VEPA e verifiche: nessuna indicazione nel Salva-Casa

Trattandosi di attività edilizia libera, l’installazione delle vetrate panoramiche non richiede titolo abilitativo quindi, l’asseverazione non è prevista. Chi verifica il rispetto dei requisiti?

Mario Petrulli 03/06/24
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Il nuovo Decreto n. 69 del 29 maggio 2024 (c.d. decreto salva-casa), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 129 in pari data, è intervenuto sulla normativa delle vetrate panoramiche, precisando che tali manufatti possono essere installati anche nei porticati[1] rientranti all’interno dell’edificio e non solo nei balconi aggettanti[2] e nelle logge[3] rientranti nell’interno dell’edificio, come già previsto dall’art. 6, comma 1, lett. b-bis[4], del Testo Unico Edilizia (dpr n. 380/2001).

Nulla viene precisato in merito alle verifiche sulle vetrate panoramiche e sulla loro regolarità rispetto ai parametri normativi.

Analizziamo questo aspetto nel dettaglio.

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VEPA: i tre livelli di verifica

Tali verifiche dovranno riguardare tre livelli, il primo dei quali è il luogo di installazione nell’edificio, ossia balconi aggettanti, logge e porticati rientranti nell’interno dell’edificio; peraltro, il riferimento alla necessità di garantire “la salubrità dei vani interni domestici”, contenuto nella norma, comporta che le vetrate panoramiche riguardano solo gli edifici a destinazione residenziale e la relativa installazione non potrà avvenire in edifici aventi diversa destinazione.

Il secondo livello deve riguardare le caratteristiche strutturali richieste dalla norma citata; ricordiamo, infatti, che:

  • il materiale deve essere trasparente: quindi, non solo il classico vetro ma anche materiali di natura plastica opportunamente trattati (ad esempio, il plexiglass) per consentire la visione nitida da e per l’esterno; ciò significa, evidentemente, non sarà possibile l’utilizzo di vetrate opacizzate, satinate o “a specchio” (ossia, che consentono di vedere verso l’esterno ma non viceversa);
  • le vetrate devono essere amovibili, ossia devono scorrere su guide e binari che consentano facilmente il loro “rientro” verso il muro esterno o verso il soffitto; oppure, devono essere semplicemente sganciabili rispetto a dei prefissati punti di appoggio o strutturati con apertura “a pacchetto”;
  • non deve crearsi un nuovo ambiente stabilmente chiuso a seguito dell’installazione delle vetrate amovibili, con conseguenti nuovo volume e nuova superficie né può crearsi nuova superficie utile da superficie accessoria;
  • deve realizzarsi una naturale microaerazione che consenta la circolazione di un costante flusso di arieggiamento a garanzia della salubrità dei vani interni domestici: ciò significa che sarà necessario prevedere fori, mini-griglie o fessure utili allo scopo;
  • deve favorirsi una riduzione dell’impatto visivo e dell’ingombro apparente, senza modifica delle preesistenti linee architettoniche (quest’ultima esigenza potrebbe spiegare anche la necessità che le vetrate siano totalmente trasparenti): di conseguenza, non può esserci una struttura di supporto particolarmente invasiva.

È evidente che quest’ultimo aspetto potrebbe ben prestarsi a valutazioni soggettive, spesso foriere di divergenze fra gli interessati (si pensi, ad esempio, al classico esempio del condominio).

In terzo livello deve riguarda il rispetto delle finalità delle vetrate panoramiche, indicate dalla norma:

  • assolvere a funzioni temporanee di protezione dagli agenti atmosferici,
  • contribuire al miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche, con riduzione delle dispersioni termiche,
  • rendere possibile una parziale impermeabilizzazione dalle acque meteoriche dei balconi aggettanti dal corpo dell’edificio o di logge/porticati rientranti all’interno dell’edificio.

Trattandosi di attività edilizia libera, l’installazione delle vetrate panoramiche non richiede un titolo abilitativo: ciò significa che, di norma, non si ha né la presentazione di una CILA o di una SCIA e, quindi, l’asseverazione non è prevista.

