
Un primo approccio di dimensionamento delle travi metalliche è quello di operare per aree di influenza del carico ed assegnare alle stesse l’aliquota di variabile di competenza; trattandosi di solaio esistente conviene eseguire il predimensionamento agli SLE combinazione rara (o caratteristica) in quanto calcolo del tutto analogo alle tensioni ammissibili; ciò consente di verificare anche tabellarmente i momenti di servizio massimi assegnati ai solai dalla manualistica del solaio. Se ragioniamo quindi per aree di influenza, sugli elementi metallici posti a interasse 2,20 metri, si avranno le seguenti sollecitazioni flessionali allo SLE-R,
M = (300 · 2,2) · 8,32/8 = 5683 daN/m
mentre si potrebbe ipotizzare che nei travetti di solaio si presenti una inversione
di momento al negativo con una consistente riduzione al positivo. In realtà l’ipotesi di distribuzione di carico per aree di influenza risulta molto conservativa per i profili metallici e non esattamente conservativa lato solaio, sia in termini di sollecitazioni che di deformazioni attese.
La giustificazione di tale affermazione risiede nella congruenza degli spostamenti reciproci tra trave metallica e solaio; infatti, la rigidezza della trave (modulo di inerzia) non consente l’ipotesi di infinita rigidezza (assunzione implicita quando si ragiona per campo di influenza), pertanto le deformazioni dei rinforzi metallici devono essere congruenti con quelle del solaio, con necessaria ridistribuzone del carico, che portano a valori di deformazione complessiva e di sollecitazione diversi rispetto all’ipotesi di distribuzione per area di influenza.
Per dimostrare quanto sopra e quantificare numericamente i vantaggi dell’intervento vengono confrontate le sollecitazioni nei travetti e nelle travi di rinforzo ante e post intervento e successivamente con due ipotesi di rinforzo; la prima con profili IPE270 S275, la seconda con profili HEA260 S275.
Il calcolo delle sollecitazioni nei travetti, eseguito in assenza di rinforzi, è ovviamente quello di una trave semplicemente appoggiata su due lati (non si considera per semplicità di esposizione un eventuale semincastro del solaio); le sollecitazioni sono esposte per singolo travetto SAP, che, da manualistica, risulta avere passo 20 cm (vedi Figure 17, 18 e 19).
Nelle immagini che seguono sono alternativamente riportate le sollecitazioni in termini di momento flettente e le deformazioni dovute ai soli variabili allo SLE-R ante intervento ed ipotizzando i profili prima IPE270 poi HEA260. Una notazione a parte è relativa alle ipotesi di ingresso di tale tipo di verifica; si sta parlando di un solaio esistente che ha oltre 50 anni, quindi fenomeni di viscosità (deformazioni differite a carico costante) possiamo considerarli esauriti.
Se si inseriscono due rinforzi equidistanti con profili IPE270, i valori delle sollecitazioni e deformazioni diventano:
Nell’ipotesi di utilizzare profili aventi rigidezza maggiore (HEA 260), i risultati cambiano come sotto indicato.
I tassi di sfruttamento allo SLU delle IPE270 e delle HEA260 sono entrambi al di sotto dell’unità, quindi formalmente entrambe le soluzioni sarebbero applicabili strutturalmente lato acciaio.
Osservando i diagrammi delle sollecitazioni e delle deformazioni appare immediatamente evidente che la ridistribuzione avviene in funzione delle reciproche deformazioni tra trave metallica e travetti, con sostanziale riduzione delle sollecitazioni nei travetti in prossimità degli appoggi delle travi metalliche per poi ridursi i benefici verso il centro della stanza.
Al fine di verificare se l’intervento è utile per superare la problematica iniziale di scarsa capacità portante del solaio SAP, i miglioramenti percentuali in termini di riduzione delle sollecitazioni nei travetti devono essere esposti in relazione allo stato di sollecitazione totale (quindi comprensivo anche dei pesi propri e permanenti), mentre in termini deformativi, in relazione ai soli carichi variabili.
Riassumendo, sui travetti si hanno le seguenti sollecitazioni ante intervento e post intervento; tra parentesi i miglioramenti percentuali, che ovviamente si hanno per trave metallica più rigida.
In conclusione, sulla base delle riduzioni di sollecitazione nei travetti, sarà possibile eseguire la verifica di capacità portante dei travetti SAP del solaio. Nel caso la riduzione non sia sufficiente, risulterà necessario reiterare il calcolo inserendo una trave metallica più rigida. Si fa osservare come il momento flettente sui profili metallici calcolato per area di influenza sia ovviamente molto superiore a quello calcolato tenendo conto della effettiva deformabilità e ridistribuzione del carico (valori per solo variabile SLE-R).
Quindi sostanzialmente l’equilibrio progettuale tra il tipo di profilo da utilizzare e la verifica post intervento della capacità portante del solaio deriva dalla ricerca di profili metallici la cui rigidezza consenta di ridurre le sollecitazioni nei travetti fino al valore che soddisfi la verifica di capacità del solaio stesso.
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