Sanatoria Paesaggistica e Salva-Casa: chiarimenti del MIC sul parere vincolante delle Soprintendenze

Una Circolare del Ministero della Cultura conferma la compatibilità tra la Sanatoria Paesaggistica prevista dal Salva-Casa e il Codice dei Beni Culturali, ribadendo l’importanza di esprimere il parere vincolante entro 90 giorni per evitare il silenzio-assenso.

Allegati

Stop al dibattito sulla presunta incompatibilità tra la sanatoria semplificata introdotta dal decreto Salva Casa e il Codice dei beni culturali e del paesaggio e all’ipotesi di applicare il silenzio-assenso. Necessario invece attivare tutte le procedure per evitare lungaggini ed esprimere il parere vincolante in materia di compatibilità paesaggistica entro i termini previsti.

Questo l’invito rivolto alle Sopraintendenze dal MIC – con la Circolare del 4 aprile scorso della Direzione Generale archeologia, belle arti e paesaggio del Ministero della cultura (scaricabile a fine articolo) – che fa il punto sulla corretta applicazione delle norme del decreto Salva Casa. Un invito a darsi da fare, dunque, con l’obiettivo di limitare il maturare del silenzio-assenso ai casi marginali e residuali.

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Vincoli e pareri

La Circolare per prima cosa spazza via qualunque dubbio sull’ipotesi di considerare l’inapplicabilità delle nuove ipotesi di sanatoria al caso degli immobili vincolati, facendo un raffronto tra il testo dell’art. 36-bis del TUE, che è applicabile anche ai casi di ampliamento degli immobili vincolati, e l’art. 167 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (Dlgs 42/20024), che vieta invece il parere di compatibilità ex post.

Le disposizioni del TUE stabiliscono che in caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di
costruire o dalla SCIA
, ovvero in assenza o in difformità dalla SCIA alternativa al permesso di costruire, il responsabile dell’abuso o l’attuale proprietario possono ottenere i permessi in sanatoria se l’intervento risulta conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione.

Lo stesso articolo prevede espressamente il parere vincolante della Soprintendenza responsabile del rispetto del vincolo, nel caso in cui gli interventi siano stati siano eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, anche a fronte di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati. La Soprintendenza si deve esprimere entro il termine perentorio di 90 giorni, altrimenti si intende formato il silenzio-assenso e il responsabile dell’ufficio comunale può provvedere autonomamente. Le stesse norme richiedono il parere vincolante anche quando gli interventi dovessero risultare incompatibili con un vincolo apposto in data successiva alla loro realizzazione.

L’autorizzazione preventiva i sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio

Fin qui il TUE. Da parte sua  l’art. 167 del Codice stabilisce che l’autorità amministrativa competente debba accertare la compatibilità paesaggistica per i lavori solo per gli interventi che non abbiano determinato ampliamenti, mentre l’art. 146 stabilisce che l’autorizzazione paesaggistica  non può essere rilasciata successivamente ai lavori, tranne i casi espressamente individuati dal comma 4 dell’art. 167 (lavori che non abbiano determinato ampliamenti; impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica; interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’art. 3 del TUE).

Infine l’art. 183, comma 6, del Codice prevede che “Le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe ai principi del presente decreto legislativo se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni”. A leggere così le norme sembrerebbe dunque che ci sia incompatibilità tra le disposizioni del Salva Casa e quelle del Dlgs 42/20024, cosa che invece – spiega il MIC – non sussiste.

Parere sempre vincolante, quindi nessuna incompatibilità

Le problematiche, infatti, sottolinea la circolare, si possono facilmente risolvere applicando il criterio cronologico della successione delle leggi nel tempo. In pratica all’art. 183 del Codice deve essere riconosciuta una funzione programmatica che, in quanto tale, non è in grado di incidere sui superiori principi ordinamentali che disciplinano la successione delle leggi nel tempo. E, da parte sua, l’art. 36-bis del TUE non deroga ai principi del Dlgs 42/2004, dal momento che il parere delle Soprintendenze mantiene natura vincolante ai fini dell’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento edilizio già effettuato, sicché non sussiste alcun contrasto con l’art. 183 del Codice.

Il divieto di rilascio in sanatoria dell’autorizzazione paesaggistica – sottolinea ancora il MIC – non esclude, infatti, che il legislatore possa introdurre, per legge e in via generale, limitate ipotesi in cui sia possibile accertare ex post la compatibilità paesaggistica di un intervento. Quindi in base a quanto disposto dall’art. 36 bis TUE potrà essere emesso il parere vincolante anche in caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività nei casi espressamente indicati dalle norme. Restano fermi peraltro i principi sanzionatori e di rimessa in pristino di cui all’art. 167 del Codice in caso di valutazione negativa.

Inoltre, sottolinea ancora il MIC, c’è da considerare che il comma 4 dell’art. 36-bis del TUE prevede che “Le disposizioni del presente comma si applicano anche nei casi in cui gli interventi di cui al comma 1 risultino incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione”, con la conseguenza che anche qualora le opere siano state svolte in un tempo antecedente all’apposizione del vincolo sia necessario procedere alla domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica.

Verifiche celeri per evitare il silenzio-assenso

Le Soprintendenze, dunque – conclude la Circolare – sono tenute a procedere attentamente alle valutazioni di compatibilità paesaggistica e a rilasciare il parere entro il termine perentorio di 90 giorni in quanto al maturare dell’inerzia è previsto il silenzio-assenso, per cui l’Amministrazione non è più titolata ad esprimersi sulla compatibilità paesaggistica dell’intervento già realizzato. Di conseguenza dovrà essere attivata “ogni efficace misura organizzativa interna per limitare il maturare del silenzio assenso a casi marginali e residuali”.

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Antonella Donati

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