Armando Zambrano a Ediltecnico: nello Sblocca Italia gli errori del passato

Formazione professionale e accreditamento dei corsi di aggiornamento, l’evoluzione della professione dell’Ingegnere e la risposta concreta cui sono chiamati gli Ordini provinciali per dare risposte soddisfacenti ai professionisti … senza dimenticare l’attività della Rete delle Professioni Tecniche (RPT) e la risposta al recente dibattito sulla sua reale efficacia.

È un’intervista a tutto campo quella che l’ing. Armando Zambrano, presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri e coordinatore della RPT, ha voluto concedere in esclusiva a Ediltecnico.

A Zambrano abbiamo subito voluto chiedere qualcosa sull’attualità.

Mauro Ferrarini. Presidente Zambrano, 2013 Annus Horribilis per l’ingegnere italiano (soprattutto se giovane e/o donna). Quando si invertirà la tendenza? Il nuovo Governo ha creato le condizioni per la ripresa? Cosa avrebbe dovuto fare (e non ha fatto) e cosa invece ha già realizzato di positivo?

Armando Zambrano. Non solo il 2013, purtroppo, è stato orribile. È dal 2008 che vediamo un calo drammatico e costante dei redditi professionali. In 7 anni gli ingegneri hanno perso mediamente circa 7 mila euro di reddito professionale, tornando indietro ai livelli del 1999. Una situazione insostenibile per molti di noi.

L’inversione di tendenza ancora non si vede; il 2014 sarà un anno di stagnazione e lo stesso probabilmente sarà per il 2015. Per una effettiva ripresa dobbiamo guardare al 2016. Il Governo ha annunciato diverse misure che potrebbero contribuire ad invertire questa tendenza; bisogna vedere se dagli annunci si passerà ai fatti.

Mauro Ferrarini. E quali sono i vostri auspici?

Armando Zambrano. Ci attendiamo in primo luogo una conferma anche per il 2015 degli incentivi per gli interventi di ristrutturazione e risparmio energetico, gli unici che hanno impedito al settore dell’edilizia di sprofondare ulteriormente.

Nello “Sblocca Italia” si ripetono però gli errori del passato. Anche in questo decreto gli interventi per le infrastrutture e la messa in sicurezza dal rischio idrogeologico, pure presenti, prevedono l’affidamento dei lavori con la sola progettazione preliminare, riproponendo, di fatto, l’appalto integrato, oppure l’affidamento degli incarichi di progettazione alle società in house delle amministrazioni centrali e locali. In questo modo si taglia la possibilità per i professionisti di beneficiare di tali interventi; interventi che come in passato saranno caratterizzati da varianti, ritardi e innalzamento dei costi.

Anche in tema di semplificazione lo “Sblocca Italia” è assolutamente carente; sono, infatti, assenti gli interventi elaborati e proposti dalla Rete delle Professioni Tecniche che avrebbero potuto apportare una vera rivoluzione.

Mauro Ferrarini. Si riferisce al Regolamento edilizio unico?

Armando Zambrano. Proprio così. Il Regolamento edilizio Unico potrebbe portare a superare la frammentazione derivante dai migliaia regolamenti edilizi comunali che costituiscono una fonte di complessità burocratica. Oppure alla determinazione di un limite temporale alla possibilità per le amministrazioni locali di agire “in autotutela” contro i titoli edilizi rilasciati. Insomma di positivo, purtroppo, al momento vedo poco. E non ce lo possiamo davvero più permettere.

Mauro Ferrarini. Prima ha citato la Rete delle Professioni Tecniche. In una recente lettera pubblicata sul sito del CNI ha rivendicato le azioni positive svolte dalla RPT. Ma si continua a leggere che gli Ordini e le associazioni che riuniscono le categorie professionali fanno poco per gli ingegneri e si occupano solo dei “massimi sistemi”, trascurando i problemi più immediati e mancando di capacità comunicativa. Cosa risponde?

