I terreni edificabili già utilizzati possono esprimere ancora ulteriori possibilità edificatorie qualora non sia stato utilizzato interamente l’indice di edificabilità, ovvero sia stato modificato in sede di pianificazione successiva al primo intervento edilizio. Al riguardo, il diritto di edificare inerisce alla proprietà dei suoli nei limiti stabiliti dalla legge e dagli strumenti urbanistici, tra i quali quelli diretti a regolare la densità di edificazione ed espressi negli indici di fabbricabilità.
Il diritto di edificare, pertanto, è conformato anche da tali indici, di modo che ogni area non è idonea a esprimere una cubatura maggiore di quella consentita dalla legge (ex art. 4, della legge. 28 gennaio 1977, n. 10) e dallo strumento urbanistico, e, corrispondentemente, qualsiasi costruzione, anche se eseguita senza il prescritto titolo, impegna la superficie che, in base allo specifico indice di fabbricabilità applicabile, è necessaria per realizzare la volumetria sviluppata.
Pertanto, un’area edificatoria già utilizzata a fini edilizi è suscettibile di ulteriore edificazione solo quando la costruzione su di essa realizzata non esaurisca la volumetria consentita dalla normativa vigente al momento del rilascio dell’ulteriore permesso di costruire, dovendosi considerare non solo la superficie libera ed il volume ad essa corrispondente, ma anche la cubatura del fabbricato preesistente al fine di verificare se, in relazione all’intera superficie dell’area, residui l’ulteriore volumetria di cui si chiede la realizzazione (Consiglio di Stato, Sez. IV, 26 settembre 2008, n. 4647), a nulla rilevando che questa possa insistere su una parte del lotto catastalmente divisa (Consiglio di Stato, Sez. V, 28 febbraio 2001, n. 1074).
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Ai fini del calcolo della volumetria realizzabile, infatti, non rileva la circostanza che l’unico fondo del proprietario sia stato suddiviso in catasto in più particelle, dovendosi verificare l’esistenza di più manufatti sul fondo dell’originario unico proprietario (Consiglio di Stato, Sez. V, 26 novembre 1994, n. 1382).
Ai sensi dell’art. 7 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, il Comune disciplina, con il Piano regolatore generale, l’assetto urbanistico dell’intero territorio comunale, in particolare prevedendo la divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone destinate all’espansione dell’aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona.
Le previsioni del Piano servono a conformare l’edificazione futura e non anche le costruzioni esistenti al momento dell’entrata in vigore del Piano o di una sua variante (Consiglio di Stato, Sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4009), ciò facendo con prescrizioni tendenzialmente a tempo indeterminato, in quanto conformative delle destinazioni dei suoli (Consiglio di Stato, Sez. II, 18 giugno 2008, n. 982).
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