Gli interventi di risanamento mirano a conservare l’immobile senza aumenti di volumetria

Gli interventi di restauro e risanamento conservativo, disciplinati dal DPR 380/2001, non possono comportare aumenti di volumetria. Un principio ribadito dal Consiglio di Stato in una recente sentenza

Mario Petrulli 03/02/25

Gli interventi di restauro e risanamento conservativo mirano a conservare l’immobile senza aumenti di volumetria: questo è, in sintesi, il principio ribadito recentemente dalla giurisprudenza.

Vediamo la fonte normativa della definizione di “restauro e risanamento conservativo” e la finalità di questi interventi con una recente sentenza del Consiglio di Stato.

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Indice

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Il Prontuario generale dell’edilizia è un vero vademecum della complessa e articolata materia delle costruzioni edilizie. Analizza tutte le maggiori opere di edilizia residenziale e non residenziale, comprese le varie procedure necessarie alla realizzazione degli interventi, codificate da schede operative di facile consultazione. Il Prontuario è aggiornato alla legge 24 luglio 2024, n. 105, recante conversione, con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69 “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica”. Il volume è organizzato per argomenti, mediante schede operative, all’interno delle quali sono trattate tutte le indicazioni e le informazioni utili alla gestione procedurale di ciascuna attività, al fine di porre il tecni- co nella condizione di poter disporre delle migliori indicazioni necessarie a garantire la completa copertura delle problematiche che sarà chiamato ad affrontare nell’assolvi- mento del suo incarico. Le schede operative di ogni singolo intervento edilizio riportano: • Descrizione dell’intervento (dettagliata nei particolari basilari); • Scheda tecnica (titolo edilizio occorrente, vincoli e quant’altro necessario);• Legislazione di riferimento (relativa all’intervento da realizzare);• Giurisprudenza (massimata relativa alle opere di intervento);• Allegati essenziali (necessari per la richiesta, la realizzazione e il suo utilizzo).Mario Di NicolaArchitetto, ha operato negli Uffici Tecnici di Ente Locale, nei settori Edilizia e Urbanistica; ha redatto numerosi piani urbanistici e progetti di opere pubbliche. È, altresì, noto autore di molteplici pubblicazioni in materia.

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La categoria del restauro e risanamento conservativo: fonte normativa

Rientrano nel genus del “restauro e risanamento conservativo” (art. 3, comma 1, lettera c), del t.u. edilizia – DPR n. 380/2001) gli interventi volti a “conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d’uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio”.

La finalità degli interventi di restauro e risanamento conservativo

Come ricordato dal Consiglio di Stato, sez. IV, nella sent. 15 gennaio 2025, n. 279, la finalità degli interventi di restauro e risanamento conservativo è, dunque, quella di innovare l’organismo edilizio in modo sistematico e globale, peraltro nel rispetto dei suoi elementi essenziali “tipologici, formali e strutturali”, con riveniente preclusa immutabilità:

  • della qualificazione tipologica del manufatto preesistente, cioè dei caratteri architettonici e funzionali di esso che ne consentono la qualificazione in base alle tipologie edilizie;
  • degli elementi formali (disposizione dei volumi, elementi architettonici) che distinguono in modo peculiare il manufatto, configurandone l’immagine caratteristica;
  • degli elementi strutturali, ovvero inerenti alla materiale composizione della struttura dell’organismo edilizio.

La finalità di conservazione[1], caratteristica degli interventi di recupero e risanamento conservativo, postula, dunque, il mantenimento tipologico e strutturale del manufatto; conseguentemente, devono ascriversi gli interventi edilizi che alterino, anche sotto il profilo della distribuzione interna[2], l’originaria consistenza fisica di un immobile (e comportino, altresì, la modifica e ridistribuzione dei volumi) non già nel concetto di “manutenzione straordinaria” (e, a fortiori, di restauro o risanamento conservativo), ma quale “ristrutturazione edilizia” (pertanto ravvisabile nella modificazione della distribuzione della superficie interna e dei volumi e dell’ordine in cui sono disposte le diverse porzioni dell’edificio anche per il solo fine di renderne più agevole la destinazione d’uso esistente – cfr Cos. Stato, sez. II, n. 2735/2021)

Sulla scorta di quanto sopra argomentato, si può concludere che:

  • se gli interventi di ristrutturazione edilizia comprendono l’esecuzione di lavori consistenti nel ripristino o nella sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, ovvero nella eliminazione, modificazione e inserimento di nuovi elementi ed impianti, essi sono distinguibili dagli interventi di risanamento conservativo, atteso che questi ultimi sono caratterizzati dal mancato apporto di modifiche sostanziali all’assetto edilizio preesistente, alla luce di una valutazione compiuta tenendo conto della globalità dei lavori eseguiti e delle finalità con questi perseguite;
  • gli interventi di risanamento non contemplano, inoltre, aumenti di volumetria[3].

Il caso specifico

Nel caso specifico affrontato dai giudici di Palazzo Spada, si è ritenuto che rientrano nell’alveo del risanamento alcuni lavori funzionali alla necessità di conservare l’organismo edilizio e di assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere volte al consolidamento dell’edificio, al ripristino e al rinnovo di taluni elementi costitutivi dell’edificio, mediante l’inserimento di elementi accessori e tecnici richiesti dalle esigenze di sicurezza dell’uso.

