Sedici articoli più nove allegati. È questa la consistenza del tanto atteso nuovo regolamento sull’utilizzo delle terre e rocce da scavo, pubblicato finalmente in Gazzetta Ufficiale lo scorso venerdì 21 settembre 2012 come decreto ministeriale 10 agosto 2012, n. 161.
Ciò che balza subito agli occhi è il ritorno del consueto termine terre e rocce da scavo, ma solo nel titolo del decreto, dove invece, nelle versioni circolate in questi mesi, era presente il termine materiale da scavo. In realtà, il decreto è tutto incentrato proprio su quest’ultimo termine, intendendo con questa locuzione “il suolo o sottosuolo, con eventuali presenze di riporto, derivanti dalla realizzazione di un’opera”. Per il resto, a un primo sguardo, non si evidenziano rilevanti novità rispetto alle bozze finora disponibili, fatta eccezione per l’assenza delle procedure semplificate per i piccoli cantieri, presenti invece nelle precedenti versioni.
È ovvio che solo un’attenta lettura, anche comparata con i precedenti testi, consentirà di apprezzare eventuali modifiche di dettaglio, ma poiché l’impianto del decreto è sostanzialmente quello che ormai da mesi ci si attendeva, permangono le perplessità e i dubbi già sollevati in numerose occasioni e che saranno oggetto di approfondimento in successivi articoli (leggi anche Terre e rocce da scavo: è la volta buona?).
Corre poi l’obbligo di precisare che il decreto in questione non è per niente esente da eventuali future “mannaie” comunitarie, qualora i tecnici di Bruxelles dovessero riscontrare contrasti con la normativa europea. Infatti, molti commentatori, compreso chi scrive (e l’occasione è utile per fare pubblica ammenda), sono stati tratti in inganno dalla grancassa mediatica su quello che era stato definito “via libera” comunitario al regolamento sulle terre e rocce da scavo (vai al blog di Roberto Pizzi).
In realtà, la Commissione europea, su precisa richiesta dell’Associazione di volontariato Idra di Firenze (impegnata nella vertenza del passante TAV del capoluogo toscano), ha chiarito che “l’assenza di controdeduzioni […] non significa che […] tale provvedimento sia compatibile con il diritto ambientale UE”.
Il regolamento è stato trasmesso alla Commissione ai sensi della direttiva 98/34/CE, volta a garantire il corretto funzionamento del mercato unico. “La Commissione”, prosegue la nota, “ha deciso di non presentare controdeduzioni in quanto ritiene che tale progetto di regolamento non crei ostacoli alla libera circolazione delle merci nel mercato unico”. Ciò “non pregiudica la decisione che la Commissione potrebbe prendere nel quadro di altri atti comunitari”.
La Commissione europea chiude la lettera di risposta all’Associazione Idra rimarcando il concetto che, se si valuterà che il regolamento è incompatibile con la direttiva 2008/98/CE sui rifiuti, la stessa Commissione “assumerà le iniziative necessarie per garantire il rispetto del diritto ambientale UE da parte della Repubblica Italiana, incluso, ove necessario, l’apertura di una procedura d’infrazione”.
L’impressione finale, proprio in considerazione delle tante criticità che questo regolamento sembra portarsi dentro sin dalla sua prima elaborazione, è che la telenovela sulle terre e rocce da scavo possa continuare anche dopo la pubblicazione del decreto 161/2012 (leggi anche l’articolo Terre e rocce da scavo: lo strano caso dei sottoprodotti “a termine”).
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento