“Il progetto delle professioni per l’Italia”, questo il titolo della lettera che i Presidenti dei Consigli di Architetti, Ingegneri, Geologi e Agronomi hanno scritto per ottenere l’apertura di una “fase due” della Riforma, fase che deve porre al centro i progetti per lo sviluppo sostenibile e non le “riformette”.
La lettera porta le firme di Leopoldo Freyrie (Presidente del Consiglio nazionale degli Architetti), Gian Vito Graziano (Presidente dei Geologi), Andra Sisti (Presidente degli Agronomi e dei Forestali), Armando Zambrano (Presidente del Consiglio nazionale degli Ingegneri).
Il primo concetto espresso consiste nel fatto che una maggiore concorrenza non risolve i problemi: “La correzione di regole antiche è necessaria e utile per i cittadini e i professionisti” tuttavia è un’illusione credere che un maggior tasso di concorrenza rappresenti una “bacchetta magica”.
Punto secondo: agronomi, architetti, geologi e ingegneri costituiscono una comunità di mezzo milione di persone il cui compito è, o dovrebbe essere, quello di mediare tra la tutela del bene pubblico e lo sviluppo economico; integrare, nelle loro idee e progetti, il miglioramento dell’habitat e la crescita economica; ideare innovazioni indispensabili all’industria, capaci di aumentare la sicurezza della vita dei cittadini e la sostenibilità ambientale. Tutto questo accade in Paesi come la Germania, l’India o il Brasile. In Italia “si ragiona di tariffe e corporazioni, di valore legale del titolo di studio in un clima di recessione, culturale oltre che economica”.
Punto terzo. Le liberalizzazioni non aiutano i giovani professionisti. La riforma si farà, certo, ma sottolineano i professionisti: “Se ne correggeranno, speriamo, gli errori figli evidenti dell’assenza di un progetto, di contrapposizioni ideologiche e dell’istinto sbagliato di conservazione di parti della comunità professionale. Ma il giorno dopo i giovani agronomi, architetti, ingegneri e geologi continueranno ad essere alla periferia dello sviluppo, disoccupati o poveri, senza alcuna possibilità di mettere le loro idee al servizio del Paese”.
È quindi necessaria una fase due della Riforma, che si può definire “dello sviluppo sostenibile”. Per evitare che il futuro sopra delineato si avveri, le quattro categorie professionali chiedono “una vera immediata seconda fase nella quale ci sia dia l’opportunità di discutere e attuare non riformette di meccanismi ordinamentali, ma veri e propri progetti per lo sviluppo sostenibile del Paese”, che architetti, geologi, agronomi e ingegneri offrono a costo zero: “soluzioni realizzabili e intelligenti sulla sburocratizzazione, la rigenerazione dei territori e delle città, la valorizzazione del paesaggio e dell’agricoltura, l’innovazione tecnologica, la salvaguardia ambientale”.
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