Terremoto del Myanmar: un micidiale mix tra mancata cultura antisismica ed effetti di sito

Il terremoto del Myanmar, con magnitudo 7.7, è stato 300 volte più forte di quello di Amatrice e ha causato devastazioni fino a Bangkok anche a causa del fenomeno della liquefazione del suolo. Un evento che fa riflettere nuovamente sull’importanza della prevenzione sismica

Le drammatiche immagini del terremoto del Myanmar e della sua estesa area di danneggiamento lungo il sud-est asiatico, ci ricordano come la prevenzione sismica sia l’unica arma efficace per ridurre al minimo il numero di vittime e crolli.

Il terremoto del 28 marzo scorso ha avuto una magnitudo molto forte pari a 7.7, di valore del tutto compatibile con la storia di elevato rischio sismico dell’area, già interessata nei decenni precedenti da eventi sismici di analoga potenza vicino alla struttura tettonica di Sagaing, un sistema di faglie che corre da nord a sud attraverso il centro del Paese.

Ricordando che la magnitudo misura su scala logaritmica (scala Richter) l’energia liberata da un terremoto all’ipocentro (punto all’interno della Terra dove si verifica la rottura delle faglie), ciascun punto decimale di magnitudo corrisponde ad un incremento di energia di circa 30 volte.

Per questo motivo il terremoto del Myanmar è stato 300 volte più forte di quello di Amatrice (magnitudo 6.0).

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Valutazione sismica e tecniche di intervento per edifici esistenti in c.a.

La seconda edizione di questo volume, rivisitata integralmente e arricchita con nuovi esempi pratici, fornisce agli ingegneri strutturisti e a tutti quei professionisti che, in generale, operano nell’ambito della valutazione sismica degli edifici esistenti in cemento armato, gli strumenti necessari per effettuare in modo ancora più consapevole le opportune verifiche di sicurezza sismica secondo la normativa vigente. A tal proposito sono discusse le più appropriate strategie di modellazione/analisi strutturale in ambito non lineare sia statico (pushover) che dinamico (time-history). Vengono inoltre trattate le più diffuse tecniche di intervento per la riabilitazione delle strutture esistenti in cemento armato gettate in opera e prefabbricate, ricorrendo anche ad esempi di modellazione numerica di alcuni interventi di adeguamento/miglioramento sismico. Nel testo si fa riferimento alla versione aggiornata delle Norme Tecniche per le Costruzioni – ossia le NTC 2018 – e alla relativa circolare esplicativa (Circolare 21 gennaio 2019 n. 7). Rui Pinho Ingegnere, professore ordinario presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Pavia, socio fondatore delle società Seismosoft e Mosayk, è autore di innumerevoli pubblicazioni scientifiche sul tema della valutazione del rischio sismico di strutture esistenti. Federica Bianchi Ingegnere, socio fondatore e CEO di Mosayk srl, svolge la libera professione con particolare attenzione alla valutazione della vulnerabilità sismica di edifici in cemento armato. Roberto Nascimbene Ingegnere, professore associato presso lo IUSS Pavia, socio fondatore di Mosayk srl, ha approfondito particolarmente le tematiche della modellazione numerica avanzata nel campo dell’ingegneria civile.

 

Rui Pinho, Federica Bianchi, Roberto Nascimbene | Maggioli Editore 2022

Indice

La fragilità delle costruzioni e la mancanza di pianificazione

Mario Tozzi su La Stampa ricorda come quella del Myanmar «è una storia di terremoti, fino dai tempi degli imperi. Ed è una storia in cui non si è saputo sostituire all’antica saggezza costruttiva una moderna pianificazione e, soprattutto, un restauro antisismico degli edifici». La storia e il territorio ci esorta costantemente ad intervenire, ma subentra sempre una ciclica dimenticanza associata a scarso interesse ad investire sulla sicurezza perché attività che non offre vantaggi immediati.

Il video circolato in rete del grattacielo di 30 piani in costruzione a Bangkok, con tutte le strutture già eseguite, crollato immediatamente su se stesso durante il terremoto, ci ricorda quanto possano essere fragili anche le nuove costruzioni senza adeguata progettazione antisismica. Di fronte ad un sisma di elevata magnitudo una nuova costruzione può danneggiarsi, anche seriamente, ma non deve crollare se i dettagli antisismici sono proporzionati alla forte intensità sismica che caratterizza l’area di costruzione.