Armando Zambrano. Posso dirle, come prima cosa, che la Rete delle Professioni Tecniche è stata costituita proprio per sopperire alla mancanza di rappresentanza di oltre 600 mila professionisti tecnici, che non avevano alcuna voce presso le istituzioni ed il mondo politico. La Rete, nonostante sia operativa solo da due anni, con la sua azione a tutto campo, ha già ottenuto importanti e concreti risultati, decisamente utili per chi esercita quotidianamente la professione. Fatti, ribadisco, e non dialoghi sui “massimi sistemi”.

Mauro Ferrarini. A cosa si riferisce esattamente?

Armando Zambrano. Mi riferisco, come prima cosa, alla pubblicazione lo scorso dicembre del DM 143/2013 sui corrispettivi da porre a base d’asta nelle gare per i servizi di ingegneria e architettura, che ha posto fine al “libero arbitrio” delle stazioni appaltanti nella determinazione dei prezzi. La Rete, recentemente, è, poi, riuscita a far modificare il regolamento per la formazione degli amministratori di condominio, che prevede nell’importante ruolo di formatori degli amministratori, anche i professionisti tecnici, i quali, nella prima versione del Regolamento erano stati, inspiegabilmente, esclusi.

La Rete, quasi in solitario, sta cercando di contrastare il potere immenso delle banche, per quanto riguarda l’obbligo di accettare pagamenti con carte di debito (mediante POS) , con diverse proposte che hanno l’obiettivo di mitigare l’effetto, in termini di costi crescenti, dell’obbligo sui professionisti, che sono già gravati di numerosi oneri e non ne vogliono ulteriori. Siamo stati, a tal proposito recentemente ricevuti in audizione dalla Camera dei Deputati dove abbiamo presentato diverse proposte di modifica del regolamento attuativo. Sempre alla Camera sono in discussione, in questi giorni, diversi emendamenti che la RPT è riuscita a far inserire nell’iter di approvazione definitiva del Decreto Legge “Sblocca Italia”; uno di questi  riguarda il tentativo di rendere più accessibili ai singoli professionisti le gare per i servizi di progettazione, che oggi presentano requisiti di accesso del tutto immotivati e tendenti a “premiare” solo le società di ingegneria. Come si vede si tratta di iniziative puntuali, che poco hanno a che fare con i massimi sistemi e molto con le concrete necessità dei professionisti.

Mauro Ferrarini. Questione formazione continua. I professionisti (almeno una buona parte) lamentano che l’obbligo della formazione continua e il riconoscimento dei CFP sia solo un modo per fare mercimonio. Qual è la posizione del CNI e cosa si deve fare per sgomberare il campo da sospetti e malumori?

Armando Zambrano. Il sistema della formazione continua istituito dal CNI è stato improntato, sin dalla sua origine, al perseguimento dell’obiettivo di garantire al professionista il conseguimento, nel superiore interesse della collettività, del più elevato grado di aggiornamento professionale, al fine di consentirgli di fronteggiare le sempre più impegnative sfide poste dal mondo lavorativo contemporaneo.

In questo senso, ritengo di poter affermare che tale obiettivo sia stato pienamente raggiunto dal CNI, come testimoniato anche dal fatto che quest’ultimo ha registrato sinora un malumore che è rimasto comunque molto limitato rispetto all’ampio numero dei soggetti a vario titolo coinvolti. La normativa di riferimento prevede che, oltre agli Ordini territoriali (considerati soggetti formatori per eccellenza), le associazioni e gli altri soggetti, tra cui le società private, possano organizzare attività formative riconoscibili in termini di CFP, previa autorizzazione dei consigli nazionali degli ordini o collegi di riferimento.

Il nostro Consiglio ha quindi deciso, a differenza di altri, di vincolare la concessione dell’autorizzazione alla verifica del possesso di specifici requisiti del soggetto interessato e non delle singole attività formative. Il nostro regolamento consente agli iscritti di ottenere il riconoscimento di 15 crediti formativi l’anno, per le attività di aggiornamento connesse alla propria attività professionale. Per quanto riguarda gli Ordini, è opportuno sottolineare che essi hanno svolto, dal 1° febbraio al 10 settembre 2014, 1.774 eventi formativi, di cui oltre la metà (51%) a carattere gratuito, il 12% con un contributo richiesto inferiore a 30 euro, il 13% con un contributo compreso tra 30 e 80 euro e solo il 24% con un contributo superiore a 80 euro. Il CNI, attraverso la Scuola Superiore di Formazione Professionale per l’Ingegneria, sta inoltre predisponendo un’offerta formativa a distanza che potrà arricchire significativamente le opportunità di aggiornamento per gli iscritti a costi bassissimi se non nulli.

