Riduzione IMU per fabbricati inagibili: come, quando e perché

Davide Galfrè 22/11/16

Una recente sentenza emessa dalla Corte di Cassazione ha fatto definitiva chiarezza circa se e quale sconto si possa applicare al calcolo IMU dei fabbricati inagibili. La sentenza in questione è la n. 18453 del 21 settembre 2016 e integra quanto già previsto dal decreto legislativo 504/1992 e dal decreto legge 201/2011.

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L’articolo 8 del d.lgs. 504/1992 prevedeva, infatti, una riduzione dell’imposta nella misura del 50% per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno per cui, eventualmente, siano sussistite tali condizioni; l’inagibilità doveva essere dichiarata dal proprietario tramite una dichiarazione sostitutiva di notorietà, comprensiva di idonea documentazione allegata, oppure tramite la richiesta di una perizia all’ufficio tecnico comunale con spese a proprio carico.

Detto principio, valido per l’ormai superata ICI, è stato ripreso altresì dall’art. 13 del decreto legge 201/2011 per il calcolo dell’IMU, che risulta, tutt’ora, in vigore.

Riduzione IMU: la dichiarazione va fatta ogni anno?

Entrambe gli scritti, però, non chiarivano definitivamente se il proprietario contribuente dovesse o meno presentare annualmente la dichiarazione sostitutiva di notorietà o meno; in tal senso la sentenza in oggetto è stata chiara, affermando che, quando la situazione di inagibilità sia già nota al comune e permanga nel tempo, allora la riduzione d’imposta del 50% spetta al contribuente quand’anche quest’ultimo non avesse presentato la richiesta annuale di usufruire di tale beneficio.

Chiaramente, anche la situazione catastale deve essere aggiornata con lo stato di inagibilità e risulta opportuno censire il fabbricato nella più adeguata categoria catastale (un immobile censito in categoria A/1 non può di certo definirsi inagibile, ad esempio), oltre che attestare l’eventuale non presenza dei requisiti igienico/sanitari per l’usabilità dell’immobile quali, ad esempio, l’assenza degli impianti basilari per l’utilizzo come l’impianto elettrico, idrico sanitario e di scarico delle acque reflue o, ancor peggio, la presenza di gravi danni alle strutture che risulterebbero, dunque, impraticabili.

È pacifico che la richiesta all’ufficio tecnico comunale competente rappresenterebbe il metodo più idoneo per far entrare a conoscenza l’amministrazione comunale della inagibilità, ma è anche opportuno valutare se, nell’ambito della variazione catastale anzidetta, non risulti più vantaggioso economicamente procedere con la presentazione dell’autodichiarazione corredata da argomentazioni in merito prodotte del proprio tecnico di fiducia.

Il rispetto dei requisiti igienico-sanitari nella progettazione e realizzazione degli interventi edilizi è importante sia per la relativa dichiarazione di conformità, che per il rilascio del certificato di agibilità del complesso edilizio o delle singole unità immobiliari che ne fanno parte. Continua a leggere l’articolo.

Dello stesso ordinamento si segnala, inoltre, la sentenza n. 12015 del 10 giugno 2015 emessa dalla stessa Corte di Cassazione, ricordando che è palese la convenienza della spesa per la richiesta di perizia all’ufficio tecnico comunale o l’assistenza di un tecnico nell’autodichiarazione, rispetto al risparmio del 50% dell’IMU dovuta negli anni successivi.

Infine si rammenta che per gli immobili censiti in categorie catastali prive di rendita (come ad esempio quei fabbricati in corso di costruzione o quelli collabenti) l’IMU non è dovuta.

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