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Effetti sito e liquefazione del terreno

Come mai stiamo raccontando di crolli fino a Bangkok, distante più di 1000 km dall’epicentro (punto sulla superficie terrestre direttamente sopra l’ipocentro)?

La tragedia di questo sisma è apparsa subito di valore esponenziale non solo per la scarsa attenzione alla progettazione e recupero antisismico degli edifici, ma anche per la compresenza di già noti fenomeni di amplificazione del terreno che hanno messo a dura prova le strutture anche a centinaia di chilometri di distanza. Il cosiddetto “effetto di sito” è un fenomeno che è stato protagonista anche nei recenti terremoti italiani, per esempio a L’Aquila nel 2009 ma ancora prima in Umbria nel 1997. E, oltreoceano nella storia sismologica più recente, l’effetto di sito ha largamente caratterizzato il grande terremoto di Città del Messico del 1985. In quel caso l’epicentro era nell’oceano distante oltre 400 km dalla capitale messicana. Normalmente il livello di danneggiamento, a parità di qualità edificatoria e di caratteristiche medie del terreno, diminuisce con la distanza dalla zona epicentrale.

Ad eccezione di due fattori di tipo puntuale: maggiore scadenza della qualità costruttiva dell’edificio, oppure per scarsa qualità della stratigrafia del terreno su cui si fonda la costruzione. Nei terreni granulari sciolti, come limi e sabbie, o depositi alluvionali, oppure soggetti a fenomeni di liquefazione (come avvenuto in Emilia nel terremoto del 2012), in presenza di cavità, o comunque in particolari condizioni locali che riguardano l’assetto stratigrafico delle rocce e dei terreni, sono favorite pericolose amplificazioni delle onde sismiche anche se distanti dall’area epicentrale.

«“Corridoi” geologici conducono le onde anche a grande distanza e poi si rivelano – eventualmente gravi – per via delle condizioni locali del sottosuolo» (Mario Tozzi, La Stampa). Già nel terremoto de L’Aquila si sono rilevate case vicine costruite identiche dallo stesso costruttore, danneggiarsi tuttavia in modo differente per probabili puntuali amplificazioni del terreno sottostante. I cosiddetti effetti di sito possono essere conosciuti in anticipo mediante approfondite indagini geologiche, che andrebbero sempre svolte soprattutto se si conosce già una storia di accadimento di questi fenomeni nel corso dei terremoti passati.

I devastanti danni del sisma del Myanmar sembrano ricondursi anche a fenomeni di liquefazione delle sabbie. Questi terreni quando saturi tendono a perdere resistenza sotto sollecitazioni di taglio impresse da un terremoto, in conseguenza delle quali, il terreno raggiunge una condizione di fluidità pari a quella di un liquido viscoso. Viene così annullata la resistenza al taglio del terreno. Succede quindi che il peso concentrato di un edificio in una parte di terreno interessata dalla liquefazione provoca una spinta differenziale (cioè diversa da quella presente nel resto della superficie) verso il basso, che si traduce in uno sforzo di taglio che lo stato liquido del terreno non è in grado di contrastare, provocando l’affondamento e il dissesto dell’edificio stesso, o addirittura il suo ribaltamento.

Contro i terremoti sono indispensabili memoria storica e prevenzione

Le riflessioni sono sempre le stesse di fronte a queste tragedie, sintetizzabili nelle parole di Mario Tozzi, esperto geologo: «Ma per quale motivo i terremoti della Nuova Zelanda e della California non producono le vittime e i danni di quelli asiatici e anatolici? Il solito: non c’è pianificazione territoriale accorta, non esiste progettazione antisismica, non si scelgono materiali idonei, non si procede alla zonazione sismica, si dimenticano gli eventi del passato».

Le catastrofi derivanti dai terremoti sono spesso assimilate ad eventi rari, di cui una cultura non critica non vuole fare tesoro degli errori ma al contrario cerca nel tempo immediatamente successivo di dimenticare, sebbene in aree sismiche si tratti di eventi ciclici che torneranno a ripetersi nel tempo. Ci viene sempre concesso un periodo di pace tra un terremoto e il successivo, che quasi sempre non sappiamo (vogliamo) sfruttare per progredire verso una nuova e più sicura cultura edificatoria.

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Alessandro Grazzini

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