Il titolo edilizio necessario per la realizzazione di una piscina è un argomento spesso oggetto di controversia giudiziaria: ne danno comprova due recenti pronunce che segnaliamo ai nostri lettori, considerata la rilevanza pratica della materia.
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Indice
Consigliamo:
Gli interventi edilizi per opere precarie e gli arredi da esterni
Utilizzare al meglio gli spazi esterni è una legittima aspirazione di ogni proprietario e, normalmente, ciò avviene tramite l’installazione di strutture leggere idonee allo scopo: pergolati, tettoie, gazebo ed altri elementi di arredo. Ma quanti si domandano, prima di procedere, se sia necessario o meno premunirsi di un idoneo titolo abilitativo? La presente guida, aggiornata con le ultime novità normative (da ultimo la Legge n. 105/2024, c.d. SALVA CASA) e giurisprudenziali, si pone lo scopo di fornire la definizione delle diverse tipologie di installazioni possibili negli spazi esterni e di individuare il relativo titolo edilizio necessario alla luce della giurisprudenza più recente e del dato normativo: solo così, infatti, sarà possibile evitare errori e conseguenti sanzioni. Lo stile agile e veloce, l’utilizzo di un linguaggio chiaro, unitamente alle immagini e alla rassegna della casistica più interessante rappresentano le caratteristiche del presente volume, utile per professionisti e operatori del diritto, oltreché per tutti coloro che hanno la legittima aspirazione di migliorare i propri spazi esterni. La presente edizione contiene anche una trattazione degli interventi in regime di edilizia libera nelle regioni italiane a statuto ordinario e in quelle a statuto speciale, ivi comprese le Province Autonome di Trento e Bolzano. Mario Petrulli,Avvocato, esperto in edilizia, urbanistica e diritto degli enti locali; collabora con siti giuridici (tra i quali www.ediliziaurbanistica.it) e società di consulenza; è coautore, insieme ad Antonella Mafrica, di pubblicazioni per Maggioli Editore. Titolare dello Studio legale Petrulli (www.studiolegalepetrulli.it)
Mario Petrulli | Maggioli Editore 2024
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Una piscina di 20 mq non è una mera pertinenza
Il Consiglio di Stato, sez. II, nella sent. 2 ottobre 2024, n. 7937, ha ricordato che, per pacifica giurisprudenza, la qualifica di pertinenza urbanistica non è applicabile ad opere che funzionalmente si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera principale e non siano coessenziali alla stessa. Essa è configurabile solo allorquando sussista un oggettivo asservimento funzionale del manufatto rispetto all’opera principale, unitamente alla dimensione ridotta del medesimo[1].
Ai fini della qualificazione di un manufatto come pertinenza urbanistica rileva, pertanto, non solo l’aspetto “quantitativo”, ossia la modesta dimensione dello stesso, ma anche quello qualitativo e funzionale inerente allo stretto rapporto di accessorietà rispetto all’opera principale. Sotto il profilo edilizio, infatti, un’opera può essere qualificata come pertinenza solo se preordinata ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale e funzionalmente inserita al suo servizio, oltre che sfornita di un autonomo valore di mercato, proprio in quanto esaurisce la sua finalità nel rapporto funzionale con l’edificio principale. Tale nozione “è invocabile per opere di modesta entità ed accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia. Viceversa, tali non sono i manufatti che per dimensioni e funzione possiedono una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale sì da avere una potenziale attitudine ad una diversa e specifica utilizzazione”[2].
Non è riconducibile alla nozione di pertinenza, come delineata dalla giurisprudenza sopra richiamata, un manufatto adibito a piscina, interrata o meno, poiché esso, a prescindere dalle dimensioni, difetta del requisito funzionale, nella sua duplice dimensione del rapporto di stretta accessorietà con l’edificio principale e della mancanza di un autonomo valore di mercato, come accade, invece, per i volumi tecnici.
La giurisprudenza ha, al riguardo, costantemente sancito che “La piscina è una struttura di tipo edilizio che incide con opere invasive sul sito in cui viene realizzata, perciò configura una nuova costruzione ex art. 3, comma 1, lett. e), del D.P.R. n. 380 del 2001 e non, come sostenuto dall’appellante, una pertinenza urbanistica del fabbricato residenziale”[3] e che “le piscine non sono pertinenze in senso urbanistico in quanto comportanti trasformazione durevole del territorio”[4].