Mauro Ferrarini. Ma secondo lei il sistema di accreditamento dei corsi di formazione è sufficiente da solo a garantire la qualità del servizio erogato?

Armando Zambrano. Il Consiglio Nazionale procede all’accreditamento dei corsi solo dopo aver effettuato un preciso controllo sulla scientificità degli stessi, attraverso un’attenta valutazione dei programmi e dei curricula dei docenti. Riferendomi nuovamente ai dati sulle attività formative erogate dagli Ordini, è significativo che il 10% di queste ultime sia caratterizzato da una forte impronta innovativa. In aggiunta, ricordo che il CNI ha istituito la Scuola Superiore di Formazione Professionale per l’Ingegneria, con il compito di estendere l’offerta formativa disponibile ed elevarne il livello. Anche in questo caso, comunque, il CNI sarà impegnato a contrastare, tramite l’implementazione di un proprio servizio ispettivo, l’esistenza di attività formative che non rispettino gli elevati standard qualitativi fissati.

Mauro Ferrarini. Il profilo dell’ingegnere sta cambiando. Il singolo professionista è ormai una figura che, complice la crisi, ha subito un brusco ridimensionamento ed è ormai un modello che vive solo in Italia. All’estero vediamo fiorire grandi società di ingegneria, multidisciplinari e con professionisti iper specializzati. Secondo lei il modello italiano ha ancora un futuro? Quali azioni sta mettendo in piedi il Consiglio e gli ordini per fronteggiare questo cambiamento?”

Armando Zambrano. Mi faccia, intanto, dire che nell’attuale dibattito europeo sulle prospettive di ripresa e sviluppo dell’economia continentale il sistema delle libere professioni ha guadagnato una nuova centralità, proprio in ragione del ruolo crescente che i servizi “ad alta intensità di conoscenza”, come quelli professionali, assumono per lo sviluppo economico complessivo, in termini di PIL, difesa dell’occupazione e innovazione. Basti pensare, inoltre, che i professionisti dell’area tecnica e quelli dell’area sanitaria sono passati dai 4,6 milioni del 2008 ai 5,2 milioni nel 2012.

Certo, a causa dei forti cambiamenti del mercato i professionisti hanno cominciato, da tempo, a modificare le forme tradizionali dell’esercizio della propria attività. Da una recente ricerca del Centro Studi, presentata al Congresso di categoria tenutosi lo scorso settembre a Caserta, è, infatti, emersa una inequivocabile tendenza alla crescita delle dimensioni degli studi professionali e alla costituzione di network professionali la cui importanza è centrale per la stragrande maggioranza degli ingegneri. Anche perché tali modalità organizzative sono quelle che garantiscono le migliori performance in termini di fatturato (chi opera tramite studio individuale non supera la soglia dei 50.000 euro, quello degli studi associati sale ad oltre 173.000 euro).

Mauro Ferrarini. E gli Ordini che faranno?

Armando Zambrano. Questa domanda di innovazione chiama in causa anche gli Ordini, cui gli ingegneri chiedono di organizzarsi per fornire loro servizi di supporto allo sviluppo dell’attività professionale di vario tipo, dall’accesso ai fondi europei, fino all’inserimento nel mercato del lavoro, passando per la partecipazione ai bandi pubblici. Per quanto riguarda l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, oltre il 70% degli Ordini ha già predisposto servizi in tal senso.

Il CNI sta per lanciare WORKIng, una piattaforma nazionale per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Gli Ordini sono già al lavoro sugli altri fronti e il Consiglio nazionale sta implementano nuovi servizi a loro supporto.

Mauro Ferrarini

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