Lo stato legittimo dell’immobile: due recenti sentenze di interesse

Due recenti sentenze offrono chiarimenti sullo stato legittimo dell’immobile dopo il decreto Salva Casa: dalla rilevanza dell’ultimo titolo edilizio alla prova documentale richiesta in caso di assenza di autorizzazioni antecedenti agli obblighi normativi.

Mario Petrulli 31/07/25

L’art. 9-bis, comma 1-bis[1], del d.P.R. n. 380 del 2001, in materia di stato legittimo dell’immobile, continua a rappresentare un argomento spesso oggetto di controversia fra il cittadino e l’ufficio tecnico comunale, anche a seguito delle modifiche introdotte dal c.d. decreto Salva-Casa (decreto legge n. 69/2024).

Segnaliamo ai lettori due recenti sentenze che contribuiscono a chiarirne la portata applicativa.

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Lo stato legittimo degli Immobili – Ebook

IL TESTO È AGGIORNATO CON LA RECENTISSIMA GIURISPRUDENZA DOPO IL SALVA CASA LE LINEE DI INDIRIZZO E CRITERI INTERPRETATIVI Il concetto di stato legittimo degli immobili è un pilastro della disciplina urbanistico-edilizia, ma le sue implicazioni normative hanno spesso sollevato dubbi interpretativi e difficoltà applicative. Con la recente legge 105/2024, nota come Salva Casa, il quadro normativo ha subito rilevanti modifiche volte a semplificare la verifica della legittimità edilizia, ma che al contempo necessitano di una chiara lettura per evitare fraintendimenti e incertezze.Grazie al rigore tecnico e all’approccio pratico, “Lo Stato Legittimo degli Immobili dopo il Salva Casa” si configura come una guida operativa di riferimento, fondamentale per la corretta interpretazione e applicazione delle nuove norme. L’opera si rivolge agli ingegneri, architetti, geometri e avvocati che operano nel settore edilizio e urbanistico, ai funzionari e amministratori delle PP.AA: chiamati a gestire il riconoscimento dello stato legittimo degli immobili e a chiunque voglia comprendere il nuovo assetto normativo e prevenire errori e contestazioni in materia di conformità edilizia.Tra i contenuti dell’eBook si segnalano in particolare.- Quadro normativo e giurisprudenziale aggiornato: un’analisi dettagliata delle norme in vigore, dalle prime regolamentazioni urbanistiche fino alle recenti modifiche introdotte dal Salva Casa.- Tre casistiche fondamentali: immobili realizzati con titolo abilitativo, immobili edificati in epoca in cui non era richiesto e quelli di cui non siano disponibili gli estremi o la copia del titolo edilizio.- Effetti delle nuove disposizioni: l’impatto delle fiscalizzazioni sugli abusi edilizi, il riconoscimento delle tolleranze costruttive e il consolidamento giuridico dei titoli edilizi.- Stato legittimo nelle unità immobiliari e parti comuni: una sezione dedicata alle implicazioni per condomini e singole proprietà, utile per tecnici, amministratori e operatori immobiliari. Claudio BelcariGià dirigente comunale, è docente presso Università, ANCI, ordini e collegi professionali per le tematiche tecnico-giuridiche in ambito urbanistico, edilizio e paesaggistico. Autore di libri, pubblicazioni e consulente per primarie amministrazioni locali.

 

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La necessità dell’esplicita indicazione circa la regolarità dei precedenti titoli edilizi

Come evidenziato dal TAR Lombardia, Milano, sez. II, nella sent. 22 luglio 2025, n. 2749, la riportata disposizione consente di dare rilevanza esclusiva all’ultimo titolo[2] riguardante un intervento che ha interessato l’immobile nella sua interezza, impedendo così all’amministrazione di contestare, successivamente al suo rilascio, precedenti abusi non riscontrati in quella sede.

La norma subordina però questo favorevole effetto alla condizione che l’amministrazione, in sede di rilascio dell’ultimo titolo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi. Ne consegue che, per dimostrare lo stato legittimo, l’interessato può sì limitarsi a produrre l’ultimo titolo edilizio, ma deve trattarsi di un titolo che (oltre a riguardare un intervento che interessi l’immobile nella sua interezza) dia conto dell’accertamento effettuato dall’amministrazione circa la sussistenza e la regolarità dei titoli edilizi precedenti, che legittimano lo stato di fatto in esso dichiarato.

La giurisprudenza ha chiarito che l’attestazione dell’amministrazione circa la regolarità dei titoli pregressi deve essere esplicita, e che, in assenza di tale attestazione esplicita, la rappresentazione dello stato di fatto compiuta dal progettista non è di per sé sufficiente ai fini che qui interessano, poiché la circostanza che un’opera non legittima sia rappresentata nelle pratiche edilizie non può comportarne la regolarizzazione postuma[3].

Titolo edilizio non obbligatorio o non reperibile

L’art. 9 bis, comma 1-bis individua due ipotesi di chiusura del sistema, caratterizzate dal fatto che il titolo abilitante:

  • manca, perché l’immobile risale ad un periodo storico in cui non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio (es.: ante 1942 o ante 1967), fermo restando che tale circostanza deve essere rigorosamente provata dall’interessato[4], non essendo sufficienti allo scopo né le dichiarazioni di terzi (ad esempio, i confinanti) né del venditore[5];
  • non è reperibile, ma sussistono principi di prova circa la sua esistenza.

