Sanzioni per abuso edilizio, quali tariffe si applicano

La rassegna delle sentenze della settimana scorsa: al primo posto pari merito, due TAR sulle sanzioni per abusi edilizi, in particolare sulle tariffe applicabili e sull’invio della notifica a uno dei due coniugi

Mario Petrulli 05/03/18

Ecco la selezione di alcune sentenze pubblicate la scorsa settimana. Gli argomenti oggetto delle pronunce sono: sanzioni per abuso edilizio, tariffe applicabili e validità della notifica a uno dei coniugi; permesso di costruire per un soppalco e permesso di costruire in deroga, silenzio-assenso; oneri concessori, rinuncia, mancato utilizzato, obbligo di restituzione; rielaborazione piano urbanistico, ripubblicazione, entità delle modifiche.

Sanzioni abuso edilizio, quali tariffe si applicano

Estremi della sentenza: TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 27 febbraio 2018 n. 568
Massima: per le sanzioni pecuniarie relative a interventi abusivi si applicano le tariffe vigenti al momento dell’adozione del provvedimento

Con riguardo al calcolo della sanzione pecuniaria ex art. 34 del D.P.R. n. 380 del 2001 per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, è corretto ancorarla al momento attuale, applicando le tariffe vigenti, e non a quello della realizzazione dell’abuso, in quanto si è al cospetto di un abuso di carattere permanente che non può consentire all’autore dell’illecito edilizio di ottenere un lucro legato al decorso del tempo.

Secondo la giurisprudenza, infatti, “la stima va effettuata in ogni caso al momento in cui il Comune irroga la sanzione pecuniaria, e non con riferimento alla data di accertamento dell’infrazione o di ultimazione dell’opera abusiva. Ciò onde evitare che il responsabile dell’abuso possa ritrarre un indebito arricchimento per effetto dell’incremento del prezzo della costruzione successivo all’ultimazione dell’abuso e che la sanzione pecuniaria si concreti in un vantaggio economico rispetto all’alternativa costituita dalla sanzione demolitoria” (T.A.R. Puglia, Bari, III, 15 giugno 2015, n. 877; altresì, Consiglio di Stato, IV, 24 novembre 2016, n. 4943; T.A.R. Veneto, II, 7 dicembre 2017, n. 1114).

Sanzioni edilizie, notifica a uno dei coniugi

Estremi della sentenza: TAR Campania, Napoli, sez. VII, sent. 26 febbraio 2018 n. 1229
Massima: la notifica di un provvedimento sanzionatorio in materia edilizia a uno dei coniugi conviventi vale per entrambi

Nella procedura sanzionatoria degli abusi edilizi, si deve ritenere sufficiente la notifica di un atto della procedura ad uno dei coniugi conviventi per raggiungere lo scopo della sua conoscenza anche nei riguardi dell’altro (TAR Campania, Napoli, Sez. IV n. 7511 del 29 aprile 2004; in senso analogo Tar Campania, Napoli, Sez. II, 19/11/2009, n. 7715).

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Permesso di costruire per un soppalco

Estremi della sentenza: TAR Campania, Napoli, sez. IV, sent. 26 febbraio 2018 n. 1273
Massima: serve il permesso di costruire per un soppalco di rilevanti dimensioni

In linea generale, la realizzazione di un soppalco non rientra nell’ambito degli interventi di restauro o risanamento conservativo, ma nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia, qualora determini una modifica della superficie utile dell’appartamento, con conseguente aggravio del carico urbanistico (T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. II, 23-09-2011, n. 952; T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, 11-07-2011, n. 1863; T.A.R. Campania Napoli Sez. II, 21-03-2011, n. 1586; T.A.R. Campania Napoli Sez. IV Sent., 29-07-2008, n. 9518).

La realizzazione di un soppalco può ritenersi rientrare nel concetto di restauro o risanamento conservativo quando per le sue limitate caratteristiche di estensione e per le modeste dimensioni sia tale da escludere la possibilità di creare un ambiente abitativo e, quindi, di incrementare le superfici o il carico urbanistico.

Al riguardo la giurisprudenza ritiene a esempio che la costruzione di un soppalco di modeste dimensioni ad uso deposito o ripostiglio, all’interno di un locale per ottenere la duplice utilizzazione di un vano, è, di regola, opera che, non comportando aumento di volume, né aumento della superficie utile, né modifica della destinazione d’uso dell’immobile, non è riconducibile alla categoria della ristrutturazione edilizia, ricorrendo in tale ipotesi una fattispecie di restauro e risanamento conservativo in quanto si rivela rispettoso delle caratteristiche tipologiche, formali e strutturali dell’edificio e non comporta una destinazione d’uso con esse incompatibile. Conseguentemente, un soppalco di circa 80 mq. necessita del permesso di costruire.

Permesso di costruire in deroga, vale il silenzio assenso?

