Tettoie aperte su tre lati: non hanno rilevanza volumetrica

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Ecco la selezione delle massime di alcune sentenze su edilizia e urbanistica, pubblicate nella scorsa settimana. Gli argomenti delle pronunce sono:

  • rilevanza volumetrica di una tettoia aperta sui tre lati;
  • realizzazione di un piazzale per il deposito di autoveicoli in area agricola;
  • ordine di demolizione – trasmissibilità agli eredi dell’autore dell’abuso;
  • sequestro penale – conseguenza su termine di esecuzione dei lavori;
  • piccola scala in ferro – rispetto della distanza.

Rilevanza volumetrica di una tettoia aperta sui tre lati

Estremi della sentenza: TAR Campania, sez. I Salerno, sent. 16 gennaio 2017 n. 109
Massima: La tettoia aperta su tre lati non ha rilevanza volumetrica

 

Deve escludersi la rilevanza volumetrica di una tettoia in legno ad una sola falda, di forma rettangolare, avente dimensioni di mq. 31,42 e altezza in gronda di m. 2,50 ed alla gronda di m. 2,65, realizzata sul terrazzo proprietà, ad esclusivo servizio di detto piano, poggiante per un lato direttamente sulla struttura esistente del fabbricato e per l’altro su pilastrini in legno: e ciò in quanto, come affermato già in precedenza dalla giurisprudenza (cfr. TAR Molise, sez. I, sent. 29 gennaio 2016, n. 43), detto manufatto è aperto su tre lati.

Realizzazione di un piazzale per il deposito di autoveicoli in area agricola

Estremi della sentenza: TAR Piemonte, sez. II, sent. 18 gennaio 2017 n. 134
Massima: Deve ritenersi del tutto inconciliabile con la finalità agricola, e non può dunque essere ammissibile, la realizzazione in area agricola di un’ampia pavimentazione, destinata a fungere da piazzale per il deposito di autoveicoli, con conseguente alterazione dello stato dei luoghi e permanente trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio

 

Le normative comunali, che ammettono una limitata possibilità di realizzare in zona agricola interventi edilizi, devono essere interpretate nel senso che si deve comunque assicurare tutela del territorio agricolo e alla sua concreta utilizzazione a fini alimentari, dovendo al contrario ritenersi del tutto inconciliabili con le finalità di una zona agricola la realizzazione di strutture che ne pregiudichino definitivamente la destinazione naturale del territorio e comportano la sua deruralizzazione; di conseguenza deve ritenersi del tutto inconciliabile con la finalità agricola, e non può dunque essere ammissibile, la realizzazione in area agricola di un’ampia pavimentazione per uno spessore di circa 50 cm., destinato a fungere da piazzale per il deposito di autoveicoli, con conseguente alterazione dello stato dei luoghi e permanente trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio (Consiglio di Stato sez. IV,  10 marzo 2014 n. 1099).

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Per giurisprudenza pacifica e consolidata, la realizzazione di pavimentazione esterna costituisce nuova costruzione, necessitante di permesso di costruire.

È stato affermato, in particolare, che “La pavimentazione di un’area già allo stato naturale, e la destinazione della stessa a parcheggio di autoveicoli, non può in alcun modo configurarsi come intervento di manutenzione (ordinaria o straordinaria), consolidamento statico o restauro conservativo, trattandosi di opera edilizia nuova, e non già di intervento trasformativo di manufatto già esistente” (Consiglio di Stato sez. VI  12 agosto 2016 n. 3620).

In senso analogo, si è pronunciato di recente anche il TAR Campania, sez. VIII Napoli, con sentenza del 10 marzo 2016 n. 1397, secondo cui “È del tutto inconciliabile con la finalità agricola, e non può essere ammissibile, la realizzazione in area agricola di opere di battitura del terreno, riporto di sabbia e di materiali inerti con asfaltatura per la realizzazione di una pavimentazione per uno spessore di circa 50 cm. La realizzazione del piazzale-deposito altera lo stato dei luoghi e costituisce un intervento di permanente trasformazione edilizia e urbanistica del territorio disciplinato dall’art. 3, d.P.R. n. 380 del 2001 che, essendo subordinato al permesso di costruire, deve necessariamente rispettare le tipologie e le destinazioni d’uso funzionali consentite per la zona agricola”.