Trattavasi di opere preordinate al consolidamento statico dei solai, alla realizzazione di “piattabande”, al “scuci e cuci” al fine di integrare la muratura laddove ammalorata, all’inserimento di “catene” (al fine di contenere possibili fenomeni di ribaltamento dei muri esterni); al rifacimento della rampa di scale, del solaio di copertura della gabbia scale, della pavimentazione, di alcuni ambienti del sottotetto di massetto e del sovrastante asfalto; alla realizzazione di un tramezzo divisorio del bagno.

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Note

[1] Il TAR Piemonte, sez. II, nella sent. 24 ottobre 2024, n. 1067, ha affermato che “Il cambio di destinazione d’uso di un locale (da cantina a soggiorno), l’aumento di superficie (nel corridoio e nel soppalco) e la modifica (interna e di facciata) dell’edificio, valutati unitariamente, sono inconciliabili con il restauro e risanamento conservativo, il quale presuppone la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell’edificio e la distribuzione interna della sua superficie (ex multis: Cons. Stato, IV, 21.9.2015, n. 4381; idem, VI, 24.11.2022, n. 10360). In particolare, affinché gli interventi edilizi possano essere qualificati come restauro e risanamento conservativo occorre che siano rispettati gli elementi tipologici, formali e strutturali senza modifiche dell’identità, della struttura e della fisionomia dell’edificio e senza ampliamento dei volumi e delle superfici, essendo il restauro e risanamento conservativo volto alla mera conservazione, mediante consolidamento, ripristino o rinnovo degli elementi costitutivi, dell’organismo edilizio esistente ed alla restituzione della sua funzionalità (Cons. Stato, IV, 30.9.2013, n. 4851). Né sarebbe possibile scorporare dal resto le porzioni dell’immobile interessate dall’aumento di superficie: una volta accertato, l’intervento abusivo è necessariamente oggetto di una valutazione unitaria e complessiva, svolta con riferimento non solo ai caratteri strutturali, ma anche a quelli funzionali, di superficie e di volumetria (ex multis: Cons. Stato, VII, 22.6.2023, n. 6135)”.

[2] Il TAR Piemonte, sez. II, sent. 5 novembre 2024, n. 1122, ha ricordato che “gli interventi comportanti aumento di superficie (derivante dalla realizzazione di un locale di accesso al piano terreno), la costruzione di un porticato aperto e modifiche (interne e di facciata) all’edificio, con cambio di destinazione del locale cantina in lavanderia, cui si aggiungono il rifacimento dell’orizzontamento in legno al primo piano e l’ampliamento della tettoia uso autorimessa, valutati unitariamente, sono inconciliabili con il restauro e risanamento conservativo, il quale presuppone la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell’edificio e la distribuzione interna della sua superficie (Consiglio di Stato, IV, sent. 21 settembre 2015, n. 4381; sez. VI, sent. 24 novembre 2022, n. 10360).
In particolare, affinché gli interventi edilizi possano essere qualificati come restauro e risanamento conservativo occorre che siano rispettati gli elementi tipologici, formali e strutturali senza modifiche dell’identità, della struttura e della fisionomia dell’edificio e senza ampliamento dei volumi e delle superfici, essendo il restauro e risanamento conservativo volto alla mera conservazione, mediante consolidamento, ripristino o rinnovo degli elementi costitutivi, dell’organismo edilizio esistente ed alla restituzione della sua funzionalità (Cons. Stato, IV, 30.9.2013, n. 4851).
Né sarebbe possibile scorporare dal resto le porzioni dell’immobile interessate dall’aumento di superficie: una volta accertato, l’intervento abusivo è necessariamente oggetto di una valutazione unitaria e complessiva, svolta con riferimento non solo ai caratteri strutturali, ma anche a quelli funzionali, di superficie e di volumetria (ex multis: Cons. Stato, VII, 22.6.2023, n. 6135).

[3] Il TAR Toscana, sez. III, nella sent. 29 novembre 2021, n. 1595, ha affermato che “Come è noto, il restauro e risanamento conservativo è definito, dall’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, come intervento edilizio rivolto a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili. Tale intervento comprende il consolidamento, il ripristino ed il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio. Secondo l’orientamento interpretativo consolidato, sono annoverabili tra gli interventi di restauro o risanamento conservativo soltanto le opere di recupero abitativo, che mantengono in essere le preesistenti strutture, alle quali apportano un consolidamento, un rinnovo o l’inserimento di nuovi elementi costitutivi, a condizione però che siano complessivamente rispettate la tipologia, la forma e la struttura dell’edificio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 5358 del 2016).
Il restauro e risanamento conservativo è fondato sul rispetto e mantenimento degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’edificio, senza modifiche dell’identità, della struttura e della fisionomia dell’organismo edilizio, senza ampliamento dei volumi e delle superfici, essendo il restauro diretto alla mera conservazione dell’organismo edilizio esistente, mediante consolidamento, ripristino o rinnovo degli elementi costitutivi, ed alla restituzione della sua funzionalità. L’aumento di superficie o di volumetria comporta, al contrario, una trasformazione dell’edificio che richiede il rilascio del permesso di costruire ed eccede i limiti della categoria d’intervento (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 4851 del 2013; Id. sez. IV, n. 431 del 2010).

In collaborazione con studiolegalepetrulli.it

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