I tiranti sono elementi strutturali resistenti a trazione, inseriti nel terreno. Sono costituiti da un’armatura metallica e da una guaina, installate in un foro preventivamente eseguito nel terreno o nella roccia. Un dispositivo di bloccaggio fissa l’armatura alla testa del tirante, solidale con la struttura da vincolare.
L’armatura può essere costituita da barre, tubi, fili o trefoli di acciaio. Infatti, il trasferimento al terreno della trazione applicata alla testa del tirante è reso possibile dalla cementazione del terreno attorno all’armatura nella parte attiva del tirante, detta anche fondazione, con l’iniezione di una malta di cemento.
Tiranti di ancoraggio: le tecniche di cementazione
Le tecniche di cementazione variano con il tipo di tirante e con le caratteristiche del terreno. Si possono adottare soluzioni diverse per ottenere una penetrazione omogenea della malta attorno all’armatura e incrementare l’aderenza tra terreno e tirante, così da sfruttare al massimo la capacità di questo.
Per esempio, con armature costituite da tubi sfinestrati, si può iniettare la malta in diversi punti in successione, distribuendola uniformemente nella parte attiva del tirante. Le macchine di perforazione sono simili alle sonde a rotazione impiegate nell’esecuzione di pali di fondazione di piccolo diametro.
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In genere i tiranti di ancoraggio delle paratie vengono leggermente inclinati verso il basso (10÷15°) per raggiungere con la parte attiva le zone del terreno nelle quali le tensioni litostatiche (sono maggiori e l’influenza della paratia è minore.
I tipi di tiranti più comunemente impiegati hanno lunghezza compresa tra 15 e 25 m e carichi utili variabili da 150 a 900 KN. Per ridurre la cedevolezza, cioè lo spostamento della testa sotto carico, che influenza sensibilmente le sollecitazioni della paratia, si ricorre alla presollecitazione dei tiranti, mettendo in tensione l’armatura prima di procedere con lo scavo a valle della paratia, sotto la quota dei punti di ancoraggio. In questo caso i tiranti si dicono attivi. La presollecitazione permette di diminuire, o annullare, lo spostamento della testa all’atto dell’entrata in funzione del tirante ed offre il vantaggio di collaudarne l’efficienza, verificandone l’aderenza al terreno, in fase di costruzione, quando è ancora possibile intervenire per ovviare ai difetti esecutivi. I tiranti non presollecitati sono detti passivi.
Alcuni sistemi di bloccaggio permettono di riprendere la tesatura in una fase successiva, per esempio al termine degli scavi.
I tiranti di ancoraggio e le chiodature sono elementi strutturali utilizzati per ancorare al terreno muri di sostegno, paratie e strutture in genere e nel sostegno di fronti di scavo. Sono impiegati anche nella stabilizzazione e consolidamento di pendii soggetti a movimenti franosi e di pareti in roccia.
Un ancoraggio è costituito da un’armatura (a trefoli, barre o tubi) opportunamente dimensionata, inserita in un apposito foro all’interno del terreno. L’elemento interseca così la superficie di potenziale scivolamento, ancorandosi alla massa di terreno stabile.
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Tiranti di ancoraggio: le tipologie
In relazione alla modalità di sollecitazione, i tiranti possono essere denominati:
Attivi: la forza di trazione indotta nell’armatura all’atto del collegamento con la struttura ancorata è superiore alla forza teorica di utilizzazione;
Passivi: non viene indotta alcuna presollecitazione iniziale nell’armatura del tirante; la forza di trazione si sviluppa come reazione a seguito di una deformazione dell’opera ancorata, assorbendo gli sforzi di trazione indotti dallo spostamento del terreno.
I tiranti di tipo attivo sono sostanzialmente composti da tre parti funzionali:
Testata: è costituita dagli elementi terminali che trasmettono alla struttura ancorata o direttamente in roccia la forza di trazione applicata all’ancoraggio; comprende l’elemento di bloccaggio e la piastra di ripartizione;
Parte libera: è costituita dagli elementi che trasmettono la forza di trazione dalla testata alla fondazione dell’ancoraggio.
