La materia delle opere esterne e della loro rilevanza edilizia è sempre di attualità, e anche nelle ultime settimane si sono avute interessanti sentenze. Di seguito ne segnaliamo alcune, le più significative.
In primo luogo, secondo il TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 24 marzo 2022, n. 810, è sufficiente la SCIA per una tettoia di dimensioni contenute, costituita da 3 pilastri cm 30 x 30 x h m 2,30, con copertura ad una falda in legno e tegole, ancorata da un lato alla parete dell’immobile ad un’altezza massima di m 3,25 e dal lato opposto sui descritti pilastri ad un’altezza minima di m 2,30, per una superficie di circa m 9,00 x 2,15 = mq 19,35.
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SCIA per tettoia?
Ed infatti, la realizzazione di una tettoia, che – come, appunto, nella specie – non risulta comprovatamente chiusa da almeno due superfici contigue perpendicolari al piano di base (cfr. TAR Sardegna, sez. II, n. 183/2015; TAR Umbria, Perugia, n. 82/2014) e che, per di più, presenta dimensioni relativamente ridotte, è insuscettibile di comportare un incremento volumetrico rilevante, essendo riconducibile all’orbita dei beni urbanisticamente pertinenziali, ossia delle strutture a servizio di altre, e non è, quindi, subordinata al previo rilascio del permesso di costruire, cosicché, ove eseguita sine titulo (ossia senza SCIA) è sanzionata unicamente in via pecuniaria (cfr. TAR Campania, Salerno, sez. II, n. 976/2019).
I giudici salernitani hanno richiamato il Consiglio di Stato, sez. VI, che nella sent. n. 3819/2017 avevano affermato che “La realizzazione di una tettoia appoggiata ad una parete perimetrale per un lato ed a parapetti per altri due, tale da chiudere un terrazzo solo parzialmente … configura un intervento di ristrutturazione edilizia ‘leggera’, ovvero che non crea volumetria, né incide sui prospetti. Il titolo abilitativo necessario è, pertanto, costituito dalla segnalazione certificata di inizio attività, con conseguente illegittimità dell’applicazione della sanzione consistente nell’ordine di demolizione” (cfr., in senso adesivo, TAR Lazio, Latina, n. 117/2019).
Nelle settimane scorse abbiamo visto altre sentenze sul titolo edilizio necessario per realizzare una tettoia: da cosa dipende?
Pergola è edilizia libera?
In secondo luogo, il TAR Veneto, sez. II, nella sent. 22 marzo 2022, n. 480, ha ribadito che un pergolato di rilevanti dimensioni e solidamente ancorato al terreno non è un manufatto liberamente installabile: nel caso specifico si trattava di una superficie di 7,15×4,20 metri, un’altezza media pari a 2,93 metri, costituito da pilastri e travi di legno e solidamente ancorato al terreno e al fabbricato residenziale di proprietà tramite staffe metalliche, bulloni, puntazze in ferro annegate su plinti di cemento.
Tale considerazione risulta corretta in considerazione delle caratteristiche del manufatto che, pur privato di copertura, risultava saldamente ancorato al terreno e al fabbricato residenziale e pertanto non ha natura precaria e provvisoria, ma ha attitudine a garantire un’utilità prolungata nel tempo.
I giudici veneti hanno ricordato la giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui “il “pergolato”, rilevante ai fini edilizi, può essere inteso come un manufatto avente natura ornamentale, realizzato in struttura leggera di legno o altro materiale di minimo peso, facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, che funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e/o ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni.” (sez. IV, sent. 29 settembre 2011, n. 5409; sez. VI, sent. 2 luglio 2018, n. 4001 e sent. 3 gennaio 2022, n. 8).
L’installazione di un pergolato, generalmente, non è soggetta a titolo edilizio, purché il manufatto presenti le caratteristiche sopra descritte e sia, quindi, suscettibile di essere ricondotto alle opere di cui all’art. 6, comma 1, lett. e quinquies) del D.P.R. 380/2001. Conferma tale ricostruzione anche il decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 2 marzo 2018 che, nell’individuare le opere soggette ad edilizia libera, ha incluso i pergolati purché di limitate dimensioni e non stabilmente infissi al suolo.
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E una baracca in lamiera?
Infine, il TAR Campania, Salerno, sez. II, nella sent. 17 marzo 2022, n. 758, ha affermato che non è una mera pertinenza una baracca in lamiera poggiante su una platea di calcestruzzo, con telaio in c.a. composto da n. 9 pilastri in c.a. della sezione di mt. 0,30 circa x mt. 0,50, dalle dimensioni in pianta di mt. 11,60 circa x mt. 9,10 circa x un’altezza al colmo di mt. 5,50 circa e mt. 4,20 circa sugli appoggi, essendo la copertura in legno e pannelli lamellari a due falde inclinate, utilizzata come pollaio, porcilaia e deposito.
Com’è noto, la nozione di pertinenzialità ai fini urbanistici ed edilizi ha connotati diversi da quelli civilistici, avendo rilievo determinante non tanto il legame materiale tra pertinenza e immobile principale, quanto che la prima non abbia autonoma destinazione e autonomo valore di mercato e che esaurisca la propria destinazione d’uso nel rapporto funzionale con l’edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico e che vengano in rilievo manufatti di dimensioni estremamente modeste e ridotte, inidonei, quindi, ad alterare in modo significativo l’assetto del territorio (TAR Liguria, sez. I, sent. 2 marzo 2017, n. 164).
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Come ricordato dai giudici, la qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad esempio piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale cioè che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica (TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 18 ottobre 2021, n. 2267).
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