La valutazione degli abusi edilizi deve essere unitaria, due recenti sentenze

La valutazione degli abusi edilizi compiuti in uno stabile nel corso del tempo deve essere complessiva, per poter considerare l’effettivo grado di trasformazione del territorio e l’incremento del carico urbanistico

Mario Petrulli 20/02/23
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La valutazione degli abusi edilizi compiuti in uno stabile nel corso del tempo deve essere unitaria, senza alcun artificioso frazionamento degli abusi stessi: è quanto ribadito dal TAR Lombardia, Milano, sez. II, nella sent. 8 febbraio 2023, n. 315.

Nel caso specifico, si era dinanzi a molteplici interventi riguardanti un immobile destinato ad attività imprenditoriale, in cui si erano avuti, nel corso del tempo, alcuni interventi rilevanti sotto l’aspetto edilizio, quali, ad esempio, la modifica di prospetto, l’apertura di ingressi ai locali ad uso esposizione, oltre a modifiche distributive degli spazi interni attraverso la posa di pannelli di cartongesso, la creazione di controsoffitti e la posa di pannelli di vetro. Nonostante alcuni di tali interventi potessero essere astrattamente riconducibili fra quelle assentibili con una SCIA o con una CILA, il Comune ha proceduto alla valutazione complessiva, ritenendo che l’insieme di tali interventi avrebbe dovuto essere previamente assentito tramite il rilascio del permesso di costruire, con la conseguenza che, constatata l’assenza di detto titolo edilizio, l’ordine di demolizione e ripristino diventava dovuto.

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Ed i giudici milanesi hanno confermato la correttezza delle valutazioni effettuate dall’ufficio tecnico comunale, evidenziando che “Nel caso di specie l’Amministrazione ha considerato la situazione dell’intero compendio, nel quale attraverso un insieme di opere è stato realizzato un cambio d’uso da industriale a commerciale e quindi una variazione essenziale del bene senza alcun titolo edilizio. L’art. 31 del TUE contempla non solo i casi di assenza ma anche quelli di difformità totale o di variazione essenziale dal titolo edilizio ed è ciò che si è concretizzato nella presente fattispecie”.

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Similmente, il TAR Lazio, Roma, sez. II quater, nella sent. 25 gennaio 2023, n. 1283, ha ricordato che “La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che, al fine di valutare l’incidenza sull’assetto del territorio di una trasformazione edilizia consistente in una pluralità di opere, va compiuto un apprezzamento globale, atteso che la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprenderne in modo adeguato l’impatto effettivo complessivo. I molteplici interventi eseguiti non vanno considerati, dunque, in maniera “frazionata” (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. VI, 15 aprile 2022, n. 2885)[1].

Nel caso specifico, è stata ritenuta corretta la decisione dell’ufficio tecnico comunale di ordinare la demolizione delle opere dinanzi a:

  • un magazzino, di dimensioni in pianta pari a circa 30 mq e altezza media di circa 2.30 mt;
  • un gazebo, di dimensioni in pianta pari a circa 10 mq e altezza media di circa 2.30 mt;
  • numerose tettoie adibite a ricovero per animali (per lo più cani) al chiuso, realizzate prevalentemente in struttura portante in legno, con copertura in materiale tipo ondulit;
  • aree pertinenziali alle tettoie recintate per lo più con pali di castagno e recinzione metallica, utilizzate come aree di ricovero per animali all’aperto.

Nel caso di specie, pertanto, appare corretta la valutazione compiuta dall’Amministrazione, la quale ha considerato i diversi interventi nella loro globalità, “apprezzandone il complessivo impatto sull’assetto del territorio, e dunque formulando un giudizio unitario. Non ha dunque pregio la doglianza con cui la parte contesta l’illegittimità di tale “accorpamento”, lamentando che dette opere, in ragione della loro diversa consistenza e tipologia, e dunque della loro differente “caratura”, non avrebbero potuto essere considerate indifferentemente come un unicum”.

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

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[1] Cfr. anche TAR Toscana, sez. III, sent. 27 maggio 2021, n. 812: “Per costante giurisprudenza, per valutare l’abusività occorre operare un esame complessivo e di insieme dell’alterazione urbanistica provocata dalle opere realizzate, che non devono essere considerate atomisticamente, perché è solo la valutazione unitaria delle stesse che permette di percepire l’effettivo grado di trasformazione del territorio e l’incremento del carico urbanistico dalle stesse apportato (cfr. TAR Campania, Napoli, III, 1° marzo 2019, n. 1154). Infatti, «al fine di valutare l’incidenza sull’assetto del territorio di un intervento edilizio consistente in una pluralità di opere, va compiuto un apprezzamento globale delle opere medesime, atteso che la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprenderne in modo adeguato l’impatto effettivo; pertanto, i molteplici interventi eseguiti non vanno considerati in maniera frazionata e, al contrario, debbono essere vagliati in un quadro di insieme e non segmentato, solo così potendosi comprendere il nesso funzionale che li lega e, in definitiva, l’effettiva portata dell’operazione» (TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 4 dicembre 2020, n. 852; in termini, tra le ultime, TRGA Trentino-Alto Adige, Trento, 27 ottobre 2020, n. 181; TAR Campania, Napoli, sez. VII, 11 marzo 2020, n. 1112; TAR Puglia, Lecce, sez. I, 27 febbraio 2020, n. 257)”.

Immagine:iStoch/wutwhanfoto

Mario Petrulli

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