Fondazione: è la parte di ancoraggio atta a trasmettere al terreno la forza di trazione applicata all’ancoraggio.
I sistemi di tipo passivo non presentano invece una parte libera; sono costituiti da una barra di armatura in acciaio cementata per l’intera lunghezza all’interno del terreno. Il sistema tenderà a sviluppare delle tensioni tangenziali di attrito lungo tutta l’interfaccia boiacca-terreno, assorbendo le sollecitazioni di trazione senza alcun pretensionamento iniziale.
I tiranti vengono inoltre suddivisi in due categorie fondamentali in relazione alla loro durata di esercizio:
Tiranti provvisori: sono destinati ad esercitare la loro funzione solo in fase costruttiva e provvisionale, o comunque per un periodo tempo limitato e inferiore a 2 anni;
Tiranti permanenti: espletano la loro funzione per un periodo di tempo superiore a 2 anni, commisurato alla vita utile dell’opera.
Una ulteriore divisione per tipologie di tiranti può avvenire in base al tipo di armatura in esso contenuto.
Pertanto si hanno:
- Tiranti a trefoli
- Tiranti a barra
- Ancoraggi autoperforanti
- Ancoraggi compositi
I tiranti di ancoraggio soni necessari nel caso di paratie singole, o troppo distanti da altre strutture utilizzabili come elemento di contrasto. Essi possono trasmettere lo sforzo ad altri elementi strutturali posti a monte, come piastre o paratie di ancoraggio, o diffonderlo nel terreno, con funzioni analoghe a quelle di un palo soggetto a trazione. In questo caso devono avere una lunghezza sufficiente per interessare un volume di terreno che non sia sensibilmente influenzato dalla paratia stessa.
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I tiranti a trefoli hanno i seguenti vantaggi: lunghezza flessibile tramite semplice accorciamento dei trefoli, facilità di trasporto e installazione anche in grandi lunghezze, continuità dell’ancoraggio garantita dai trefoli e possibilità di prevedere un sistema di protezione aggiuntiva (es. ancoraggio dielettrico) in ambienti aggressivi e carico dell’ancoraggio facilmente calibrabile in funzione del numero di trefoli installati.
I campi di applicazione sono i più svariati quale: consolidamento di muri di sostegno e strutture in genere, consolidamento di pendii soggetti a movimenti franosi, ancoraggio di palancolate, paratie e paramenti, impiego accessorio a opere di fondazione, tiranti provvisori o permanenti.
I tiranti a barra hanno invece il vantaggio che le barre sono costituite da elementi modulari in cui i vari elementi sono collegati mediante manicotti di giunzione. Si possono realizzare così tutte le lunghezze possibili, evitando le problematiche conseguenti all’utilizzo di tiranti a trefoli di lunghezza predefinita. Inoltre hanno una facilità di trasporto e installazione.
Essi sono utilizzati prevalentemente per: consolidamento di muri di sostegno e strutture in genere, consolidamento di pendii soggetti a movimenti franosi, ancoraggio di palancolate, paratie e paramenti, impiego accessorio a opere di fondazione, tiranti provvisori o permanenti.
Tiranti di ancoraggio: gli ancoraggi
Gli ancoraggi autoperforanti sono tiranti realizzabili su qualsiasi tipo di terreno, hanno la facilità di esecuzione anche su pendii o siti impervi, grazie all’utilizzo di macchinari di dimensioni relativamente piccole, hanno una rapidità di esecuzione dell’intervento, in quanto le fasi di perforazione, installazione e cementazione avvengono contemporaneamente (velocità doppia rispetto a un ancoraggio tradizionale con sostegno del foro) e non vi sono tubi di sostegno né aste di perforazione da recuperare, grazie all’utilizzo di bit di perforazione a perdere. Inoltre è un sistema adattabile a varie lunghezze con l’utilizzo di barre modulari e manicotti di giunzione e sono a basso costo.