Come evidenziato dal TAR Lazio, Roma, sez. II-bis, nella sent. 24 aprile 2025, n. 8031, in entrambi i casi, lo stato legittimo può essere dimostrato in via indiziaria, attraverso le informazioni catastali di primo impianto ed altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio o altro atto, pubblico[6] o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, integrato con eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Nel caso specifico affrontato dai giudici romani, il privato aveva fornito una planimetria rinvenuta nell’atto notarile di compravendita del 1958 che faceva risalire a tale data lo stato di fatto dell’immobile. Tale situazione di fatto comporta, per l’ufficio tecnico comunale, l’onere di provare che a tale data fosse necessario il titolo edilizio con riferimento a tale immobile ed alle opere in questione, essendoci un principio di prova della data massima di realizzazione delle opere stesse.

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Note

[1]Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa o da quello, rilasciato o assentito, che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Sono ricompresi tra i titoli di cui al primo periodo i titoli rilasciati o formati in applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 34-ter, 36, 36-bis e 38, previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni. Alla determinazione dello stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare concorrono, altresì, il pagamento delle sanzioni previste dagli articoli 33, 34, 37, commi 1, 3, 5 e 6, e 38, e la dichiarazione di cui all’articolo 34-bis. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al quarto periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili la copia o gli estremi.”.
[2] TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 28 novembre 2024, n. 2326: “lo stato legittimo dell’immobile va riguardato tenendo in debito scrutinio l’ultimo titolo edilizio che ha avuto ad oggetto l’unità immobiliare nella sua interezza.
[3] Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, sent. 25 gennaio 2025, n. 227.
[4] Come ricordato dal TAR Sicilia, Catania, sez. V, nella sent. 16 luglio 2025, n. 2279, “La giurisprudenza amministrativa è granitica nell’affermare che “è a carico esclusivamente del privato l’onere della prova in ordine alla data della realizzazione dell’opera edilizia al fine di poter escludere al riguardo la necessità di rilascio del titolo edilizio. Tale onere discende attualmente dagli articoli 63, comma 1, e 64, comma 1, c.p.a. in forza dei quali spetta al ricorrente l’onere della prova in ordine a circostanze che rientrano nella sua disponibilità. Detto onere, prima ancora che di carattere processuale, vale nei rapporti tra l’interessato e l’Amministrazione, la quale in termini generali, in presenza di un manufatto non assistito da un titolo abilitativo che lo legittimi, ha solo il potere dovere di sanzionarlo ai sensi di legge” (cfr. Cons. Stato, sez. II, 1/02/2024, n. 1016; Cons. Stato, sez. VI, sentenze 2/07/2020, n. 4267, 7/01/2020, n. 106, 18/10/2019, n. 7072, e 6/02/2019, n. 903). Tale criterio di riparto deriva “dall’applicazione alla specifica materia del principio di vicinanza della prova poiché solo il privato può fornire, in quanto ordinariamente ne dispone, inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto, mentre l’amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all’interno dell’intero suo territorio” (Consiglio di Stato, sez. II, 26/01/2024, n. 858)”.
[5] Come ricordato dal TAR Sicilia, Catania, sez. V, nella sent. 16 luglio 2025, n. 2279, “per orientamento giurisprudenziale consolidato “non può attribuirsi valore probatorio alla dichiarazione resa dal dante causa in seno all’atto pubblico in ordine alla regolarità del fabbricato giacché la valenza fidefaciente ex art. 2700 c.c. non si estende al contenuto intrinseco di tale affermazione, la quale può essere anche non veritiera” (Cass. Civ., n. 20214/2019; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 15/04/2024, n.1411 T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 17/06/2021, n. 1971).
2.5.3. Altrettanto prive di rilievo sarebbero state le dichiarazioni dei soggetti confinanti […] in quanto, in mancanza del titolo edilizio, la prova dell’anteriorità della costruzione rispetto all’entrata in vigore della L. 6 agosto 1967, n. 765 a carico del soggetto che intende conservarla “deve fondarsi su documentazione certa e univoca, non potendosi considerare tale le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o le semplici dichiarazioni rese da terzi”(cfr. Consiglio di Stato, sez. II, sentenze 03/02/2025, n. 834, 26/01/2024, n. 858 e 19/11/2020, n. 7198; sez. VI, sentenze 12/04/2023, n. 3676, 3/01/2022 n. 4, 18/05/2021, n. 3853 e 2/01/2020, n. 12; sez. VII, sentenze 18/04/2023 n. 3900 e 30/03/2023 n. 3304; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 25/01/2018, n. 204; Consiglio di Stato, sez. V, 20/08/2013, n. 4182; sez. VI, 5/08/2013, n. 4075; sez. IV, 23/01/2013, n. 414; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 3/08/2012, n. 1761; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 8/09/2021, n. 25125)”.
[6] Ad esempio, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, nella sent. 6 giugno 2025, n. 446, ha affermato che “appare sufficiente la licenza del 1960 per la “demolizione e ricostruzione” di un immobile costruito dopo il 1942 nel centro abitato di […], del quale risulta irreperibile il titolo originario.

In collaborazione con studiolegalepetrulli.it

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Mario Petrulli

Avvocato (www.studiolegalepetrulli.it), esperto nelle materie dell’edilizia, dell’urbanistica, degli appalti, del diritto degli Enti Locali e del diritto bancario.
Collabora da anni con società di consulenza e formazione agli Enti Locali, case editrici, riviste tecnich…Continua a leggere

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