Vendita immobile inagibile. Ecco cosa rischiano venditore e acquirente

In sede di vendita di un immobile sfornito dell’agibilità (perché non rilasciata) o dichiarato inagibile, le parti potrebbero legittimamente convenire di procedere comunque alla vendita, ma con delle clausole

L’obbligo di richiesta del certificato di abitabilità è stato introdotto dal r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 (T.U. delle leggi sanitarie) e ha subito, negli anni, una serie di modifiche radicali. Lo spartiacque, è rappresentato dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493 che aveva previsto la possibilità che esso potesse essere sostituito, in via provvisoria, da una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà rilasciata da un professionista abilitato. Il certificato riporta gli estremi del titolo edilizio, la descrizione delle destinazioni d’uso distinte per piani e l’indicazione degli spazi o piani accessori (boxes, cantine, sottotetti, ecc.).

Il T.U. dell’edilizia aveva dedicato al certificato di agibilità l’intero Titolo III che, in soli tre articoli, aveva disciplinato l’ambito di applicazione (art. 24), il procedimento per il rilascio (art. 25) e l’ipotesi della inagibilità (art. 26). La disciplina è stata interamente modificata dal d.lgs. n. 222/2016 (SCIA2) che ha riscritto l’art. 24 abrogando il successivo art. 25.

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Dopo aver dato la definizione di segnalazione certificata di agibilità, analizziamo di seguito cosa accade in caso di vendita di un immobile sfornito dell’agibilità (perché non rilasciata) o dichiarato inagibile. Il presente articolo è estratto dal volume Il Testo Unico dell’Edilizia: attività edilizia e titoli abilitativi dei lavori di Donato Palombella, edito da Maggioli Editore.

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La SCAgi sostituisce il certificato di abitabilità

L’art. 24, primo comma, introduce la modifica di maggior interesse sostituendo il certificato di agibilità con la segnalazione certificata di agibilità (SCAgi). Si tratta di un deciso cambio di rotta in quanto il certificato rilasciato dal comune viene definitivamente sostituito da una auto-certificazione del soggetto interessato.

Viene definito, inoltre, l’ambito di applicazione: il certificato di agibilità attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità dell’opera al progetto presentato e la sua agibilità.

Gli elementi da osservare, quindi, sono sostanzialmente tre:

  1. condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico;
  2. la conformità dell’opera al progetto presentato;
  3. la sua agibilità (tale ultimo elemento dovrebbe coincidere con le condizioni di salubrità di cui al punto 1).

Si ritiene che le “condizioni di sicurezza” siano relative agli impianti (elemento che dovrebbe essere garantito dalle certificazioni rilasciate dalle ditte esecutrici degli impianti) e alle condizioni statiche dell’edificio (per cui il riferimento sarà dato dal certificato di collaudo delle strutture in cemento armato).

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Quando presentare la SCAgi

  • Nuove costruzioni.
  • Ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali.
  • Interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di cui al comma 1.
  • Immobili legittimamente realizzati privi di agibilità (comma 7-bis).

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Vendita in caso di immobile non agibile

L’attestazione dell’agibilità, vuoi che consiste in una certificazione rilasciata dall’amministrazione, in una “autocertificazione” o con la SCAgi, non impedisce all’amministrazione di dichiarare l’inagibilità dell’edificio o parte di esso per ragioni igienico-sanitarie, ai sensi dell’art. 222 del T.U. di Sanità.

Il T.U. dell’Edilizia ha eliminato ogni sanzione per l’ipotesi in cui venga occupato un immobile inagibile.

In sede di vendita di un immobile sfornito dell’agibilità (perché non rilasciata) o dichiarato inagibile, si ritiene che le parti potrebbero legittimamente convenire di procedere comunque alla vendita. In questo caso, peraltro, sarebbe opportuno disciplinare con apposite clausole contrattuali la situazione specificando se la consapevolezza del compratore sull’assenza del certificato debba interpretarsi quale acquiescenza ovvero se il venditore rimane comunque impegnato a dotare il bene dell’agibilità, nel qual caso il venditore si troverebbe a promettere il fatto del terzo (art. 1381 c.c.). In caso di inadempimento, il venditore dovrebbe indennizzare l’acquirente senza possibilità di una condanna all’adempimento in forma specifica.

Le parti potrebbero anche convenire di spostare in capo all’acquirente l’obbligo di ottenere l’agibilità, il che sarebbe consentito dall’art. 24 co. 3 del T.U. che riconosce anche ai successori o aventi causa il diritto di presentare la SCAgi.

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Redazione Tecnica

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