Il loro campo di applicazione è soil nailing, consolidamento di fronti di scavo provvisionali o permanenti, pareti chiodate a verde, stabilizzazione di pendii, anche con impiego accessorio ad altre tecniche come ad esempio le gabbionate, consolidamento di fondazioni o impiego accessorio a opere di fondazione, e stabilizzazione di gallerie.
Gli ancoraggi compositi hanno invece i vantaggi quali: il minor costo a parità di caratteristiche meccaniche, alti carichi di rottura e basse deformazioni in esercizio, durabilità (minore fessurazione, maggiore protezione a corrosione), semplicità di trasporto e velocità di esecuzione, lunghezza di ancoraggio adattabile alle diverse condizioni geologico-geotecniche presenti in sito, maggiore inerzia flessionale e continuità data dal trefolo al rinforzo completo (miglioramento rispetto al solo manicotto).
Il campi di applicazione, sono diversi quali: il consolidamento di fronti di scavo, la stabilizzazione di pendii, anche con impiego accessorio ad altre tecniche, consolidamento di fondazioni o impiego accessorio a opere di fondazione, stabilizzazione di movimenti franosi.
Tiranti di ancoraggio: la realizzazione
Le principali fasi di realizzazione di un tirante di ancoraggio possono essere schematizzate come segue:
– Posizionamento della sonda di perforazione ed inizio della perforazione;
– Allestimento del tirante;
– Iniezione;
– Collaudo dei tiranti.
Nel posizionamento della sonda di perforazione ed inizio della perforazione l’operatore movimenta la sonda per far sì che l’inclinazione del suo asse coincida con quanto prescritto in fase progettuale.
Normalmente le perforazioni sono eseguite in 2 modalità:
- Rotazione con utilizzo di batteria di aste elicoidali o di idoneo utensile di perforazione;
- Rotazione con percussione con martello a fondo foro;
Durante la fase di scavo l’eliminazione dei residui può essere effettuata meccanicamente o attraverso fluidi di perforazione quali l’aria, l’acqua ed il fango bentonitico.
In base alla natura del terreno viene scelto il metodo di perforazione al fine di evitare di generare franamenti delle pareti. A tal fine è possibile utilizzare le camicie in acciaio.
Inoltre il metodo di perforazione viene scelto anche per evitare di alterare lo stato delle falde acquifere o del terreno per esempio dovuto all’utilizzo di fluidi o fanghi che potrebbero inquinare le falde o modificare lo stato di acidità del terreno e renderlo più aggressivo nei confronti della corrosione.
La fase successiva alla perforazione è l’assemblaggio del tirante che avviene in laboratorio e trasportato in situ dove viene inserito nel foro.
Preparata la miscela di iniezione e realizzata con le caratteristiche espresse dal progettista, viene iniettata operando con semplice circolazione o con forzamento a pressione.
In funzione del tipo di terreno, inoltre si individuano i parametri di iniezione quali la pressione, la portata, il volume.
Lo scopo dell’iniezione della malta ha un duplice vantaggio sia quello di ancorare che di proteggere dalla corrosione. Pertanto la malta, avendo anche il compito di proteggere dalla corrosione, deve essere iniettata immediatamente dopo l’inserimento del tirante.
Una volta inseriti, prima di entrare in funzione, i tiranti devono essere sottoposti a prove di collaudo che si dovranno effettuare su tutti i tiranti presenti come prescritto dalle NTC18.
La prova di collaudo consiste in un ciclo di carico-scarico in cui il tirante viene sottoposto ad un carico del 20% maggiore di quello di esercizio e si verificano che tutti gli spostamenti siano compatibili con quanto descritto nel progetto. Ultimata la prova di collaudo il tirante si blocca alla tensione di esercizio prevista.
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