Riforma del lavoro, i professionisti non sono presunti co.co.co

In una nuova disposizione del disegno di legge per la riforma del lavoro, presentato dal ministro del Welfare Elsa Fornero e ora all’esame del Parlamento, è contenuta l’esclusione delle professioni dalla stretta decisa dal Governo sulle finte partite Iva: la presunzione di co.co.co. non si applica alle attività professionali per le quali è richiesta l’iscrizione all’Albo.

 

Le prestazioni lavorative di una persona con partita Iva sono considerate rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, salvo prova contraria da parte del committente, se ricorrono due dei seguenti presupposti:
– se la collaborazione è di durata complessivamente superiore ad almeno sei mesi nell’arco dell’anno solare;
– se il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d’imputazione di interessi, costituisce più del 75% dei corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco dello stesso anno solare;
– se c’è una postazione di lavoro presso una delle sedi del committente.

Con almeno due di questi presupposti, la collaborazione diventa co.co.pro. in presenza di un progetto; se non c’è un progetto, la collaborazione è un rapporto dipendente a tempo indeterminato.

La presunzione legale di co.co.co. si applica però ai rapporti instaurati dopo l’entrata in vigore della riforma. Per i rapporti in corso nel momento in cui entra in vigore la riforma, la presunzione si applica decorsi dodici mesi, al fine di consentire gli opportuni adeguamenti.

Come anticipato sopra, la presunzione legale di co.co.co. e la sanzione della conversione del rapporto lavorativo in rapporto dipendente non si applicano quando il il contenuto del rapporto stesso è riconducibile ad attività professionali intellettuali per l’esercizio delle quali occorre l’iscrizione agli albi professionali.

Redazione Tecnica

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