Ciononostante, l’installazione deve rispettare tutte le norme rilevanti in materia di edilizia/urbanistica e, in primis, le disposizioni contenute negli strumenti urbanistici e nei regolamenti edilizi: si pensi, ad esempio, alla classica ipotesi in cui il PRG preveda il divieto di installazione in determinate zone del territorio (tipicamente, il centro storico) o alla necessità di acquisire un titolo paesaggistico.

Anche nel caso dell’attività edilizia libera, peraltro, opera la regola generale per cui il proprietario, nell’esercitare il proprio jus aedificandi, deve rispettare tutte le normative rilevanti, sopportando le conseguenze negative di eventuali comportamenti illegittimi (sanzioni pecuniarie e demolizioni).

Le verifiche: le due possibili ipotesi

Ritenere di procedere ai controlli nell’ambito della generale attività di verifica del territorio ex art. 27 del Testo Unico Edilizia è una soluzione di difficile attuazione, a causa di oggettive difficoltà operative; basti pensare che alcune vetrate potrebbero non essere notate quando installate nelle logge rientranti all’interno dell’edificio e che la carenza di personale non consente un controllo efficace.

Senza sottacere che la valutazione delle caratteristiche imporrebbe un sopralluogo e verifiche di natura tecnica.

Una seconda ipotesi potrebbe essere quella di operare a livello regolamentare, prevedendo, ad esempio, che l’installazione debba essere preceduta da un qualche adempimento, quale la comunicazione e/o il deposito di documentazione da cui evincere le caratteristiche tecniche delle vetrate (documentazione, ovviamente, da fornire a carico dell’installatore) e/o il deposito di una perizia da parte di un tecnico abilitato (si pensi, ad esempio, all’aspetto del miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche) o un’asseverazione tecnica: in questo modo, si avrebbe un primo elemento documentale di valutazione a partire dal quale pianificare i controlli successivi da parte dell’ufficio tecnico.

È vero che l’installazione delle VE.PA. è considerata libera ma, poiché l’art. 6 impone il rispetto delle normative in materia edilizia, deve ritenersi consentita una norma regolamentare che disponga adempimenti proporzionati e che possano facilitare le attività dell’ufficio, comprese quelle di verifica.

Note

[1] Secondo le richiamate definizioni uniformi, il porticato è un “elemento edilizio coperto al piano terreno degli edifici, intervallato da colonne o pilastri aperto su uno o più lati verso i fronti esterni dell’edificio” (n. 39).
[2] Secondo le definizioni uniformi approvate nell’Intesa del 20 ottobre 2016 fra Governo, Regioni e Comuni concernente l’adozione del regolamento edilizio tipo, il balcone è un “elemento edilizio praticabile e aperto su almeno due lati, a sviluppo orizzontale in aggetto, munito di ringhiera o parapetto e direttamente accessibile da uno o più locali interni” (n. 35).
[3] Secondo le definizioni uniformi di cui alla nota 1, la loggia è un “elemento edilizio praticabile coperto, non aggettante, aperto su almeno un fronte, munito di ringhiera o parapetto, direttamente accessibile da uno o più vani interni” (n. 37).
[4] 1. Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, i seguenti interventi sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo:
[omissis]
b-bis) gli interventi di realizzazione e installazione di vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti, cosiddette VEPA, dirette ad assolvere a funzioni temporanee di protezione dagli agenti atmosferici, miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche, riduzione delle dispersioni termiche, parziale impermeabilizzazione dalle acque meteoriche dei balconi aggettanti dal corpo dell’edificio o di logge rientranti all’interno dell’edificio, purché tali elementi non configurino spazi stabilmente chiusi con conseguente variazione di volumi e di superfici, come definiti dal regolamento edilizio-tipo, che possano generare nuova volumetria o comportare il mutamento della destinazione d’uso dell’immobile anche da superficie accessoria a superficie utile. Tali strutture devono favorire una naturale microaerazione che consenta la circolazione di un costante flusso di arieggiamento a garanzia della salubrità dei vani interni domestici ed avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e da non modificare le preesistenti linee architettoniche;
[omissis]

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