Estremi della sentenza: TAR Piemonte, sez. II, sent. 27 febbraio 2018 n. 270
Massima: sulla domanda di permesso di costruire in deroga non può formarsi il silenzio-assenso

Secondo noti principi, la formazione del silenzio-assenso sulla domanda di permesso di costruire postula, non soltanto l’avvenuta presentazione dell’istanza e il decorso del termine di conclusione del procedimento normativamente previsto, ma pure che l’istanza sia assistita da tutti i presupposti previsti per il suo accoglimento, e, in particolare, che essa sia conforme agli strumenti urbanistici vigenti (da ultimo, TAR Piemonte, II, 3 gennaio 2018, n. 12).

Da tale principio consegue che l’operatività dell’istituto del silenzio-assenso nella materia edilizia deve ritenersi confinata all’ipotesi in cui la richiesta del privato abbia ad oggetto il rilascio di un permesso di costruire “ordinario”, in relazione al quale l’amministrazione si limita a verificare la conformità del progetto edilizio alla normativa di settore e alla strumentazione urbanistica vigente, attraverso un’attività sostanzialmente vincolata nei propri contenuti, avendo l’amministrazione già esaurito la propria discrezionalità in sede pianificatoria, all’atto di redigere lo strumento urbanistico.

Per contro, l’istituto del silenzio-assenso di cui all’art. 20 del Testo Unico dell’Edilizia non è applicabile alla diversa fattispecie della richiesta di rilascio di un permesso di costruire “in deroga al vigente PRGC” di cui all’art. 5 comma 9 del D.L. n. 70 del 2011, dal momento che in tal caso l’amministrazione, lungi dal limitarsi a verificare la mera conformità del progetto edilizio allo strumento urbanistico vigente, è tenuta a valutare, innovativamente e con amplissima discrezionalità, se sussistano i presupposti di interesse pubblico per modificare lo strumento urbanistico vigente; il che, tra l’altro, giustifica e impone l’intervento in seno al procedimento amministrativo dell’organo consiliare, al quale soltanto competono le scelte di carattere pianificatorio e programmatorio in seno all’amministrazione comunale.

Pertanto, nel caso di istanze di privati preordinate al rilascio di un permesso di costruire in deroga allo strumento urbanistico di cui all’art. 5 comma 9 del D. L. n. 70 del 2011 (convertito in l. n. 106 del 2011), l’istituto del silenzio-assenso non è applicabile perché, se così non fosse, verrebbe pretermessa la necessaria valutazione degli interessi pubblici coinvolti nella pianificazione urbanistica (in tal senso, su fattispecie analoghe, Cons. Stato, sez. IV, 26 luglio 2017, n. 3680; TAR Pescara, I, 11 dicembre 2017, n. 352).

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Oneri concessori, obbligo di restituzione

Estremi della sentenzaTAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 28 febbraio 2018 n. 596
Massima: il Comune deve restituire gli oneri concessori in caso di rinuncia o mancato utilizzo del permesso di costruire

Come noto, in base a un consolidato orientamento giurisprudenziale, il contributo di costruzione è strettamente correlato alla trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e, dunque, al concreto esercizio della facoltà di costruire. Pertanto, secondo la giurisprudenza, il contributo non è dovuto in caso di rinuncia o, comunque, di mancato utilizzo del permesso di costruire, con conseguente obbligo della pubblica amministrazione, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., di restituire le somme eventualmente incamerate a tale titolo (cfr. fra le tante, TAR Campania Salerno, sez. I, 31 gennaio 2017, n. 179).

Rielaborazione piano urbanistica, entità delle modifiche

Estremi della sentenza: TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 27 febbraio 2018 n. 564
Massima: Non può individuarsi un’ipotesi di rielaborazione complessiva del piano, con conseguente obbligo di ripubblicazione, quando in sede di approvazione vengano introdotte modifiche che riguardano la disciplina di singole aree o singoli gruppi di aree

Sebbene, in base a un consolidato orientamento giurisprudenziale, la rielaborazione complessiva di uno strumento di pianificazione territoriale, avvenuta in sede di approvazione definitiva dello stesso, comporti la necessità della sua ripubblicazione, va tuttavia osservato che ricorre una tale ipotesi allorquando fra la fase di adozione e quella di approvazione siano intervenuti mutamenti tali da determinare un cambiamento radicale delle caratteristiche essenziali del piano e dei criteri che presiedono alla sua impostazione (cfr., da ultimo, T.A.R. Lombardia, Milano, II, 15 dicembre 2017, n. 2393).

Con riferimento ai piani urbanistici dei Comuni, la giurisprudenza esclude che si possa parlare di rielaborazione complessiva del piano quando in sede di approvazione vengano introdotte modifiche che riguardano la disciplina di singole aree o singoli gruppi di aree (cfr. Consiglio di Stato, IV, 4 dicembre 2013, n. 5769; 30 luglio 2012, n. 4321; 27 dicembre 2011, n. 6865).

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

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