Ordine di demolizione: trasmissibilità agli eredi dell’autore dell’abuso

Estremi della sentenza: TAR Sardegna, sez. II, sent. 16 gennaio 2017 n. 15
Massima: L’ordine di demolizione si trasferisce agli eredi

 

Secondo un consolidato orientamento del Consiglio di Stato, nel nostro ordinamento vige la trasmissibilità agli eredi dell’obbligazione costituita dal ripristino dei luoghi mediante la demolizione delle opere edificate senza un legittimo titolo edilizio, considerata la natura reale della misura repressiva (ex multis, sez. VI, sent. 7 aprile 2014, n. 3392; sez. VI, sent. 10 febbraio 2015, n. 708 e sent. 15 aprile 2015, n. 1927).

L’orientamento citato è stato recentemente ripreso anche dal TAR Molise, nella sent. 21 aprile 2016 n. 180. In detta occasione i giudici hanno ricordato che, “in materia edilizia, la misura dell’ordine di riduzione in pristino dello stato dei luoghi, che consegue all’accertamento del carattere illegittimo di un manufatto realizzato senza titolo o in sua difformità, ha carattere reale in quanto è volta a ripristinare l’ordine prima ancora materiale che giuridico, alterato a mezzo della sopravvenienza oggettiva del manufatto, cioè di una cosa, priva di un giusto titolo: non già a sanzionare il comportamento che ha dato luogo a quella cosa (al che presiede, piuttosto, la fattispecie penale dell’art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001).

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Ne consegue, a ben vedere, che la stessa qualificazione di ‘sanzione’ della misura ripristinatoria è impropria, perché non si tratta di sanzionare, cioè di punire, un comportamento, ma solo di adottare una misura di ricomposizione dell’ordine urbanistico quale si presentava, e che ha di mira solo l’eliminazione degli effetti materiali dell’avvenuta sua ingiustificata alterazione. Per questa ragione, la misura demolitoria è opponibile anche a soggetti estranei al comportamento illecito (ad es. gli eredi o aventi causa dell’autore dell’abuso).

Per tal genere di misure riparatorie a carattere reale, non è dato dubitare, per costante, consolidata e risalente giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, VI, 7 aprile 2014, n. 3392; 10 febbraio 2015, n. 708), della trasmissibilità agli eredi dell’obbligazione ripristinatoria insita nell’ordine di demolizione dell’opera abusiva e quindi dell’opponibilità dell’ordine di demolizione anche nei confronti degli eredi a cui non sia stata notificata”.

Conseguenze sul termine di esecuzione dei lavori: sequestro penale

Estremi della sentenza: TAR Sardegna, sez. II, sent. 16 gennaio 2017 n. 17
Massima: Il sequestro penale del cantiere sospende la decorrenza del termine di esecuzione delle opere

 

Il sequestro penale del cantiere sospende la decorrenza del termine di esecuzione delle opere, secondo quanto affermato da un costante orientamento giurisprudenziale (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sent. 26 aprile 2005, n. 1895; TAR Sardegna, sez. II, sent. 1 marzo 2016, n. 195) sul rilievo che la sospensione del termine costituisce espressione del principio generale cristallizzato nell’art. 2935 cc., secondo cui l’inerzia del titolare di una situazione soggettiva favorevole non può comportarne la prescrizione o decadenza in relazione al periodo di tempo in cui lo stesso titolare non si trovava nella possibilità (materiale o giuridica) di esercitarla.

Rispetto delle distanze: piccola scala in ferro

Estremi della sentenza: TAR Calabria, sez. II Catanzaro, sent. 19 gennaio 2017 n. 74
Massima: Una piccola scala in ferro non deve rispettare la distanza di 3 metri prevista dall’art. 873 c.c.

 

Con riferimento ad una scala esterna realizzata in piccola carpenteria in ferro, va escluso che la stessa debba rispettare la distanza di 3 metri prescritta dall’art. 873 c.c., disciplinante la distanza tra costruzioni su fondi finitimi non uniti o aderenti, posto che non è possibile equiparare un edificio, cioè una casa più una scala, ad una semplice scala (cfr. TAR Piemonte, sez. I, sent. 25 marzo 2008, n. 505). Di talché, la sua realizzazione in difformità al titolo edilizio è passibile di sanzione pecuniaria e non demolitoria.

Redazione Tecnica

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