Secondo il maggioritario orientamento della giurisprudenza, l’art. 1117 c.c. (Parti comuni dell’edificio), in riferimento ai beni elencati, non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria: infatti tale presunzione può essere superata soltanto dalle opposte risultanze di quel determinato titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali.
La situazione di condominio, regolata dagli artt. 1117, si attua, infatti, sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento della prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall’originario unico proprietario ad altro soggetto (primo atto di vendita). Una volta sorta la comproprietà delle parti comuni dell’edificio indicate nell’art. 1117 c.c., per effetto della trascrizione dei singoli atti di acquisto di proprietà esclusiva – i quali comprendono pro quota, senza bisogno di specifica indicazione, altresì il trasferimento delle parti comuni – la situazione condominiale è opponibile ai terzi (Cass. civ., sez. II, 17/02/2020, n. 3852).
Il tetto, in quanto espressamente menzionato nell’art. 1117 c.c., risulterà essere un bene condominiale.
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La ripartizione delle spese del tetto
In tema di condominio, le spese di rifacimento del tetto sono sostenute dai condomini ai sensi degli artt. 1117 e 1123 c.c., in proporzione al piano o alla porzione di piano appartenente a ciascuno di essi in via esclusiva, salva diversa convenzione tra gli stessi, che non può, però, non intervenire con il consenso unanime di tutti i condomini. Si deve considerare però che il presupposto per l’attribuzione della proprietà comune in favore di tutti i compartecipi viene meno se le cose, gli impianti, i servizi di uso comune, per oggettivi caratteri strutturali e funzionali, siano necessari per l’esistenza o per l’uso (ovvero siano destinati all’uso o al servizio) di alcune unità immobiliari.
Così, se il tetto è costituito da due distinti corpi di fabbrica, uno composto da falde di laterocemento (ammalorato) e l’altro composto da falde lignee (che non ha bisogno di manutenzione) devono essere convocati alla riunione assembleare solo i condomini coperti dalla parte di copertura da rifare, i soli partecipanti al condominio che dovranno sostenere i costi delle opere di manutenzione straordinaria; di conseguenza, al fine di evitare il sorgere di controversie tra condomini, nella pratica è auspicabile che i tecnici preposti alla formazione delle tabelle millesimali adottino una nuova impostazione, che dia il giusto rilievo al precetto del terzo comma dell’articolo 1123, così da consentire una chiara ripartizione delle spese tra coloro che partecipano al condominio parziale e da escludere chi vi è estraneo.
Il tetto del condominio di proprietà esclusiva
Quando il tetto dell’edificio in condominio è di proprietà esclusiva di uno dei partecipanti, si è ritenuto in giurisprudenza che le spese di manutenzione dello stesso debbano ripartirsi con i criteri di cui all’art. 1126 c.c., come, appunto, stabilito per i lastrici solari di uso esclusivo (Cass. civ., sez. II, 30/01/1985, n. 532; Trib. Salerno 17 aprile 2008). In mancanza dell’accertamento giudiziale e/o del consenso di tutti i condomini, l’assemblea non può, con riferimento ad un bene che si presume comune ai sensi dell’art. 1117 c.c., come il tetto, stabilire che esso appartenga ad un condomino in via esclusiva ed applicare, su tale presupposto, la norma di cui all’art. 1126 c.c.
L’assemblea infatti non si può certo sostituire al giudice nell’accertamento della proprietà, né la dichiarazione contenuta in un verbale di assemblea condominiale, qualora comporti il riconoscimento della proprietà esclusiva di alcuni beni in favore di determinati condomini, può avere l’efficacia di una confessione stragiudiziale, quanto meno attribuibile ai condomini presenti all’assemblea, non rientrando, ai sensi dell’art. 1135 c.c., nei poteri dell’assemblea quello di stabilire l’estensione dei beni comuni e delle proprietà esclusive.
In tal caso perciò la spesa va provvisoriamente ripartita secondo gli ordinari criteri di cui all’art. 1123 c.c. tra tutti i condomini, fermo restando il diritto di costoro di agire in giudizio, singolarmente o per mezzo dell’amministratore al fine di far accertare la natura del tetto. Fino a quando non risulti accertato giudizialmente che il tetto è di proprietà esclusiva, l’assemblea non può disattendere l’ordinario criterio di ripartizione, né disapplicare le tabelle millesimali, ma è tenuta ad osservare la regola generale stabilita dall’art.1123 c.c., secondo cui ogni addebito di spesa deve essere effettuato in base alla quota di partecipazione di ciascun condomino alla proprietà comune, e cioè in base ai millesimi. Una delibera dell’assemblea di condominio non può accertare l’estensione dei diritti di proprietà esclusiva dei singoli in deroga alla presunzione di condominialità delle parti comuni posta dall’art. 1117 c.c., in quanto questo richiede l’accordo di tutti i condomini.
Ne consegue che la delibera che determina a maggioranza l’ambito dei beni comuni e delle proprietà esclusive è nulla, donde il vizio può essere eccepito senza osservare il termine di decadenza ex art. 1137 c.c. (App. Roma 14 giugno 2024 n. 4254).
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