Conseguentemente, secondo i giudici di Palazzo Spada, non è una mera pertinenza una piscina di dimensioni non esigue (20 mq e 23,40 mc) che occupa per la quasi totalità l’area destinata a giardino, valorizzando sia il dato quantitativo sia quello qualitativo, in ragione della funzione autonoma assolta dall’opera rispetto all’edificio principale.
Piscina che non supera il 20% del volume complessivo: è pertinenza
Ad una piscina, anche interrata, che non superi il 20% del volume complessivo, non può negarsi la natura pertinenziale rispetto all’abitazione principale: è quanto affermato dal TAR Abruzzo, Pescara, sez. I, nella sent. 10 luglio 2024, n. 215.
Secondo la giurisprudenza, infatti, “l’installazione di una piscina che non abbia dimensioni rilevanti, realizzata in una proprietà privata a corredo esclusivo della stessa, deve considerarsi alla stregua di una pertinenza esclusiva dell’immobile esistente, essendo destinata a servizio dello stesso e (…) tali considerazioni non possono che estendersi alle opere di sistemazione ed a quelle concernenti i locali di servizio”[5].
La pertinenza, oltre alle modeste dimensioni, si caratterizza per una destinazione a servizio dell’immobile principale, di tipo oggettivo: non è suscettibile di utilizzo autonomo e separato e ha carattere accessorio.
Quanto alle dimensioni, ai sensi dell’art. 3 e.6) del dpr 380 del 2001, perdono il requisito di pertinenza gli interventi che superano il 20% del volume dell’edificio principale; dunque non appare condivisibile quella giurisprudenza, anche recente, che riconduce le pertinenze solo ai locali tecnici o agli arredi da giardino, atteso che si risolverebbe in una interpretazione abrogante.
Quanto al vincolo oggettivo di accessorietà e dipendenza funzionale, in difetto di altri elementi (ad esempio, costruzione di una piscina destinata al pubblico e non a uso privato), appare evidente che la realizzazione di una piscina in aperta campagna non avrebbe alcuna utilità autonoma, sicché non può essere agevolmente negabile tale requisito, se non in modo astratto e apodittico.
Le caratteristiche della pertinenza, sul piano edilizio e urbanistico, poi, non determinano la necessità o meno del permesso di costruire per realizzarla, ma solo l’effetto che accessorium sequitur principale, e in tal senso deve essere interpretato l’articolo 3 e.6) del dpr 380 del 2001, con riferimento alle pertinenze: esse non sono interventi di nuova costruzione con rilievo autonomo, nel senso che la loro realizzazione non ha considerazione autonoma sul piano urbanistico ed edilizio, quindi seguono il titolo e la disciplina della costruzione principale cui accedono; ciò comporta che, se può essere realizzata la cubatura e la tipologia di costruzione principale in una determinata zona, ma è necessario il permesso di costruire, la piscina deve essere contemplata nella richiesta di permesso di costruire ma segue l’assentibilità dell’immobile principale senza aggiungervi cubatura necessaria.
Tutto ciò, ovviamente, a meno che si verta in una ipotesi di area sottoposta a vincolo paesaggistico (come specifica la lett. e.6) cit.): in quel caso anche le pertinenze assumono rilievo autonomo, perché sono idonee a incidere sul bene paesaggio, che è diverso e ulteriore rispetto al mero assetto urbanistico ed edilizio.
Suggeriamo:
Note
[1] Ex multis, Consiglio di Stato, sez. VII, sent. 12 aprile 2024, n. 3341; sent. 19 agosto 2021, n. 5948; sez. VI, sent. 13 gennaio 2020, n. 309; sez. II, sent. 22 luglio 2019, n. 5130.
[2] Cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 19 maggio 2023, n. 5004; sent. 4 gennaio 2016, n. 19; sent. 24 luglio 2014, n. 3952; sez. V, sent. 12 febbraio 2013, n. 817; sez. IV, sent. 2 febbraio 2012, n. 615; sez. VII, sent. 3 aprile 2023, n. 3422.
[3] Consiglio di Stato, sez. VII, sent. 2 gennaio 2024, n. 44.
[4] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 12 aprile 2024, n. 3341.
[5] Cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 3 ottobre 2019, n. 6644; sez. V, sent. 16 aprile 2014, n. 1951; TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 20 settembre 2022, n. 2407.
In collaborazione con studiolegalepetrulli.it
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