Con la riforma delle professioni ora in discussione, gli architetti rischiano di diventare professionisti di serie B. A sottolineare il pericolo di un declassamento dell’intera categoria è Federarchitetti, il sindacato nazionale degli architetti liberi professionisti che, nei giorni scorsi ha inviato una nota ufficiale al Presidente del Consiglio Monti, ai ministri della giustizia, del lavoro, delle infrastrutture e ai capigruppo di Camera e Senato.
In particolare, il sindacato degli architetti sottolinea la scarsa conoscenza dei meccanismi di affidamento degli appalti pubblici e privati, che già da tempo penalizzano la professione, poiché si basano esclusivamente sul principio del massimo ribasso e, in generale, del risparmio a tutti i costi, a scapito dell’effettiva trasparenza del progetto e della sua concreta esecutività.
Se si vuole evitare di ricadere nel sommerso, nel lavoro nero, o in attività finanziate con capitali di incerta provenienza, per valutare i costi autentici di una prestazione professionale bisogna considerare ben altri parametri. Tra questi, si legge nel documento di Federarchitetti, “il valore complessivo dell’opera, l’ammontare delle ore di lavoro per ciascun addetto, il valore complessivo dei lavoratori impiegati, il costo del lavoro degli autonomi”. Ecco perché il sindacato dei liberi professionisti propone di individuare, di concerto con la categoria, precisi parametri di congruità delle singole prestazioni e “soglie di anomalia”, oltre le quali sarebbe impossibile garantire qualità e trasparenza delle prestazioni professionali.
A fronte dell’abolizione dei minimi tariffari, si osserva nel documento, permane invece il contributo agli Uffici tecnici della Pubblica Amministrazioni in qualità di stazioni appaltanti, per i quali il testo di riforma conferma il fondo del 2% (in alcuni casi già al 4%). Del resto, come denunciato da tempo da Federarchitetti, gli stessi servizi tecnici della P.A., non forniscono sufficienti garanzie in materia di formazione e professionalità. Al riguardo, il sindacato ribadisce nella nota la necessità di rivedere l’incongruità di questa misura rispetto allo spirito delle liberalizzazioni, rilanciando la possibilità di affidare tale attività al libero mercato e creando così nuove possibilità di lavoro per i liberi professionisti. In tal modo, si recupererebbe anche il mancato gettito IVA, dovuto al gran numero di servizi professionali effettuati “in-house” dagli Enti di natura pubblica. Un comportamento che il sindacato stigmatizza anche per l’impatto sugli studi professionali, che vedono ulteriormente erodere le opportunità di lavoro, a scapito non soltanto dei liberi professionisti, ma degli stessi dipendenti degli studi.
Visto l’importanza della riforma sul sistema-Italia, Paolo Grassi, presidente di Federarchitetti, auspica che il confronto sulla riforma non sia chiuso ma, al contrario, che le osservazioni dei professionisti trovino riscontro da parte istituzionale: “Siamo tutti pronti a fare la nostra parte e ci piacerebbe che la classe politica raccogliesse questo appello. Siamo una risorsa, utilizzateci”.
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